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Negli ultimi 5 anni aumenta la precarizzazione del mercato del lavoro: 3 lavoratori su 4 sono avviati al lavoro con contratti flessibili.
Sono 110mila i posti di lavoro persi in Lombardia nei primi 6 mesi del 2020 a causa dell’effetto Covid-19. Di tanto, infatti, è calato il numero degli occupati tra gennaio e giugno di quest’anno, rispetto al 2019. Una diminuzione rilevante, che non si verificava dalla crisi del 2009, che interessa esclusivamente i lavoratori con contratto flessibile, a tempo determinato, in particolare del settore commercio e servizi. E’ quanto emerge da una ricerca condotta per conto della Cisl Lombardia, sulla base dei dati Istat e Unioncamere, e presentata nel corso dell’esecutivo del sindacato, riunito a Castelnuovo del Garda.
“Dopo la sostanziale stabilità registrata nel primo trimestre 2020, nel periodo compreso tra aprile e giugno il pieno dispiegarsi degli effetti dell’emergenza sanitaria ha determinato un significativo calo del numero di occupati in Lombardia, pari al 2,4% - spiega Elio Montanari, curatore della ricerca -. Una diminuzione rilevante, che viene mitigata dal blocco dei licenziamenti e dall’esplosione della cassa integrazione. Solo a inizio 2021, quindi, si potrà avere un’idea più chiara dell’impatto del Covid-19 sul mercato del lavoro e sull’economia lombarda”.
A sollevare preoccupazioni è anche il calo delle imprese lombarde: a fine giugno 2020, confrontato con l’anno precedente, il numero di imprese attive in Lombardia è calato di circa 5mila unità. “Si tratta di un netto peggioramento rispetto alla tendenza già negativa che, dopo quattro anni di debole espansione, aveva caratterizzato il 2019 – spiega Montanari -. Rispetto alla situazione nazionale, dove la variazione delle imprese attive si ferma al -0,2%, si evidenzia un maggiore deterioramento della situazione imprenditoriale in Lombardia per il più prolungato impatto della crisi nella regione”.
“La chiusura di centinaia di imprese e il forte impatto negativo sui livelli occupazionali della pandemia nei primi sei mesi del 2020 impongono al Governo e alla Regione di utilizzare al meglio le risorse già oggi disponibili e quelle che saranno messe a disposizione dall’Europa, Mes – sottolinea il segretario generale della Cisl Lombardia, Ugo Duci -. Vanno sostenute le imprese che innovano e investono in lavoro stabile ed è necessario rilanciare con forza le politiche attive per accompagnare i lavoratori – soprattutto quelli meno qualificati – in un mercato del lavoro che non sarà più quello che abbiamo conosciuto”. “Tutto questo – aggiunge - sarà tanto più efficace quanto sarà realizzato, a Roma come a Milano, in un costante confronto con le organizzazioni datoriali e sindacali”.
Le difficoltà degli ultimi 6 mesi s’inseriscono in un contesto economico regionale che nei dieci anni di crisi (2009-2019) ha visto un’accelerazione dei processi di trasformazione della struttura produttiva e del mercato del lavoro, verso una massiccia terziarizzazione, il crescente ingresso delle donne nel mercato del lavoro, sempre più precario. Queste le tre grandi direttrici delle trasformazioni dell’economia lombarda, illustrate dalla ricerca “La struttura produttiva e il mercato del lavoro in Lombardia. Una fotografia del presente e le dinamiche negli anni della crisi (2009-2019)” presentata oggi al gruppo dirigente della Cisl Lombardia.
Nonostante resti una regione a forte connotazione industriale, con le industrie manifatturiere che contano ancora quasi il 24% del totale degli addetti lombardi, la composizione dell’occupazione per macro-settori si è quindi modificata nell’arco del decennio, con un incremento percentuale degli occupati nel terziario, che salgono dal 63% del 2009 al 68% del 2019, una riduzione degli occupati nell’industria nel corso del decennio scendono dal 35% al 31% del totale degli occupati.
Un’ulteriore prospettiva delle trasformazioni in atto si ricava dalla lettura dei dati relativi alle Comunicazioni Obbligatorie che si riferiscono alle pratiche di avviamento e cessazione dei rapporti di lavoro. Allargando lo sguardo agli ultimi cinque anni (2015-2019) si osserva come la gran parte degli avviamenti al lavoro, il 73,1%, si realizza nelle attività del terziario mentre nelle attività industriali in senso stretto si realizzano, nella media 2015-2019, il 17,6% degli avviamenti.
In altri termini delle 7.496 mila pratiche di avviamento al lavoro in Lombardia, registrate negli ultimi cinque anni, 5 milioni e 477mila sono nel terziario, 1 milione e 322mila nell’industria, 500mila nelle costruzioni e 197mila in agricoltura.
Guardando alle tipologie contrattuali emerge la forte precarizzazione del mercato del lavoro lombardo negli ultimi cinque anni. Tre lavoratori su 4, nel quinquennio 2015-2019 sono stati avviati al lavoro con forme di contratti flessibili: il 51,5% tempo determinato, il 15,2% somministrazione, il 3,2% contratti a progetto. I contratti a tempo indeterminato sono stati il 26,6%, il 3,3% quelli di apprendistato. Considerando i saldi annuali tra avviamenti e cessazioni, emerge che i saldi positivi che si accumulano nel quinquennio 2015-19 sono +257mila pratiche per i contratti a tempo determinato contro le circa +3000 pratiche di contratti a tempo indeterminato.