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. A causa dei ritardi dei finanziamenti regionali e il mancato avvio dei bandi specifici del Piano di sviluppo rurale, il territorio montano della Lombardia è ad alto rischio ambientale. E' quanto denunciano i sindacati di categoria dei lavoratori forestali, Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil della Lombardia, che questa mattina hanno tenuto una conferenza stampa a Breno, presso la sede della Comunità Montana della Valle Camonica, per riportare l'attenzione sulla difficile situazione dei lavoratori del settore, che rischia di ripercuotersi su tutto il territorio.
“Nonostante mesi di promesse la Regione non ha fatto nulla di concreto per finanziare l'attività dei consorzi forestali - afferma Oliviero Sora, della Fai Cisl Lombardia -. A fine ottobre scorso l’assessore Fava ci aveva assicurato che nel giro di 12 mesi sarebbero stati messi a disposizione 7,5 milioni di euro per i servizi ambientali in tre tranche. Ad oggi, sono stati stanziati solo i primi 2,5 milioni, vale a dire 100.000 euro per Consorzio Forestale. Degli altri 5 milioni non c’è traccia nei bilanci della Regione. Inoltre, i bandi per la forestazione sono partiti molto in ritardo, non permettendo l'utilizzo dei finanziamenti già quest'anno”. “Il risultato è una carenza strutturale di risorse che non consente ai Consorzi di dare lavoro ai circa 350 forestali operativi in Lombardia”. A causa dell'assenza dei finanziamenti regionali, nel 2016 i forestali lombardi hanno lavorato solo 100 giorni. “Il risultato è che i paesi si stanno spopolando, le foreste continuano a estendersi in maniera incontrollata e aumenta il rischio di disastri ambientali – afferma Sora -. Se i forestali non lavorano com'è possibile prevenire frane e allagamenti?”.
Da qui la richiesta di un “cambio di rotta” lanciata direttamente al presidente, Roberto Maroni. “Non bastano i proclami - afferma il segretario regionale Fai -. Il presidente Maroni deve dimostrare coi fatti di volersi occupare della montagna e dei suoi abitanti”.
Sono 27 i consorzi forestali che operano in Lombardia, con circa 350 dipendenti. Complessivamente i consorzi lombardi gestiscono oltre 110mila ettari di superfici agro-silvo-pastorali ed oltre il 10% dei boschi. I comuni a rischio idrogeologico individuati dal ministero sono oltre 900, dei quali 231 a rischio frana, 435 a rischio alluvione e 248 sia a rischio frane che alluvioni.
Per manifestare contro i 271 licenziamenti e chiedere l'apertura delle trattative interrotte sugli esuberi, domani alle 12 una delegazione di lavoratori della cooperativa Viadana Facchini, operanti presso l'impianto della Composad (azienda del gruppo Saviola che produce mobili in kit anche per Ikea), saranno in presidio davanti alla sede di Legacoop Lombardia, in viale Jenner 17 a Milano.
All'origine della protesta, organizzata da Fit Cisl Asse del Po e da Adl Cobas, le due sigle sindacali che rappresentano il maggior numero degli addetti, la procedura di licenziamento avviata a metà maggio per 271 soci lavoratori dalla Viadana Facchini, cooperativa aderente a Legacoop. I due sindacati non hanno infatti sottoscritto l'intesa raggiunta il 31 maggio scorso che prevede l'assunzione di 200 lavoratori (150 a tempo indeterminato, gli altri 50 a tempo determinato).
“La cooperativa Viadana Facchini lamenta una situazione di difficoltà del mercato per giustificare l'avvio della procedura di licenziamento collettivo - afferma Emmanuele Monti, segretario generale Fit Cisl Asse del Po -. E' solo l'ultimo di una serie di comportamenti inaccettabili da parte della cooperativa, che nonostante il protocollo d'intesa firmato a febbraio 2016 ha continuato ad applicare condizioni peggiorative rispetto al contratto nazionale”.
“Con Adl Cobas abbiamo indetto per mercoledì 7 giugno 2017 il referendum tra i lavoratori sull'accordo aziendale siglato il 31 maggio da Cgil e Legacoop - aggiunge -. In caso di approvazione siamo pronti a fare un passo indietro, ma se verrà respinto quell'intesa non avrà più alcun valore”.
