DONNE
Congedi parentali

Quando al neonato ci pensa papa'

In questo viaggio solo "spaziale", vediamo che succede nel resto d'Europa, quando è lui a fare il genitore nei primi mesi di vita...

Alcune volte per fare un viaggio nel futuro non serve una macchina del tempo, ma è sufficiente fare qualche centinaio di km e superare un paio di confini di stato. Ed è quello che faremo in questo articolo spostandoci nello spazio invece che nel tempo. Spesso diciamo che il forte limite alla carriera femminile in Italia è dato dal carico familiare dove  sono quasi esclusivamente le donne a occuparsi del lavoro di cura, quel lavoro che non è retribuito ma che comporta per le donne una grande fatica e un grande impegno e che, non dimentichiamolo, permette di sostenere un sistema di welfare sempre più labile. Ci chiediamo spesso cosa succederebbe se il lavoro in casa fosse più equamente distribuito con gli uomini.
Cambierebbe davvero qualcosa? Cosa succederebbe se, per esempio, i congedi parentali fossero presi anche dai padri oltre che dalle madri?
Per rispondere a queste domande, come dicevo, non serve aspettare che passino gli anni, magari vedendo attuato l’obbligo dei 3 giorni di congedo parentale per i padri (un primo passo, davvero troppo irrisorio previsto dalla neo-approvata riforma del lavoro). La risposta ci arriva, appunto, andando a vedere cosa accade qualche centinaio di km a nord in un altro stato dell’UE dove le cose si fanno sul serio: la Germania.

COSA SUCCEDE IN EUROPA

Nel 2007 l’allora ministro della Famiglia Ursula von der Leyen, madre di sette figli e oggi ministro del Lavoro ha promulgato una riforma che prevede la possibilità di usufruire di un congedo parentale di 12 mesi per figlio in cui viene versato fino al 67% dello stipendio a chi si occupa del bambino indipendentemente dal fatto che sia il padre o la madre. Ma se è il padre a scegliere di accudire il figlio viene concesso un bonus di ulteriori 2 mesi fino ad un massimo di 14. I dati, ufficiali e quindi affidabili, forniti dall’Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw) dicono che il risultato di questa riforma è stato un aumento della percentuale di padri che usufruiscono del congedo dal 3,5% del 2007 al 16% del 2009 fino al 25% oggi. Quindi ben un quarto dei padri tedeschi ad oggi usufruisce dei congedi parentali. Ma se il congedo dei papà è prevalentemente della durata di uno o due mesi, ossia la durata del bonus, ben il 14% ne usufruisce per un periodo che va dai 3 agli 8 mesi. Dallo studio emerge anche che quando sono in congedo i padri dedicano ben 7 ore al figlio controllo le 2,7 delle normali giornate di lavoro. E come se non bastasse, alcuni padri di quel 25% che ha utilizzato il congedo parentale, una volta rientrato in ufficio, richiede il part-time. Un’analisi della distribuzione dell’utilizzo dei congedi parentali da parte dei padri distribuita per regioni (land) fa emergere che il fenomeno dell’alta percentuale non è relegata alle aree più ricche (per esempio la Baviera) ma si verifica anche in quelle dove si avvertono maggiormente problemi occupazionali (come la Sassonia che occupa il primo posto della classifica) quindi il fenomeno non è legato al benessere. Siamo lontani dal 69% della Svezia e dal 59% della Finlandia ma è decisamente molto di più del 7% circa di quelli italiani. Ricordiamo che in Italia il periodo di congedo parentale è di 10 mesi totali più un mese se il padre ne prende almeno 3. In questo periodo la retribuzione è pari al 30% dello stipendio. Come si traduce tutto questo nel lavoro femminile e nel reddito della famiglia? Anche qui le risposte sono molto interessanti. Da quando il congedo è diventato più paritario, rispetto al passato, le donne sono rientrate prima al lavoro mentre gli uomini dopo. Ma soprattutto si è notato che, nell'anno che segue alla nascita del figlio, il reddito complessivo della famiglia risulta oggi più alto di quanto accadeva in passato. Il nostro viaggio spazio-temporale nella Germania della riforma sui congedi parentali, ci fornisce notizie molto importanti su quello che potrebbe avvenire al lavoro femminile e al reddito delle famiglie se anche in Italia si spingesse maggiormente nella direzione di una più equa distribuzione dei carichi. Non ci guadagnerebbe solo la donna, ma il tenore di vita di tutta la famiglia. Si tratta di una visione nuova che dimostra ancora una volta come la maggior presenza femminile nel mondo del lavoro non può che far bene al lavoro stesso e al benessere della famiglia e non solo alle donne.

25/07/2012
Maddalena Acquaviti, RSA FinecoBank, Gruppo Unicredit - info@jobedi.it