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Dalla Ligera del dopoguerra agli anni "caldi" di Vallanzasca, Turatello ed Epaminonda. A Palazzo Morando un interessante viaggio nella storia della criminalità in città. Videointervista al giornalista, scrittore, esperto di "nera", Piero Colaprico.
Ci sono i ferri del mestiere (mitra, pistole, fucili), le divise dei poliziotti, il macchinario per fare le foto segnaletiche e prendere le impronte digitali, la roulette e i dadi di una bisca, le schede identificative dei fermati… C’è anche una Giulia Alfa Romeo, color verde militare, una di quelle che usava la Polizia per inseguire i banditi. E poi ci sono tantissime immagini (140): dei più pericolosi e noti criminali sulla piazza, degli uomini delle forze dell’ordine che gli davano la caccia (in primis il commissario Mario Nardone e il questore Achille Serra), dei morti ammazzati, dei luoghi delle rapine, delle prime pagine dei giornali che “urlavano” le notizie di “nera”.
La mostra “Milano e la Mala”, allestita a Palazzo Morando (via Sant’Andrea, 6) fino all’11 febbraio 2018, immerge il visitatore nella storia criminale della città, dal primo dopoguerra agli anni ’80 o, come dice il sottotitolo, evidenziando due momenti-chiave di questa narrazione, “dalla rapina di via Osoppo a Vallanzasca”. Il percorso espositivo si snoda su nove sale. Si entra nel vivo proprio da via Osoppo, (siamo nel 1958), dal “colpo del secolo” come fu definito: l’assalto di sette uomini a un portavalori, che fruttò un bottino di 614 milioni di lire. Un lavoro “pulito”, senza spargimento di sangue. L’episodio rappresentò l’apice della “Ligera”, una forma di delinquenza tutta milanese risalente al XIX secolo, fatta da piccoli gruppi di criminali e ricordata anche nelle canzoni popolari (“Ma mi” cantata da Ornella Vanoni è del 1958, “La ballata del Cerutti” di Giorgio Gaber uscirà l’anno dopo).
Fa parte di questa idea “romantica” della Mala anche Luciano Lutring, il “solista del mitra” (dalla custodia di violino in cui nascondeva l’arma), che nella sua carriera di rapinatore non ha mai ucciso nessuno (e solo una volta è stato coinvolto in una sparatoria) e, pagati i conti con la giustizia, ha campato onestamente facendo il pittore e lo scrittore. Ma, come ben documenta la mostra, dalla metà degli anni ’60, la criminalità cambia pelle: si comincia a sparare (resta tragicamente celebre la Banda Cavallero), la mafia prende piede, si sviluppano nuovi e lucrosi affari illegali (gioco d’azzardo, prostituzione, traffico di droga, sequestri di persona), che lasciano dietro di sé una lunga scia di morte. Sono periodi cupi per Milano. La città si chiude in sé stessa, la sera diventa deserta, la notte si anima nelle bische clandestine o nei locali controllati dai boss. Tra i protagonisti di questa lunga e drammatica stagione ci sono nomi del calibro di Francis Turatello (“Faccia d’angelo”, assassinato in carcere nel 1981), Angelo Epaminonda (“Il Tebano”, pentitosi dopo la cattura, è morto nel 2016) e Renato Vallanzasca. Al “Bel Renè”, il fondatore della Banda della Comasina, intestatario di una fedina penale che conta quattro ergastoli e 295 anni di carcere, è dedicata l’ultima sala. Info: www.mostramalamilano.it