Anche domattina, mentre una delegazione di recherà a Milano, davanti all'impianto della Composad di Viadana proseguirà il presidio permanente contro i licenziamenti.
Il produttore di valvole di sicurezza per elettrodomestici Ceme ha annunciato la chiusura dell'impianto di Carugate (Milano), dove per il momento sono assunti 90 operai e 7 impiegati, "con conseguente esubero di tutto il personale". E' quanto annunciano Fim-Cisl e Fiom-Cgil di Milano sottolineando che l'annuncio dell'azienda è stato fatto "a sorpresa" dopo una serie di incontri anche in Assolombarda durante i quali "non è stata mai pronunciata la parola esuberi né ventilata l'ipotesi di una chiusura della fabbrica". Secondo Fim e Fiom "non sono scomparsi ordini e il lavoro c'è, solo che viene esternalizzato", tanto che l'azienda, rivolgendosi ai rappresentanti dei lavoratori, indica la "la necessaria riduzione dei costi attraverso la chiusura dello stabilimento" che "comporterà, immediatamente, un notevole efficientamento dell'intera organizzazione aziendale". Secondo il sindacato, che ha indetto per domani uno sciopero con presidio, "c'è un elemento di barbarie che va oltre i licenziamenti e la chiusura di una fabbrica, c'è l'arroganza di un gruppo dirigente aziendale che senza alcun preavviso, senza alcuna discussione, cancella un'attività e 97 posti di lavoro".
A causa dei ritardi dei finanziamenti regionali e il mancato avvio dei bandi specifici del Piano di sviluppo rurale, il territorio montano della Lombardia è ad alto rischio ambientale. E' quanto denunciano i sindacati di categoria dei lavoratori forestali, Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil della Lombardia, che questa mattina hanno tenuto una conferenza stampa a Breno, presso la sede della Comunità Montana della Valle Camonica, per riportare l'attenzione sulla difficile situazione dei lavoratori del settore, che rischia di ripercuotersi su tutto il territorio.
“Nonostante mesi di promesse la Regione non ha fatto nulla di concreto per finanziare l'attività dei consorzi forestali - afferma Oliviero Sora, della Fai Cisl Lombardia -. A fine ottobre scorso l’assessore Fava ci aveva assicurato che nel giro di 12 mesi sarebbero stati messi a disposizione 7,5 milioni di euro per i servizi ambientali in tre tranche. Ad oggi, sono stati stanziati solo i primi 2,5 milioni, vale a dire 100.000 euro per Consorzio Forestale. Degli altri 5 milioni non c’è traccia nei bilanci della Regione. Inoltre, i bandi per la forestazione sono partiti molto in ritardo, non permettendo l'utilizzo dei finanziamenti già quest'anno”. “Il risultato è una carenza strutturale di risorse che non consente ai Consorzi di dare lavoro ai circa 350 forestali operativi in Lombardia”. A causa dell'assenza dei finanziamenti regionali, nel 2016 i forestali lombardi hanno lavorato solo 100 giorni. “Il risultato è che i paesi si stanno spopolando, le foreste continuano a estendersi in maniera incontrollata e aumenta il rischio di disastri ambientali – afferma Sora -. Se i forestali non lavorano com'è possibile prevenire frane e allagamenti?”.
Da qui la richiesta di un “cambio di rotta” lanciata direttamente al presidente, Roberto Maroni. “Non bastano i proclami - afferma il segretario regionale Fai -. Il presidente Maroni deve dimostrare coi fatti di volersi occupare della montagna e dei suoi abitanti”.
Sono 27 i consorzi forestali che operano in Lombardia, con circa 350 dipendenti. Complessivamente i consorzi lombardi gestiscono oltre 110mila ettari di superfici agro-silvo-pastorali ed oltre il 10% dei boschi. I comuni a rischio idrogeologico individuati dal ministero sono oltre 900, dei quali 231 a rischio frana, 435 a rischio alluvione e 248 sia a rischio frane che alluvioni.
Martedì 20 giugno 2017, presso l’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si tiene il convegno "Benessere e competitività: quali opportunità tra lavoro agile e piani di welfare aziendale e territoriale?", organizzato da Altis, in collaborazione con Cisl Lombardia e Adapt.
