ATTUALITÀ
PIAZZA FONTANA A 52 ANNI DALLA STRAGE

Importante ricordare oggi di fronte a forze e gruppi che si richiamano al passato fascista

L'intervento alla cerimonia in piazza Fontana del segretario generale della Cisl, Carlo Gerla, a nome del sindacato confederale milanese.

"Porto il saluto di Cgil, Cisl e Uil di Milano a questa significativa, importante cerimonia, dedicata al 52esimo anniversario della strage neofascista di piazza Fontana. Saluto i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni. Saluto le lavoratrici, i lavoratori, i cittadini.

Milano, 12 dicembre 1969. Una bomba viene fatta esplodere nella sede della Banca nazionale dell’agricoltura. E’ una strage. In terra restano i corpi senza vita di diciassette persone. I feriti sono 88. Uomini e donne innocenti.  Quell’orribile attentato diventa “la strage di piazza Fontana”. Uno spartiacque, un evento che segnò drammaticamente la vita di Milano e dell’Italia. Da qui presero il via la strategia della tensione e la stagione degli anni di piombo: anni bui e violenti della storia della Repubblica che vennero affrontati con una reazione unitaria, responsabile, da parte delle istituzioni, dei partiti, dei sindacati, dei cittadini, dei corpi sociali che si riconoscevano nella Costituzione nata dalla Resistenza.

Come ogni anno il sindacato confederale è qui con il Comitato permanente antifascista per ricordare quel giorno. Ed è particolarmente importante farlo in questo 2021, di fronte al rigurgito, al farsi largo apertamente, con sfrontatezza,  negli ultimi mesi, di forze e gruppi che si richiamano apertamente al tragico passato fascista. Che inneggiano al Duce, come se fosse un fatto normale e non un reato, quasi nell’indifferenza di una parte non così minoritaria della cittadinanza. E questo è preoccupante: abbiamo un grosso problema culturale. Che riguarda tutte le fasce d’età. Ancora oggi in troppi pensano che “in fondo Mussolini ha fatto anche cose buone”, dimenticando tutto il resto: l’abolizione di ogni libertà, comprese quelle sindacali,  l’eliminazione degli oppositori politici, l’alleanza con Hitler, la promulgazione delle leggi razziali, l’entrata in guerra. Chi ha messo la bomba in piazza Fontana si riconosceva in quel regime, in quella cultura di sopraffazione e morte. Viene da lì. Abbiamo un problema di memoria. Le nuove generazioni, ad esempio, hanno, incolpevolmente, un ricordo vago di quanto avvenne in questa piazza nel 1969. Gli stessi programmi scolastici è difficile che arrivino fino a quei giorni.

In Italia si tende troppo spesso a dimenticare. Si fa fatica a fare i conti con la storia. E come se si volessero rimuovere certe pagine buie, che suscitano ancora interrogativi e chiedono risposte che non arrivano. Il caso di piazza Fontana è emblematico: a distanza di 52 anni i colpevoli della strage non sono stati puniti. La Corte di Cassazione nel 2005 ha stabilito che la responsabilità è dell’organizzazione eversiva neofascista Ordine Nuovo, ma i suoi capi non sono più perseguibili. Abbiamo insomma una verità storica, ma non abbiamo avuto giustizia. Lo Stato non è riuscito a punire i mandanti e gli esecutori materiali della strage. Depistaggi, collusioni, appoggi occulti: è evidente che molti, da subito e poi nel corso degli anni, hanno tramato perché la verità non venisse a galla e gli attentatori restassero impuniti. Com’è possibile? Ma io mi chiedo - e penso agli ideatori, agli autori del massacro, a chi sapeva e non ha parlato, a chi ha depistato le indagini -: com’è possibile vivere o avere vissuto con un tale fardello sulla coscienza?

Due anni fa,  durante un incontro organizzato da Cgil, Cisl e Uil con alcune classi di studenti, in occasione del cinquantenario della strage - Carlo Arnoldi, presidente dell’Associazione famigliari delle vittime di piazza Fontana, che nello scoppio della bomba perse il padre Giovanni, ci ha raccontato che i famigliari non hanno nessuno da perdonare perché nessuno ha mai ammesso la propria colpevolezza. E questa è una triste realtà.

Rendendo omaggio alle vittime di questo orrendo crimine permettetemi di ricordare anche altre due persone che, indirettamente, hanno perso la vita a causa di quei fatti. Mi riferisco all’anarchico Giuseppe Pinelli e al commissario Luigi Calabresi: il primo ingiustamente accusato della strage e morto in circostanze mai del tutto chiarite all’interno della Questura di Milano, il secondo assassinato dopo una campagna diffamatoria orchestrata a suo danno.

Oggi Cgil, Cisl e Uil e il Comitato permanente antifascista sono qui a ricordare chi ha perso la vita nella strage. E saranno qui anche l’anno prossimo. Perché questa è una ferita che non si rimarginerà mai, perché è indispensabile tenere viva la memoria. Perché un Paese che non ha memoria del proprio passato è un Paese che non ha futuro".

12/12/2021
Carlo Gerla