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Elsa Morante, Puccini e il rock. Tutti riuniti in un solo immaginario, quello del nuovo disco di Gianna Nannini, Inno.
Quando sbarcò a Milano sul finire degli anni 70, uno sconosciuto le regalò un libro di Elsa Morante , Il mondo salvato dai ragazzini. Quel libro di poesie Gianna Nannini se l’è ritrovato per le mani alla soglia dei 60 anni, mentre approntava la stesura del suo 18esimo album Inno , che esce il 15 gennaio. «La Morante è stata una chiamata per me che non leggo tanto. Ho scoperto che scriveva di come fare a calarsi nella vita, a non illudersi e accettare la realtà per quella che è. È anche un’autrice di rinascita, di realismo che mi sembrava adatto come punto di partenza di questo disco».
A soli due anni dal precedente Io e Te , quello della copertina che fece scalpore con la cantante senese incinta, Inno è una prova di maestria: testi che prendono solo spunto dalle suggestioni della Morante, ma che poi passano attraverso le storie scritte a quattro mani con Pacifico, Tiziano Ferro e Isabella Santacroce, la fidata collaboratrice da anni. La rocker dice: «Ferro l’ho conosciuto in un paio di circostanze brevi, non ci frequentiamo ma per me è l’autore numero uno al momento. Non ha paura delle emozioni e sembra che il brano Nostrastoria parla proprio di me, magari è una sua storia che va bene con la mia. Pacifico è invece un collaboratore più musicale, l’altro giorno mi ha scritto un messaggio dicendomi che possiamo comporre con la telepatia, tanto è forte la nostra intesa. La Santacroce invece è più telefonica, ci sentiamo spesso ma ha collaborato solo in due pezzi perché era da poco uscito il suo libro ed era stanca».
SENZA CRISI – Le musiche, come da copione rispettato almeno fin dal 2002 quando pubblicò Aria , sono prevalentemente arpeggiate, ariose, cone chi pucciniani imprevisti, impreziosite dagli archi diretti dalla stella internazionale Wil Malone, di una maestria che è raramente ascoltabile nel panorama italiano. La Nannini che è risorta nel 2006 con Sei nell’anima, ha trovato la formula e va avanti così: «Finchè avrò questa voce che mi emoziona e professionisti che ci costruiscono attorno delle atmosfere vere, non ci penso a ritirarmi». Ma è sullo spirito di Inno che vale la pena soffermarsi: «C’è un senso di perdita e di addio gioioso che aleggia nelle canzoni – dice la cantante – perché è un disco che racconta la fine per ricominciare, la ripartenza. Come per l’Italia che quest’anno deve vedersela con tanti cambiamenti. Spero che le teste che l’hanno guidata finora saranno sostituite da teste migliori». E per dare immagine alla rinascita la Nannini, lontana ormai dall’immaginario rock borchiato, si presenta in copertina con abiti e ambientazioni quasi monacali. «C’è bisogno di essenziale e non mi andava di strafare con il look» si giustifica, anche se promette per il tour che inizia in Italia il 12 aprile (a Milano i l 26 e 27) luci e scenografie curate dall’entourage di Lady Gaga. È pur sempre lei, ancora oggi, la rocker italiana per eccellenza.