Tra lavoro agile, premio di produttività e azioni di conciliazione famiglia-lavoro il welfare aziendale sta entrando a pieno diritto nelle politiche di gestione delle risorse umane delle aziende italiane. Ma quali, quante e come le aziende si muovono già in questa direzione? E in quale misura l’attenzione al territorio e ai dipendenti sostiene la competitività aziendale? La consapevolezza dei benefici per l’azienda, i dipendenti e il territorio è fondamentale per realizzare interventi efficaci e di lunga durata. Cosa occorre per facilitare la diffusione di questa consapevolezza e favorire un cambiamento di mentalità anche nel vertice di piccole, medie e grandi imprese?
Alcuni dei protagonisti del welfare aziendale racconteranno la loro esperienza. Si tratta di risposte che oggi sono state messe in campo da aziende che puntano verso una gestione strategica delle risorse umane e che intendono dare una spinta verso il radicamento di una cultura della valorizzazione delle persone e della creazione di valore condiviso.
Il convegno si apre alle 15 con gli interventi di Giovanni Marseguerra, direttore scientifico corso “Professione welfare” Altis, Silvia Spattini, senior research fellow Adapt, Paola Gilardoni, segretario regionale Cisl Lombardia, Emmanuele Massagli, presidente Aiwa.
Alle 15.30 la tavola rotonda "Welfare, leva strategica per la creazione di valore condiviso". Intervengono: Alberto Busnelli, direttore risorse umane Basf Italia, Adele Nardulli, fondatore e amministratore delegato Trans-Edit Group, Romano Guerinoni, direttore generale Fondazione Welfare Ambrosiano.
Appuntamento dalle 15 presso l'aula Maria Immacolata (G016) dell'università Cattolica del Sacro Cuore in L.go Gemelli 1 a Milano.
Il 20 e 21 giugno si terrà in Bolivia la Conferenza mondiale dei popoli.
Maurizio Bove, presidente di Anolf Milano e responsabile del Dipartimento immigrazione della Cisl milanese. è stato invitato a mandare un contributo sulla situazione italiana.
"Buongiorno a tutti e grazie davvero per la possibilità che offrite anche a chi non può essere presente a questo evento di rilievo mondiale di contribuire alla discussione su tematiche che vedono impegnati quotidianamente ciascuno di noi nel proprio Paese.
Per la CISL di Milano seguo le Politiche per l'Immigrazione, in qualità di presidente di ANOLF - Associazione Nazionale Oltre Le Frontiere: proverò dunque a dare una breve sintesi della situazione del nostro territorio e una panoramica sulle politiche che il nostro sindacato sta mettendo in atto.
Innanzitutto, permettetemi di partire da una premessa: se ci si basa su quanto viene riportato dagli organi di stampa e sulla percezione che le persone ne derivano, l'Italia sarebbe oggi un Paese nel quale si registra un aumento drammatico del fenomeno dell'immigrazione, con un'invasione dilagante di richiedenti asilo che sbarcano quotidianamente sulle nostre coste.
In realtà, non è così e la prima attività nella quale siamo impegnati ogni giorno, dunque, è proprio quella culturale, che mira cioè a diffondere una conoscenza reale del fenomeno, basata su dati certi e non sulle paure alimentate strumentalmente.
I numeri dicono infatti che la crisi economica ha modificato da tempo lo scenario relativo ai flussi migratori verso il nostro Paese, con una sostanziale stabilizzazione delle presenze e un'immigrazione caratterizzata da famiglie radicate sul territorio, piuttosto che da singole persone appena arrivate alla ricerca di un lavoro: i ricongiungimenti familiari mantengono un incremento costante, anche perché sono ormai l'unico canale di accesso regolare in Italia, i titolari di permesso di soggiorno a tempo indeterminato costituiscono il 63,4% delle persone regolarmente soggiornanti, le richieste di cittadinanza italiana crescono ogni anno e, d'altra parte, è in aumento il numero di coloro che decidono di lasciare l'Italia alla ricerca di condizioni migliori in altri Paesi della Comunità Europea.
