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La casa è di una società immobiliare. L'inquilino ha diritto ad un alloggio transitorio pubblico, che però non è disponibile.
Mohamed è un lavoratore dei servizi, ora addetto alle pulizie prima lavapiatti, arrivato più di 15 anni fa dal Bangladesh. Vive con la moglie e due figli, un bimbo e un ventiduenne riconosciuto invalido. Abitano da 2 anni nell’alloggio fornito dal datore di lavoro, affittato a uso foresteria da una grande immobiliare di Milano. Dopo poco però la società riduce lo stipendio di Mohamed e smette di pagare l’affitto. La proprietà avvia lo sfratto, Mohamed dà le dimissioni volontarie, avvia con il sindacato una causa legale e inizia a cercare un nuovo impiego e una nuova casa da affittare. Ma i prezzi di Milano sono troppo alti e irraggiungibili le garanzie economiche richieste. La sua domanda di una casa transitoria in emergenza (SAT) è stata valutata positivamente dal Comune di Milano. Eppure Mohmed e la sua famiglia venerdì verranno sfrattati. L’ufficiale giudiziario ha confermato la presenza della forza pubblica e la società immobiliare non ha voluto concedere alcun rinvio, nonostante l’assegnazione sulla carta, nonostante nel nucleo ci siano un minore e un giovane disabile.
Mohamed e la sua famiglia, a sfratto eseguito, con le valigie e gli effetti più importanti, dovranno quindi recarsi presso l’ufficio delle Emergenze Abitative in via Larga 12 e sperare di essere ricevuti. Se saranno fortunati, gli operatori proporranno una collocazione in un albergo, anche lontano dalla residenza attuale o in un dormitorio pubblico.
Il Sicet segue famiglie che attendono l’offerta dell’alloggio transitorio a seguito di accoglimento della domanda, da più di un anno. Oggi alla famiglia sotto sfratto che vuole presentare domanda d’emergenza viene dato appuntamento dal Comune a settembre. I tempi di valutazione delle domande sono di circa 3-4 mesi e in caso di esito negativo, il provvedimento viene consegnato con mesi di ritardo, impedendo così alle persone di presentare ricorso. Nel frattempo ogni giorno decine di famiglie ricevono la visita dell’ufficiale giudiziario, se sotto sfratto, o del custode, se la casa è pignorata. Famiglie che rimangono senza soluzioni abitative alternative, costrette a spostarsi fuori Milano alla ricerca di nuovo affitto, a vivere in condizione di illegalità, o a passare da un’ospitalità all’altra, anche separandosi, in condizioni spesso di sovraffollamento e insalubrità. Eppure a Milano c’è un consistente patrimonio di edilizia pubblica che potrebbe dare un tetto a tutte queste famiglie, se non venisse lasciato in stato di abbandono o utilizzato per fare cassa attraverso piani di vendita, cessione ai privati e piani di valorizzazione.
Nel Piano dell’Offerta Abitativa approvato dal Consiglio comunale all’inizio dell’anno si dice che nel 2023 sono disponibili 1.680 alloggi da assegnare a canone sociale, ma il bando non è ancora aperto. Nel 2022 sono stati assegnati solamente 1.077 alloggi a canone sociale, a fronte dei 2200 alloggi disponibili previsti dal piano annuale. Da gennaio il Comune ha a disposizione 150 alloggi da destinare alle assegnazioni transitorie in emergenza a famiglie sfrattate o senza casa. Che fine hanno fatto questi alloggi? Sono già stati esauriti? Perché Mohamed deve aspettare?
Il sistema dell’emergenza abitativa ideato e applicato da Regione e Comune in questi anni ha fallito, calpestando i diritti di centinaia di famiglie, lasciate senza una casa. Sono necessari subito un provvedimento urgente e immediato da parte della Prefettura che regolamenti e gradui le concessioni della forza pubblica e un diverso meccanismo di gestione degli sfratti che garantisca l’effettivo passaggio da casa a casa, perché lo sfratto non è né una colpa né una vergogna, ma la violazione di un diritto primario.
Il SIcet non lascerà soli Mohamed e la sua famiglia e sarà presente domani dalle ore 8.30 in via Romilli 20/4 per cercare una soluzione che garantisca il diritto alla casa.