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Dichiarazione di Andrea Battistini, segretario generale First Cisl Lombardia
L’anticipo dei trattamenti di cassa integrazione da parte delle banche permetterà a milioni di lavoratori di non attendere il pagamento da parte dell’INPS e di avere subito, e senza alcun costo, delle somme per far fronte all’emergenza. Un intervento importante, ottenuto grazie alle richieste del sindacato, che riporta in evidenza anche il ruolo sociale del sistema bancario che deve essere al servizio del Paese, per gestire la crisi e rilanciare il sistema economico a sostegno delle famiglie e delle imprese.
Confidiamo che gli istituti di credito attivino tutte le procedure per garantire la gestione telematica della pratiche di anticipo, al fine di limitare gli accessi fisici alle filiali, che comunque non potranno avvenire che su appuntamento, nel rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro, e preferibilmente con l’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione. E’ il momento della responsabilità individuale e collettiva e delle soluzioni creative, che escano dalle logiche procedurali tradizionali e che, nel rispetto della normativa, contribuiscano a limitare le occasioni di potenziale diffusione del virus.
I bancari stanno garantendo in prima linea, come altre categorie considerate essenziali, i propri servizi alla collettività, con professionalità e impegno, non vogliono essere le vittime sacrificali di processi organizzativi rigidi e nemmeno diventare il facile bersaglio del malessere sociale connesso a questa situazione emergenziale, dalla quale possiamo uscire solo tutti insieme, più forti, più uniti, pronti a rimboccarci le maniche per fare ripartire il Paese.
Oggi il Consiglio generale degli italiani all’estero, organismo di consulenza del governo e del parlamento, ha presentato la proposta di estendere ai frontalieri e ai cittadini italiani residenti stabilmente all’estero, rientrati in Italia per la perdita del lavoro, le indennità previste per le lavoratrici e i lavoratori italiani nelle misure contenute nei DL 9 e 18 di marzo 2020.
“La proposta si rivolge ai nostri connazionali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro a causa dell’emergenza Covid-19 – spiega Mirko Dolzadelli, responsabile Cisl per i frontalieri nel Consiglio generale degli italiani all'estero -. Abbiamo voluto rispondere anche alle segnalazioni fatte, in particolare dalle organizzazioni sindacali svizzere e italiane, dei rappresentanti dei Consigli sindacali interregionali e delle comunità italiane di confine, rispetto alla condizione che vivono molti lavoratori frontalieri”.
I frontalieri residenti in Italia sono circa 80.000. Oltre 70.000 risiedono in Lombardia (nelle province di Varese, Como e Sondrio) e lavorano in prevalenza nel Ticino ma anche nei Grigioni e Vallese."Due cantoni nei quali - sottolinea Dolzadelli - insistiamo perché vengano adottate le misure a salvaguardia della salute delle lavoratrici e dei lavoratori introdotte in Italia e nello stesso Canton Ticino”.
Circa 6000 lavoratrici e lavoratori frontalieri hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro a causa dell’emergenza Covid-19.
“Si tratta prevalentemente di lavoratori stagionali del settore turistico e lavoratori somministrati impiegati in vari settori – spiega Dolzadelli -, per loro abbiamo chiesto l’estensione delle misure previste per le lavoratrici e i lavoratori italiani contenute nel Decreto Legge “Cura Italia””.