Nessuna “invasione”, quindi, neppure se prendiamo in considerazione le sole cifre relative ai richiedenti asilo: dell'oltre 1 milione di persone sbarcate l'anno scorso sulle coste meridionali dell'Europa, in Italia ne sono arrivate soltanto 150mila e si prevede che anche per quest'anno i numeri saranno simili. Per dare un’idea più precisa delle dimensioni, a fine 2016 i richiedenti asilo e i rifugiati ospitati nella nostra Regione erano 18.338, che corrisponde al 13% di tutte le persone accolte in Italia e allo 0,2% di tutte le persone residenti in Lombardia.
Certo, questo non vuol dire sottovalutare la questione: sappiamo che sull'accoglienza è entrata in crisi l'idea stessa di Unione Europea, poiché manca sia la disponibilità da parte di molti Paesi a ripartirne in maniera solidale gli oneri, che non possono ricadere soltanto sui Paesi di frontiera, sia la volontà politica di condividere una modifica della normativa che si è rivelata del tutto inadeguata nel gestire i flussi di persone che sono costrette a fuggire da guerre, pericolo di morte, privazione della libertà o situazioni insostenibili di bisogno, come è testimoniato drammaticamente dalle 30000 persone morte negli ultimi 15 anni nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.
E' necessario quindi superare definitivamente la logica dell'emergenza e organizzare una gestione strutturale dell'accoglienza, che deve necessariamente prevedere percorsi di integrazione, a partire da quella lavorativa, nei quali anche il nostro Sindacato ha deciso di impegnarsi in prima persona: nei prossimi due anni saremo infatti coinvolti in un progetto europeo finalizzato al riconoscimento delle competenze professionali dei richiedenti asilo e al loro inserimento lavorativo.
D'altra parte, permettetemi di dire che l'immigrazione in Italia è fatta anche e soprattutto di quelle persone che, proprio in ragione della cosiddetta emergenza profughi, sono passate in secondo piano nella politica nazionale al punto che per loro è stato coniato il termine di “migranti dimenticati”: sono gli oltre 5 milioni di cittadini e cittadine straniere che vivono, studiano e lavorano nel nostro Paese, un quarto dei quali è residente in Lombardia, quasi 450mila nella Provincia di Milano e ben 250mila nella sola città, con un incidenza sul totale dei residenti nella città metropolitana di Milano che sfiora ormai il 14% e che arriva addirittura al 20% se prendiamo in considerazione soltanto il capoluogo.
Sono queste le persone che si rivolgono ai nostri sportelli e che ci interrogano ogni giorno su una serie di problematiche che derivano da una normativa in materia di immigrazione ormai anacronistica e da sempre concentrata molto più sul contenimento dei flussi, peraltro in maniera del tutto inefficace, piuttosto che sul favorire l'integrazione di chi ha deciso di stabilirsi nel nostro Paese.
Mi limito a citarne tre, sulle quali in particolare dobbiamo focalizzare la nostra attenzione:
1. si stima che in Italia il numero delle persone costrette a lavorare in nero perché prive di un permesso di soggiorno abbia ormai raggiunto la quota di 450mila e il dato è confermato dal costante aumento delle richieste di informazioni presso i nostri sportelli. Non si tratta di una scelta, ma di una grave lacuna nella legislazione nazionale che non consente a chi arriva in Italia con un visto diverso da quello rilasciato per l'attività lavorativa di essere assunto regolarmente, anche in presenza di un datore di lavoro, nella maggior parte dei casi famiglie che ricorrono a collaboratrici domestiche o assistenti per i propri anziani, che sarebbe più che disponibile a regolarizzare il rapporto se soltanto esistesse una norma che lo permette.
2. registriamo un preoccupante incremento dei cosiddetti “irregolari di ritorno”, di quelle persone cioè che, a causa della crisi e delle rigidità nell’applicazione della normativa, perdono non solo il lavoro, ma anche il permesso di soggiorno e precipitano nuovamente nel sommerso e nel lavoro nero, trascinando spesso con sé anche i propri familiari. Soltanto nell'ultimo anno sono stati ben 64mila in Italia i cittadini e le cittadine straniere alle quali non è stato rinnovato il permesso di soggiorno, cifra che secondo le nostre stime supera le 400mila unità se consideriamo i soli titoli di soggiorno per motivi di lavoro che non sono stati rinnovati dal 2011 ad oggi.
