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Il nuovo show usa maestranze ed equipe della Rai milanese. Al via da domani dagli studi di Mecenate. Al timone un cast “stellare”: Carrà, Pelù, Noemi e Cocciante.
La produzione sembra quella di un kolossal americano. Eppure siamo negli studi milanesi della Rai, quelli di via Mecenate, da dove giovedì 7 marzo partirà in prime time il nuovo format The Voice. Era qui che si erano attrezzati grandi show degli utlimi anni, dall’Isola dei Famosi a X Factor. Con il passaggio di Simona Ventura a Sky (coincidenza?) niente di rilievo era stato fatto per Rai Due a Milano.
Niente di così grande. Con i 2700 mq di superficie sono gli studi più grandi d’Europa, annunciano i dirigenti Rai. A The Voice potranno assistere 650 spettatori a puntata inseriti in una particolare scenografia ad ampia apertura voluta da Alessandro Galasso, lo scenografo che aveva ben “americanizzato” lo studio dell’ultimo programma di Fabio Volo.
La chiave di tutto l'interesse che c'è per il nuovo talent show targato Rai, indubbiamente, è il ritorno di Raffaella Carrà. «Dopo 4 anni torno sugli schermi italiani – ha detto presentando il programma – con un progetto di cui mi hanno molto parlato in Spagna. L’ho visto lì la prima volta e sono rimasta impressionata. In prima battuta ho pensato che si fosse di fronte a uno show tv con le modalità della radio. I coach che devono trovare i talenti di The Voice non guardano i cantanti in faccia. Ma poi mi sono accorta che non si può non tenere conto dell’umanità di chi è dietro di noi a cantare. Mi è venuto rispetto e dovere di onestà nei confronti di chi si presenta».
I 4 coach sceglieranno “al buio” i cantanti solo per la loro voce. È anche questo il motivo per cui personaggi solitamente restii ai meccanismi tv prestano la loro professionalità al nuovo programma. Piero Pelù dice: «Questo non è un talent show, quando in autunno mi hanno invitato mi è subito piaciuta la formula. C’è un rapporto creativo con la musica perché qui chi canta non lo fa su basi registrate ma con una band di 13 elementi. In palio non c’è niente, anzi, tanto: il percorso artistico che è il premio più interessante».
PASSO CULTURALE – Secondo Riccardo Cocciante è anche il momento di fare un passo culturale in più rispetto alla musica in tv: «Io che mi sento il meno televisivo dei 4, credo che con questa trasmissione riuscirò a incoraggiare i giovani e dar loro coraggio perché un mestiere si impara ma ci vuole anche voglia di cominciare. Quando ho iniziato io c’erano i contestatori, la diversità delle voci veniva apprezzata. Credo che oggi in campo musicale ci sia molto sbandamento e soprattutto la frustrazione di giovani artisti diversi che non riescono a farsi ascoltare. Non c’è voglia di popolarità ma di ascolto. Essere autentici e cambiare l’approccio in tv può aiutare. Il fatto che non vengano scelti i talenti in base all’immagine ma alla voce è una buona partenza». Cocciante stesso si riflette nel meccanismo: «Mi sono sempre chiesto se da giovane fosse esistita la possibilità di fare un talent show in tv, beh, per quanto mi riguarda, non avrei partecipato a nessuno di quelli che ho visto finora. Mi fido molto più della mia voce che del mio fisico, quindi avrei scelto di fare The Voice».
Intenzioni nobili sulla carta, ma sappiamo come il medium televisivo spettacolarizza anche le scelte più sobrie. sarà forse il timone della Carrà a ricondurre tutto su un piano più pop? «Non capisco l’accanimento contro il pop. La nostra musica italiana, specie quella che valica i confini, è solitamente gioiosa, melodica, allegra. Il pop è anche immagine, Pelù ad esempio per stare sul palco è andato dal mio stesso maestro di recitazione. Vanno bene i Negramaro o i Venditti, ma c’è bisogno anche di pop».
Noemi, dal canto suo, potrebbe rivelarsi quella più a suo agio nel programma, visto che ritorna sullo stesso palco che l’ha lanciata 5 anni fa a X Factor. «Con pochi anni di carriera mi sento piccola ma sono stata accolta bene dagli altri, mi danno sentire una di loro. Anche se avendo avuto Fiorella Mannoia e Vasco Rossi come autori e collaboratori mi sento come se ne fossero passati 20 di anni. Nel mio piccolo cercherò di trasmettere la mia esperienza ai debuttanti. Sarà bello perché tra di noi c’è un’atmosfera creativa e positiva».