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Genova, Fisascat Cisl: “Decisione inaccettabile e inattesa. chiediamo la revoca dei licenziamenti e l’avvio di un confronto”.
Settantadue addetti, in gran parte donne, impiegati nei negozi Accessorize, rischiano il posto di lavoro. Ventidue solo a Milano.
La denuncia è della Fisascat Cisl che ha potuto vedere l’istanza presentata al Tribunale Fallimentare di Milano da Melite Italia, la società che gestisce i 25 punti vendita nazionali del marchio inglese (la sede centrale è a Londra) specializzato in bigiotteria e accessori per l’abbigliamento.
Prima dello scoppio della pandemia Accessorize contava fra Milano e hinterland nove punti vendita, con 41 dipendenti, ridotti successivamente agli attuali quattro (al momento sono chiusi), che occupano 16 lavoratrici (altri 6 addetti sono in forza negli uffici della sede amministrativa, sempre a Milano).
“Il piano di concordato preventivo presentato al Tribunale – osserva Massimiliano Genova, operatore della Fisascat Cisl milanese - prevede la chiusura di tutti i negozi in Italia e il licenziamento di 72 persone. E’ il colpo di grazia per un marchio molto noto che, però, resterà in vita soprattutto con l’e-commerce e dei piccoli sub-franchising. Di fatto l’azienda ha deciso di scaricare sui dipendenti diretti un trend negativo che durerebbe dagli ultimi tre anni. Questo è inaccettabile”.
Il sindacato lamenta di avere avuto notizia delle difficoltà indirettamente e solo tramite il Tribunale.
“Questa decisione è un po’ un fulmine a ciel sereno – continua Genova – perché durante l’ultimo incontro, agli inizi dell’anno, l’azienda non aveva fatto cenno ad alcun esubero. E’ evidente che manca la volontà di verificare congiuntamente soluzioni alternative sia per il risanamento della situazione economica e finanziaria, sia sull’impatto occupazionale. Chiediamo l’immediata convocazione di un tavolo di confronto e la revoca dei licenziamenti”.
La preoccupazione fra i dipendenti è altissima. Al momento, con l’emergenza sanitaria in corso, sono tutti in cassa integrazione. I dati dicono che la pandemia ha colpito in particolare l’occupazione femminile: questa vertenza ne è una ulteriore conferma.