3. cresce, infine, il numero delle persone che non appena riescono ad ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato o il riconoscimento della cittadinanza italiana decidono di emigrare all'estero. D'altra parte, l'Italia continua ad essere una meta poco attrattiva per i lavoratori e le lavoratrici con elevata qualifica e se si guarda ai dati se ne capisce il motivo: il 76,8% dei lavoratori stranieri ha una qualifica di operaio generico, gli impiegati sono solo l'8%, a fronte del 35% dei lavoratori italiani, e nemmeno l'1% dei migranti possiede la qualifica di Dirigente o Quadro, percentuale che per gli italiani raggiunge invece l'8%, con una possibilità di progressione di carriera pressoché nulla rispetto a quanto accade ai cittadini stranieri emigrati negli altri Paesi della Comunità Europea.
Si tratta di tematiche importanti che dobbiamo affrontare con urgenza: del resto la promozione di una cultura dell’accoglienza è da sempre una componente fondamentale della nostra attività poiché siamo convinti che il sindacato, attraverso la tutela e la promozione dei diritti, il riconoscimento e lo sviluppo delle competenze, la valorizzazione della rappresentanza di tutti i lavoratori, a prescindere dal Paese di provenienza, sia un luogo privilegiato nel quale è possibile sperimentare un modello di convivenza e di effettiva cittadinanza lavorativa e sociale
Per questo motivo, continuiamo nella nostra azione finalizzata ad una revisione sostanziale della normativa in materia di immigrazione, sia attraverso il sostegno a campagne come quella relativa alla modifica della legge sulla concessione della cittadinanza, per garantire finalmente ai bambini che nascono nel nostro Paese il diritto ad essere considerati italiani, sia mediante la promozione di cause contro la discriminazione con le quali in questi anni abbiamo esteso ai cittadini stranieri tutta una serie di diritti che prima venivano loro negati; dall'altra, stiamo puntando ad investire sempre di più non solo sulla riqualificazione del mercato del lavoro, con particolare attenzione a quei settori, come quello del welfare assistenziale, che devono essere considerati finalmente strategici per la nostra economia, ma soprattutto sulla valorizzazione delle competenze formali e informali dei lavoratori stranieri, per non disperdere il capitale di cui sono portatori.
Del resto, siamo fermamente convinti che su queste sfide si gioca una buona parte del futuro non solo del nostro Paese, visto che tutti gli studi sono concordi nel sostenere che i cittadini stranieri contribuiranno sempre di più a mantenere in attivo il nostro saldo demografico e a garantire per molti anni ancora un gettito contributivo di cui beneficeranno soprattutto i nostri pensionati, ma anche delle stesse Organizzazioni sindacali, se ci limitiamo a considerare che su un totale di circa 2milioni360mila lavoratori stranieri più di un milione è oggi iscritto al sindacato".
Maurizio Bove
C'è tempo fino al prossimo 3 ottobre per partecipare alla borsa di studio alla memoria di Giuseppe Garraffo, segretario nazionale Cisl Medici scomparso nel maggio del 2011. Le due borse di studio del valore di 2.500 euro, sono state messe a disposizione dalla Cisl Medici. I destinari sono giovani medici tra i 23 e i 36 anni iscritti alla Cisl Medici o figli di iscritti al sindacato. Le modalità di partecipazione sono consultabili sul sito www.cislmedici.com
Dall'attivo dei delegati Fim Cisl riuniti ieri a Bologna arriva la sollecitazione a Fiom, Uilm e associazione imprenditoriale a chiudere il negoziato sul rinnovo del contratto nazionale Unionmeccanica-Confapi, interrotto una settimana fa e atteso da oltre 400mila lavoratori delle piccole medie imprese metalmeccaniche.
Nel documento conclusivo i delegati Fim Cisl valutano favorevolmente lo stato di avanzamento del negoziato contrattuale sui vari aspetti e la volontà emersa anche da parte di Unionmeccanica di arrivare al rinnovo. Sono stati raggiunti punti di convergenza importanti sui diversi aspetti normativi (relazioni industriali, partecipazione organizzativa, telelavoro, lavoro agile, tutele nei cambi appalto, apprendistato, ferie per i migranti, ferie e permessi solidali, diritto allo studio, formazione continua, salute e sicurezza, contrattazione territoriale) e sulla parte economica (tutela del potere d'acquisto, sanità integrativa, previdenza complementare, welfare contrattuale).