Per leggere a scaricare la proposta del Cgie CLICCATE QUI
I consumatori italiani sono in difficoltà e lo saranno sempre di più nei prossimi mesi, alle prese con riduzioni del reddito e perdita dei posti di lavoro - dichiara Carlo De Masi, Presidente di Adiconsum nazionale - Allo stesso tempo, cresce in maniera esponenziale il numero dei reclami dei consumatori che si sono visti negare i propri diritti, sanciti per legge, in relazione a viaggi cancellati.Si stanno osservando, nel settore del trasporto e dei viaggi, molte pratiche scorrette e ricorrenti violazioni delle norme a tutela dei diritti dei viaggiatori: le compagnie aeree europee ne sono le protagoniste. In Italia, come sappiamo, la scelta tra un viaggio sostitutivo, il rimborso o il voucher valido per un anno è stata affidata ai tour operator e alle agenzie viaggi, ma questi hanno interpretato a loro modo il dettato normativo ed emettono voucher comunicando al consumatore che il loro è un agire in ottemperanza alle disposizioni di legge. Ma cosa succede se il consumatore non ha poi la possibilità di usufruirne, ad esempio perché come lavoratore si è visto assegnare tutte le ferie residue durante l’emergenza a fronte delle sospensioni di attività produttive, o perché uno dei familiari si è ammalato? E cosa succede se il volo che aveva acquistato ad un prezzo vantaggioso nel momento in cui potrà usufruirne costa il doppio o il triplo, e per poter usare il voucher sarà costretto ad aggiungerci ingenti somme di denaro? Cosa succede, infine, se la compagnia aerea, l’hotel o il tour operator falliscono? Improbabile che le assicurazioni di viaggio, ove presenti, si facciano carico di questi rimborsi. Il voucher diventa dunque carta straccia. Inoltre, si osservano pratiche scorrette, frequenti fra gli intermediari online, come quella di emettere un voucher anche quando il biglietto aereo è stato rimborsato in cash dal vettore e addirittura far pagare al consumatore una commissione per lo svolgimento della pratica. Sappiamo che la crisi legata al Coronavirus ha colpito il settore dei trasporti e quello del turismo duramente ed è auspicabile che i consumatori adottino le decisioni riguardo la cancellazione ed il rimborso con senso di responsabilità – afferma De Masi – Un voucher può essere accettabile in luogo di un rimborso cash, ma è ingiusto forzare il consumatore ad accettarlo e lo è ancora di più se non vi sono garanzie contro le insolvenze o non è concessa la possibilità di prorogarne la durata o riscattarlo in cash in caso di impossibilità ad utilizzarlo. Bisogna lavorare insieme per trovare soluzioni appropriate ed equilibrate, capaci di tutelare allo stesso tempo l’industria del turismo e i consumatori.Occorre un Fondo Europeo per l’emergenza COVID-19 nel settore dei viaggi - conclude De Masi - Questo è quello che il BEUC, federazione delle associazioni dei consumatori a livello europeo, di cui Adiconsum è parte, ha chiesto alla Commissione Europea, con una lettera indirizzata a Didier Reynders (Commissario per la Giustizia e i Consumatori), Adina Vălean (Commissiario ai Trasporti) and Thierry Breton (Commissario al Mercato Interno) il 2 Aprile. Analogamente, Adiconsum ha scritto al Governo esponendo le problematiche emerse nella gestione di questa crisi dei viaggi e le sue proposte.
Sono a tutti gli effetti componenti della Magistratura; hanno “cursus honorum” e titoli accademici di tutto rispetto; sono professionisti (psicologi, pedagogisti, educatori professionali, assistenti sociali e ricercatori universitari, spesso in aspettativa) che hanno deciso di dedicarsi alla tutela dei diritti dei minorenni, ma a differenza di altri “colleghi” non ottengono diritti elementari e oggi, nella bufera del Coronavirus e della rivoluzione che ha colpito anche i Tribunali di ogni ordine e grado rischiano di non aver diritto nemmeno all’integrazione del salario, riconosciuta agli altri “onorari” (quelli dei tribunali ordinari) come, naturalmente, ai "togati”.
I membri “esperti” del Tribunale per i Minorenni in Lombardia (due sono le giurisdizioni attive, Milano e Brescia) sono quasi 90: tutti liberi professionisti, che la corte d'Appello competente liquida con notule di ritenuta d’acconto o fattura con partita Iva. Da marzo, anche i Tribunali per i Minorenni hanno quasi ridotto a zero udienze e Camere di Consiglio, ovvero le uniche occasioni per gli “onorari” di guadagnare il compenso previsto.
