LA GIUNGLA DELLE TASSE
Universita', a Milano pagano anche i nullatenenti

L’indagine Adiconsum sull’accesso alle facoltà. In città anche se indigente, uno studente non paga meno di 700 euro all’anno. Meno di 1 su 10 in Lombardia ha diritto a una borsa di studio.

Il diritto allo studio non è garantito alla stessa maniera su tutto il territorio nazionale. Lo si sapeva già, se si confrontava elementarmente esperienze di figli e conoscenti. Ma dall’indagine Adiconsum sulla situazione delle tasse universitarie, emerge un’Italia abbastanza iniqua, fortemente diversificata, non sempre in linea con le esigenze dell’attuale richiesta. Che è quella di agevolare l’accesso al sapere, garantire un certo grado di merito omogeneo in tutte le regioni, e soprattutto dare agli studenti la possibilità di finire in tempo il percorso.

A MILANO - All’Università degli studi di Milano il minimo che si può spendere per iscriversi, tra tasse, bollo, contributi di facoltà, spese, in caso di assoluta indigenza, è 691 euro nei corsi del Gruppo A, che diventano 768 per il Gruppo B e 795 per il Gruppo C. la diversificazione dei corsi in gruppi è fatta dall’università stessa e consultabile sul sito www.unimi.it .

Con un ISEE (l’indice usato per calcolare lo status economico di ognuno) di 10.000 euro i valori non cambiano, poiché la soglia “spartiacque” è fissata ad un ISEE di 11.000 euro. Esaminando la spesa per un ISEE di 20.000 euro l’incremento complessivo è di circa il 30%: rispettivamente si spendono 966 euro, 1.119 euro e 1.173 euro per i tre gruppi. I fuori corso pagano meno, con un risparmio circa del 30%, mentre gli studenti aderenti al regime “part-time” risparmiano un modesto 15%. Il massimo carico di tasse, con ISEE in ultima fascia e nei corsi di studio con contributo più elevato, è di 3.788 euro, ben 2,100 euro più di quello che spende il medesimo studente nel più caro fra i corsi di Studio all’Università Federico II di Napoli (1.658 euro).

METODO - La rilevazione è stata compiuta alla fine di settembre 2012 con riferimento all’anno accademico 2012-2013, sulle otto università pubbliche campionate in altrettante città capoluogo di Regione. Quest’anno qualcosa è cambiato: a marzo c’è stato un decreto legge che ha fissato la tassa regionale dell’iscrizione all’università, a 140 euro. I più poveri pagherebbero 120 euro, i più ricchi 160. Usiamo il condizionale perché a settembre ancora diversi atenei facevano riferimento alla tassazione regionale antecedente l’entrata in vigore del decreto. Poi c’è stata la legge di agosto sulla spending review che ha assottigliato ancora risorse agli atenei ma le modalità di calcolo delle tasse non sono state aggiornate. Ora il rischio è che i ricorsi al Tar contro le tasse universitarie potrebbero aumentare.

DIFFERENZE – Il divario fra contribuzione minima e massima prevista da ciascuno è enorme: da 155 a 1.417 euro è quello che spende lo studente in condizioni di assoluta indigenza (ISEE uguale a zero) a seconda che iscriva in qualsiasi facoltà a L’Aquila (dove a seguito del sisma si è scelto che tuti paghino solo la Tassa Regionale e il Bollo) o a una facoltà con contributo per laboratori all’università di Firenze. Sui valori massimi, quelli pagati di norma dagli studenti con reddito molto elevato e nelle facoltà con contributi più onerosi, il range è ancora più elevato e si arriva ai 3.983,00 euro di Bologna.

Alcuni atenei computano separatamente dalle tasse e dai contributi di facoltà alcuni contributi aggiuntivi con i quali finanziano ad esempio la mobilità internazionale, i diritti SIAE per la riproduzione di testi, i Centri Sportivi Universitari, i laboratori. In questi casi normalmente l’onere pesa sui più abbienti come sugli indigenti allo stesso modo. L’Adiconsum nel documento dice: «Non può esserci un futuro di sviluppo se non sappiamo evolvere e migliorare il nostro sistema scolastico e formativo, quando grandi Paesi come l’India hanno fatto passi da gigante negli investimenti e nei risultati ed esportano “cervelli” in tutto il mondo».

LE BORSE – Come in tutto il mondo, anche da noi c’è il meccanismo delle borse di studio. I più bravi sono premiati. In teoria. Nell’anno accademico 2010/2011 solo 6 regioni italiane hanno erogato borse al 100% degli aventi diritto, mentre in alcune la percentuale di domanda insoddisfatta raggiunge il 45%. Inoltre gli importi delle borse ed il valore dei servizi di vitto e/o alloggio erogati differiscono moltissimo. Peraltro la percentuale complessiva di studenti iscritti regolari che risultano idonei ad una borsa di studio, sia pure di importo ridotto, è quasi ovunque abbastanza esigua: la media a livello nazionale è appena del 15,8%. La “maglia nera” spetta alla Lombardia, con un modesto 8,9%, mentre il primato positivo è del trentino Alto Adige, con un importante 37,2 %. Colpa del profitto scarso degli universitari italiani o di regole troppo farraginose?

11/10/2012
Christian D Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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