I delegati e le delegate ritengono dunque che “il negoziato debba ora essere portato a conclusione - si legge nel documento - individuando le giuste soluzioni su alcuni punti ancora aperti”.
Una trentina i delegati arrivati dalla Lombardia. “Così come alla manifestazione organizzata a Lecco il 15 giugno scorso, con l'adesione delle Fim Cisl dell'Emilia Romagna, del Veneto, del Piemonte, ieri a Bologna abbiamo ribadito che a 9 mesi dall'avvio dei negoziati la trattativa deve essere portata a conclusione, a fronte dal fatto che sul 99% delle questioni siamo a buon punto - sottolinea Enrico Civillini, segretario generale Fim Cisl Lombardia -. Non è possibile bloccare tutto perché sulla consultazione dei lavoratori non abbiamo ancora trovato un'intesa: noi proponiamo che il contratto nazionale, come già avvenuto in altri casi, rimandi a una decisione tra le parti la scelta delle modalità da adottare”.
Il 6 giugno 2017, in un clima di grande partecipazione, si è tenuta presso il Palazzo di Giustizia di Milano l’assemblea unitaria dei dipendenti dell’Amministrazione giudiziaria del territorio milanese. Presente per la segreteria CISL FP di Milano, Giorgio Dimauro. All’assemblea ha inoltre partecipato il coordinatore nazionale che la CISL FP Eugenio Marra.
Nel suo intervento, Marra ha esplicitato i temi odierni in discussione e nei tavoli negoziali per la contrattazione decentrata per i dipendenti del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria. Evidenziate inoltre molte novità che vanno incontro alle richieste la CISL FP porta avanti da anni. Le organizzazioni sindacali hanno ribadito la necessità di una soluzione per la cronica di carenza di personale, che viaggia costantemente sul 40 %, chiarendo inoltre che solo concorsi strutturali ed annuali potrebbero essere il modo migliore al fine di una risoluzione di questa annosa criticità, nonché la strada giusta ed utile per il buon funzionamento della giustizia in Italia.
Domani, presso l’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si tiene il convegno "Benessere e competitività: quali opportunità tra lavoro agile e piani di welfare aziendale e territoriale?", organizzato da Altis, in collaborazione con Cisl Lombardia e Adapt.
Tra lavoro agile, premio di produttività e azioni di conciliazione famiglia-lavoro il welfare aziendale sta entrando a pieno diritto nelle politiche di gestione delle risorse umane delle aziende italiane. Ma quali, quante e come le aziende si muovono già in questa direzione? E in quale misura l’attenzione al territorio e ai dipendenti sostiene la competitività aziendale? La consapevolezza dei benefici per l’azienda, i dipendenti e il territorio è fondamentale per realizzare interventi efficaci e di lunga durata. Cosa occorre per facilitare la diffusione di questa consapevolezza e favorire un cambiamento di mentalità anche nel vertice di piccole, medie e grandi imprese?
Alcuni dei protagonisti del welfare aziendale racconteranno la loro esperienza. Si tratta di risposte che oggi sono state messe in campo da aziende che puntano verso una gestione strategica delle risorse umane e che intendono dare una spinta verso il radicamento di una cultura della valorizzazione delle persone e della creazione di valore condiviso.
Il convegno si apre alle 15 con gli interventi di Giovanni Marseguerra, direttore scientifico corso “Professione welfare” Altis, Silvia Spattini, senior research fellow Adapt, Paola Gilardoni, segretario regionale Cisl Lombardia, Emmanuele Massagli, presidente Aiwa.
Alle 15.30 la tavola rotonda "Welfare, leva strategica per la creazione di valore condiviso". Intervengono: Alberto Busnelli, direttore risorse umane Basf Italia, Adele Nardulli, fondatore e amministratore delegato Trans-Edit Group, Romano Guerinoni, direttore generale Fondazione Welfare Ambrosiano.
“Senza un investimento politico e di risorse la Città Metropolitana è destinata a naufragare”
Lunedì prossimo 12 giugno, tra le 16 e le 17 una Assemblea/Presidio congiunta tra i lavoratori della Città Metropolitana, le Organizzazioni Sindacali e i delegati del Comune di Milano.
