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MAFIA

Rita Borsellino: si può vincere la battaglia per la legalità

Video: la sorella di Paolo Borsellino e il sindaco Giuliano Pisapia ad un incontro della Cisl di Milano su economia e lavoro puliti.

Rita Borsellino, sorella di Paolo, il magistrato assassinato dalla mafia nel luglio del 1992, poche settimane dopo l'amico-collega Giovanni Falcone, ha partecipato ad un incontro ("Una economia pulita per un lavoro pulito") promosso dalla Cisl di Milano.

Borsellino, quale eredità ci ha lasciato suo fratello Paolo?
Se dovessi riassumere questa eredità in una parola sola, direi il valore della coerenza. Se è stato quello che è stato, se ha scelto di continuare a lavorare nonostante i rischi cui andava incontro, lo ha fatto per coerenza con le sue scelte, i suoi valori, le sue idee. La coerenza oggi è una merce molto rara, ma lui l’ha spesa fino in fondo.


Ogni giorno arrivano notizie di arresti…
Meno male che ci sono questi arresti. Spero che tutto ciò serva anche per il futuro. Per far capire che non è la strada giusta da seguire (delinquere, ndr.).


Non le viene un po’ di frustrazione vedendo che l’illegalità dilaga?
Un po’ si, ma non mi sono mai fatta condizionare, nella vita ci sono gli alti e i bassi. Avendo la possibilità di incontrare quotidianamente il meglio che c’è, ovvero giovani che si emozionano, scuole sensibili, associazioni che lavorano sul territorio, capisco che bisogna continuare ad operare, a fare cultura. Capisco che c’è speranza. E’ con l’impegno personale che si cambiano le cose. A piccoli passi, con le scelte di ogni giorno, scelte faticose e  coraggiose.


I giovani, appunto. Lei dopo l’assassinio di suo fratello ha incominciato a girare l’Italia e ad andare nelle scuole per parlare di legalità, di lotta alla mafia…
Si, certo. Paolo diceva una cosa bellissima: la mafia finirà quando i giovani le negheranno il consenso. Ma se i giovani devono negarle il consenso devono sapere che cos’è. Devono capire. E’ importante che sappiano e si appassionino. Appassionarsi significa vivere questa realtà (la legalità, ndr.), sentirla come uno scopo della propria vita. I giovani sono i più adatti a percepire il “fresco profumo della libertà” di cui parlava mio fratello. Bisogna dare loro gli strumenti per farlo. Una volta un ragazzo mi ha detto: ma come fa ad essere così serena? E’ colpa vostra gli ho risposto, della vostra carica positiva. Oggi i nostri ragazzi, seppure un po’ sfiduciati, credono ancora di potere cambiare il mondo.


Però nei percorsi scolastici si parla di terrorismo, ma poco di mafia…
Il termine mafia mancava anche in Europa e nella scorsa legislatura al Parlamento europeo ce l’abbiamo portato. Per la prima volta siamo riusciti a parlare di mafie, ad istituire una commissione che si occupasse di questi temi, a concordare linee di contrasto comuni. In Italia siamo rimasti a lungo indietro. C’è stato un periodo che perfino in Sicilia si negava l’esistenza della mafia. La cosa non mi stupisce. E’ la presunzione che il problema si risolva non parlandone, invece non parlandone il problema si accentua.


Come valuta l’atteggiamento del governo, ad esempio sul provvedimento sulla corruzione che giace da tempo in Parlamento?
Io credo che il sistema politico dovrebbe avere capito che su queste cose non si può più perdere tempo. Ne abbiamo perso troppo in passato e i risultati si vedono oggi. Occorre fare presto e bene. Ogni giorno che si perde va a vantaggio di chi vuole operare nell’illegalità. Ristabilire le regole è una questione di priorità.


Ogni tanto tornano le polemiche sul movimento antimafia...
Il movimento antimafia esiste da quando esiste la mafia. Ha avuto momenti di maggiore compattezza e incisività ed altri di stanca o peggio ancora in cui qualcuno ha voluto approfittarne come trampolino di lancio, ma oggi si rischia di buttare via l’acqua sporca con il bambino. E’ un rischio che non possiamo correre. L’antimafia è necessaria, ed è importante che nasca e cresca dal basso.


Ormai, sia pure in ritardo, si è capito che la criminalità organizzata non è “solo” un problema del sud…
Bhè, se la Lombardia è la terza regione in Italia per numero di beni confiscati alla criminalità organizzata un motivo ci sarà. Eppure qualche anno fa se ne negava l’esistenza. Si prova vergogna ad ammettere che sul proprio territorio fanno affari i mafiosi.


La nomina di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica può aiutare nella lotta alle mafie?
Io credo di si, il fatto di avere vissuto in prima persona certe situazioni può aumentare la sensibilità. Ma qualunque presidente della Repubblica, che

17/03/2015
Mauro Cereda - mauro.cereda@cisl.it