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Chi mette in testa alle bambine che ci sono limiti nel comportamento, nei vestiti da indossare e persino nelle favole da raccontare? Scopriamolo assieme a una mamma delegata sindacale
Mi domando ma quando incominciamo a essere prigioniere degli stereotipi? La risposta la da questo “spiritoso”, ma molto serio, racconto di una mamma lavoratrice alle prese con la conciliazione.
Racconto semiserio di una giornata quasi qualunque
Questa mattina mi sono svegliata con un obiettivo preciso: smontare a uno a uno tutti gli stereotipi di genere di mia figlia cinquenne. Mamma emancipata, lavoratrice, sindacalista voglio che mia figlia cresca nella convinzione di non doversi autolimitare in alcune cose solo perchè non sono ritenute "da donna". Non dev'essere un compito difficile. Ha solo 5 anni e il mondo non ha ancora avuto il tempo di riempirle la testa di certi preconcetti. Mi aiuta avere un marito moderno, padre presente e assolutamente collaborativo.
Ma sto già sbagliando perché io stessa parto dal presupposto che lui, in quanto uomo, non sia tenuto a collaborare e quindi sia una fortuna che lo faccia. Molto male. Ripartiamo. Mamma e papà lavorano sia in casa sia in ufficio. Ma questo, per fortuna, lei lo sa bene e sa che è normale che sia così. Un punto a vantaggio della mia causa odierna.
E adesso alziamoci dal letto che è già tardi e ci aspetta una lunga giornata di lavoro. Vado a svegliare mia figlia: "Amore, andiamo a fare colazione. Il latte è già pronto". Inaspettato arriva il primo intoppo "no, quella tazza non la voglio". "cos'ha quella tazza che non va?". "è blu, è da maschio". Manteniamo la calma. Le faccio presente molto democraticamente che il blu è un colore come gli altri, come il rosso e come il giallo e che quindi va benissimo tanto per gli uomini sia per le donne.
Dopo 10 minuti passati a cercare di convincerla che non esistano colori maschili e colori femminili e qualche lamentela da parte sua, si decide a bere il latte, però il bicchiere con il calciatore proprio no; il calcio è uno sport da maschi. E' più faticoso di quel che immaginavo. Ma chi gliele mette in testa queste cose? Io no di certo e di sicuro nemmeno suo padre, quello collaborativo. E adesso andiamo a prepararci che abbiamo già perso 10 minuti ad accettare la tazza blu.
E' davvero troppo tardi e io devo correre a lavorare. "Tesoro, vestiti. Ti ho tirato fuori la maglia con Titti e i jeans". Apriti cielo! "No, i jeans no. I jeans sono da maschi. Io voglio il vestito, quello che fa la ruota. Il vestito è da femmine". Inizio a perdere la pazienza. Io sono di corsa come tutti i giorni e non posso permettermi in questo momento di discutere amabilmente di moda. Le faccio solo notare che io sono palesemente donna e indosso i jeans. Le prometto che domani le farò mettere il vestito che fa la ruota e la trascino fuori casa.
Incrociamo un uomo con la valigia che mi chiede indicazioni per la stazione centrale. Gli rispondo e riprendo a camminare. "Mamma, cosa voleva quella signora?". "Signora? Ma no, amore, era un signore.". "Era una signora: aveva la maglia rosa e i capelli lunghi". Inizio a dare segni di cedimento.
La porto a scuola, finalmente, così vado a riposarmi in ufficio. A scuola vengo circondata da bambine con vestitini che fanno la ruota e mia figlia che si lamenta perchè è l'unica in jeans....come i maschi. Chiedo alla maestra di aiutarmi. Beh, è compito anche loro educare i bambini.
La maestra, certo, perchè le maestre sono tutte donne. Quando è arrivato Antonio, l'unico maestro uomo da anni, volevo organizzare una festa.
Vado in ufficio. Lavoro. Altro che riposo! E' stata una giornata faticosissima. Finalmente è ora di andare a prendere mia figlia a scuola e tornare a casa. "Mamma, domani voglio uscire prima". "Tesoro, non posso venire a prenderti prima. Devo lavorare". "Ma Luisa (la sua compagna di giochi) esce presto. La sua mamma viene a prenderla alle 4". Beata ingratitudine! Mi tocca anche confrontarmi con le mamme che fanno il part-time. E no! Non ci sto. La mamma di Luisa è come una delle mie tante colleghe per il cui diritto alla conciliazione casa-lavoro mi adopero tutti i giorni. "Andiamo, dai! Dobbiamo prendere il regalo per Arianna che domani è il suo compleanno". A mia figlia piace molto un orsetto marrone che va in moto. "Prendiamo quello!" La commessa, ragazza deliziosa, suggerisce "E' per una bambina? Molto meglio la bambola che lava e stira. Piace moltissimo!". La fulmino con lo sguardo e le dico che l'orsetto che va in moto è perfetto. Impacchetta, pago e vado via. Finalmente siamo a casa, anche se il lavoro non è ancora finito. Mi attende da preparare la cena, da mettere a posto la casa e da stirare una montagna di roba. Beh, stasera metto io a letto la bambina e la montagna di roba la stira il marito collaborativo. E' l'ora di nanna e quindi l'ora della storia della buonanotte.
"Mamma, mi leggi Biancaneve?" Penso che non le leggerò mai quella roba che ha rovinato generazioni di donne che sono rimaste in attesa di un principe azzurro che non è mai arrivato. "Tesoro, oggi leggiamo Pinocchio". Per domani mi propongo un altro obiettivo più facile da realizzare: portare la pace nel mondo.
E adesso buonanotte!