Nelle condizioni attuali la Città Metropolitana non è in grado di approvare un bilancio, si è chiesto a tutte le Aree di operare ulteriori tagli, anche dei servizi, per un Aggiustamento di Bilancio/Bilancio Tecnico. C’è da chiedersi cos’altro ci sia da tagliare in un ente le cui spese per il personale sono sotto il 15% del bilancio, proprio perché il personale è sottodimensionato… e c’è da considerare che, se questa situazione sarà confermata, i 33 dipendenti a tempo determinato sarebbero “tagliati” anch’essi.
I servizi della ex Provincia sono in condizioni di mera sopravvivenza, nonostante in alcuni casi abbiano dimostrato livelli di eccellenza. Basti l’esempio del nucleo di Vigilanza Ambientale, che a Milano aveva svolto ruolo investigativo determinante per le indagini sui crimini ambientali.
Alcuni servizi sono stati liquidati. E’ il caso del CAM (Centro Assistenza Minori), eccellenza a livello nazionale come struttura di accoglienza dei minori oggetto di maltrattamenti o abusi famigliari.
Altri servizi sono stati assorbiti dalla Regione Lombardia: il Settore Ittico/venatorio e la Cultura in un primo momento, poi la Formazione Professionale e, alla luce del Protocollo ANAS-Regione Lombardia nei prossimi mesi potrebbe toccare al Settore strade, con l’intento di esternalizzare.
I pochi servizi rimasti: Ambiente, Idroscalo, Centri Scolastici, Lavoro, rischiano per mancanza di risorse di essere spazzati via. La ex Polizia Provinciale è ridotta a meno di 20 unità, i 33 lavoratori a tempo determinato, nel caso il 1 luglio venisse determinato il pre-dissesto, sarebbero immediatamente lasciati a casa ed il salario accessorio potrebbe venire decurtato della sua parte variabile e così avverrebbe per le 40 docenti su 41 che si occupano di dare una formazione professionale a 500 giovani.
Nella manovra finanziaria in corso non c’è traccia degli impegni relativi agli interventi strutturali e dei 50 milioni, promessi dall’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio De Vincenti in occasione della firma del Patto per Milano tra Renzi e Sala.
Le dimissioni eventuali dei consiglieri metropolitani sarebbero un atto pressoché simbolico dato che il Sindaco Metropolitano è tale di diritto in quanto sindaco del comune capoluogo e rimane comunque in carica fintanto che è sindaco del comune capoluogo.
Noi imputiamo al Sindaco Metropolitano ed alla politica nel suo insieme di non aver fatto la debita pressione sul Governo (come invece hanno fatto altre Città Metropolitane) per dare una prospettiva alla Città Metropolitana di Milano.
E’ quindi al Sindaco che ci rivolgiamo, informando anche tutti i sindaci e i consiglieri dei 134 comuni della città Metropolitana perché la Città metropolitana è un ente che è nel Titolo V della Costituzione e che sarebbe rimasto lì anche se avessero vinto i SI’ lo scorso 4 dicembre.
Per questi motivi, insieme alle OOSS, abbiamo indetto una Assemblea/Presidio in concomitanza con il Consiglio Comunale di Milano, lunedì 12 giugno in Piazza della Scala, dalle 16,00 a fine servizio e di andare in Consiglio Comunale a dire “O SCEGLI O SCIOGLI”.
E’ necessario un investimento politico e di risorse senza di cui la nuova istituzione sovracomunale è destinata a naufragare.
Le persone interessate ed in possesso dei requisiti possono inviare il proprio cv all'indirizzo cesil@cesilmilano.it, specificando nell'oggetto il riferimento indicato.
INFORMATICO JUNIOR - appartenente alle categorie protette
Per conto azienda milanese, operante nel settore ICT, si seleziona un informatico junior, in possesso delle seguenti competenze:
· Conoscenze sistemistiche Micrsoft SO, posta, office e competenze in ambito desktop management
· Conoscenze degli strumenti di debugging
· Capacità di relazione
· Capacità di comunicazione
· Buona conoscenza della lingua inglese
· Orientamento al risultato
Un contratto iniziale a tempo determinato sarà propedeutico all’assunzione definitiva in azienda.
RIF. Informatico junior – categorie protette