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Seminario della Femca Cisl di Milano con i lavoratori-delegati delle aziende farmaceutiche.
Il rapporto diretto fra informatori scientifici del farmaco e i medici è fondamentale. E’ un rapporto anche fiduciario, che richiede la presenza e che (almeno per ora) può essere supportato ma non sostituito dalle tecnologie digitali.
La questione è stata dibattuta oggi durante un seminario online organizzato dalla Femca Cisl di Milano, al quale hanno partecipato una quarantina di lavoratori-delegati, che hanno discusso con il segretario generale milanese del sindacato di categoria Eustachio Rosa, quella nazionale Lorenzo Zoli, e con il responsabile delle relazioni industriali di Farmindustria Nicola D’Erario.
Il settore dell’informazione scientifica del farmaco negli ultimi anni ha subito diverse trasformazioni organizzative e di mercato (dovute, ad esempio, alla diffusione dei cosiddetti “generici”), che hanno prodotto anche numerosi esuberi. La tecnologia ha cambiato l’attività di ogni giorno.
“L’introduzione di strumenti come Tablet, Cellulari e PC – ha spiegato, introducendo i lavori, il segretario della Femca Cisl milanese, Rino Fresca - hanno portato ad una evoluzione sostanziale di come gli informatori si confrontano con gli operatori sanitari. Alcune realtà hanno anche provato nel recente passato ad introdurre la figura dell’informatore da remoto, ma sono stati esperimenti che per ammissione delle stesse case farmaceutiche non hanno dato i risultati attesi”.
L’arrivo del Covid, almeno nella prima fase, ha di fatto provocato un blocco totale delle attività. Diverse aziende hanno scelto di mettere in cassa integrazione i propri collaboratori, alcune hanno avviato dei percorsi formativi, altre hanno provato a contattare i medici con strumenti differenti. Il rallentamento della pandemia in estate ha consentito la ripresa del lavoro in presenza, ma molte realtà ospedaliere, ambulatoriali e di medicina di base sono ripartite con fortissime restrizioni. Questo ha spinto le imprese ad insistere nell’utilizzo di forme alternative alla normale attività, il tutto – a detta del sindacato - in modo caotico e non con una reale strategia, cercando solo di spingere il lavoratore a creare un contatto di qualsiasi natura con il proprio interlocutore.
Detto che l’innovazione tecnologica ha investito tutti i comparti economici e lavorativi, ma anche il nostro modo di vivere, la figura dell’informatore scientifico del farmaco conserva alcune peculiarità.
“L’attività in presenza – ha sottolineato Zoli - rimane un elemento imprescindibile. Questo è stato riconosciuto da tutte le parti sociali. C’è un fattore personale e privato nel rapporto fra informatore e medico che non può essere smontato e sostituito da nessuno strumento digitale. E’ un rapporto fiduciario, di affidamento. Le nuove tecnologie sono un supporto, un ausilio indispensabile per chi svolge questa professione, ma non una alternativa alla figura dell’informatore. Ciò che occorre è gestire l'innovazione e investire nella formazione, una formazione mirata, dedicata, anche svolta congiuntamente con le aziende”.
Un punto di vista, questo, che sembra condiviso anche dal sistema imprenditoriale.
“Nelle nostre analisi – ha sottolineato D’erario – abbiamo visto che ci sono aziende che per cultura, tradizione, origine sono più avanti di altre in tema di digitalizzazione. Il sindacato si chiede cosa succederà se le imprese investiranno tutto sul digitale. La risposta, per quanto riguarda gli informatori, è che questi strumenti non sono assolutamente sostitutivi, neppure nel medio periodo. Del resto l’informatore scientifico è già oggi un lavoratore agile, che si organizza, lavora su obiettivi. La modalità operativa più efficace resta il contatto, il rapporto che si instaura con il medico. Ciò non deve, però, impedirci di confrontarci sulla formazione, sullo sviluppo delle competenze”.
Alcuni delegati che hanno partecipato al seminario hanno sottolineato che molto spesso sono gli stessi medici a preferire il rapporto diretto, perché si sentono più sicuri sulle informazioni ricevute e anche per questioni di tempo e perché non tutti hanno grande dimestichezza con le nuove tecnologie (l’età media fra gli operatori sanitari è abbastanza alta). Altri, nonostante le rassicurazioni sul presente e il futuro della professione, hanno invece espresso perplessità ed evidenziato criticità nei comportamenti delle aziende. Ad esempio lamentando carenze sugli investimenti in formazione, nella valorizzazione del capitale umano o sulla volontà di utilizzare il Covid come pretesto per ridurre i costi del personale.
Quel che è certo è che il tema è ampio e che con l’innovazione tecnologica bisogna fare i conti: nel bene e nel male.