Il lavoro vero e proprio è stato spostato, nella migliore delle ipotesi al prossimo giugno – e questo per ovvie e naturali azioni di tutela della salute dei lavoratori e degli utenti-, ma “la truppa” degli onorari da aprile a giugno non riceverà alcun compenso, né tantomeno aiuti da un Governo che li ha dimenticati nella lista degli aventi diritto a aiuti economici. “Alcuni di noi – dicono protetti dall’anonimato -hanno anche dovuto chiudere il proprio studio; molti altri hanno solo il Tribunale come unica fonte di sostentamento….”
“C’è l’assenza cronica di tutela giuridica sotto il profilo retributivo e previdenziale – sottolinea Guido Fratta, segretario generale di Felsa Cisl Lombardia -. In altre parti d’Italia, i giudici onorari del Tribunale per i Minorenni hanno lanciato una petizione con la quale chiedono al Presidente della Repubblica di adottare misure straordinarie ed urgenti in favore dei componenti onorari in servizio presso i Tribunali per i Minorenni a tutela della salute e della dignità professionale degli stessi, valutando anche modifiche correttive o aggiuntive in sede di conversione del decreto legge cura Italia. Chiediamo che il “decreto "Cura Italia", preveda misure di sostegno dal punto di vista economico per i magistrati onorari in servizio presso i Tribunali per i Minorenni, così come lo fa per quelli dei Tribunali”.
I giudici onorari minorili
Sono selezionati dal Consiglio Superiore della Magistratura tramite un concorso per titoli, nominati dal Ministro della Giustizia e restano in carica per almeno un triennio. In base alla legge sull’ordinamento giudiziario tuttora in vigore (Regio Decreto n. 12 del 1941), il Tribunale per i Minorenni è validamente costituito alla presenza di quattro giudici: due magistrati ordinari (giuristi) e, per l’appunto, due magistrati onorari (un uomo e una donna), che sono “cittadini benemeriti dell’assistenza sociale” e “cultori” di specifiche discipline mediche, sociali e psicopedagogiche. La loro presenza dunque, oltre ad essere obbligatoria per legge, è ciò che qualifica il Tribunale per i Minorenni come organo “specializzato” della giurisdizione. Oltre all’attività di giudice a latere, gli onorari minorili svolgono funzioni molto delicate come l’ascolto dei minori in udienza, lo studio dei fascicoli con relazione al collegio e, molto spesso, la redazione di bozze dei provvedimenti, che rappresenta un supporto fondamentale agli uffici, provati dalle croniche carenze di organico.
Le lavoratrici e i lavoratori della polizia locale che sono stati chiamati a intervenire nelle attività di controllo nell’ambito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 vanno debitamente protetti.
Proprio per le attività di verifica che devono sostenere - che aumenteranno con la fase 2, con più persone che riprenderanno a lavorare e a circolare – hanno bisogno di dispositivi di protezione individuale. Quelli che sono mancati allo scoppio della pandemia, portando agenti al contagio, anche con ricovero ospedaliero.
Considerato che Regione ha la delega sulle funzioni di polizia locale, come Fp Cgil, C isl Fp, Uil Fpl della Lombardia chiediamo che dia il suo contributo perché alle lavoratrici e ai lavoratori sian forniti in numero e formato adeguato i dispositivi di protezione. Necessari tanto più di fronte al fatto che diverse attività di verifica non si possono fare mantenendo la distanza prevista dalle ordinanze e che il lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori aumenterà progressivamente – a virus tutt’altro che debellato – e si dovrà, ad esempio, contingentare l’afflusso delle persone sui mezzi di trasporto, negli uffici pubblici e così via.
Inoltre, visto che le risorse nazionali non sono sufficienti per gli straordinari Covid della polizia locale, chiediamo a Regione Lombardia uno sforzo ulteriore – in ragione del ruolo di coordinamento che ha – per stanziare risorse aggiuntive, oltre a quelle già messe per i grandi comuni, includendo ora anche i comuni più piccoli che sono quelli che hanno maggiori difficoltà di bilancio e che devono comunque poter garantire un adeguato servizio.
La salute e la sicurezza delle persone passa anche da qui. Regione Lombardia faccia la sua parte!