DA GENNAIO A MILANO
L’Acrobata, Elio De Capitani porta all’Elfo la storia del Cile

Una madre, un figlio con ideali e passioni. Il golpe in Cile negli anni Settanta e tutte le ripercussioni sociali che ha avuto. Anche in Italia. Strepitosi attori in scena a teatro dall’8 gennaio 2018.

Con L’Acrobata, il regista Elio De Capitani alza l’asticella della proposta culturale del teatro milanese Elfo Puccini. Un testo intenso di Laura Forti, una resa scenica emozionante e “immersiva”, con l’aiuto di proiezioni suggestive curate dal pluripremiato video maker Paolo Turro. E due strepitosi attori in scena che danno l’anima, è il caso di dire, in una vicenda umana che ha segnato il Novecento.

TRAMA - Lo spettacolo si chiama L’Acrobata, Laura Forti, scrittrice e regista fiorentina, ricostruisce la vita tragica e avventurosa di suo cugino José, chiamato Pepo in famiglia e Comandante Ernesto (in onore di Che Guevara ) dai compagni di lotta. Un romanzo di formazione di un giovane guerrigliero e un omaggio alla madre di Pepo, come a tutte le madri che hanno perso un figlio perché ha scelto di morire per un ideale. La storia, da quello che abbiamo avuto il privilegio di vedere in anteprima, non è connotata politicamente ed è diretta a tutti..

La madre di Pepo arriva in Cile ancora bambina, per fuggire dall’Italia fascista delle leggi razziali, diventa la prima donna geologo del paese e una convinta militante comunista, ma è costretta a una nuova fuga dopo il golpe di Augusto Pinochet. Pepo non rinuncia alla lotta politica, diventato guerrigliero e torna in America Latina per combattere.

Che cosa vuol dire allevare un figlio alle idee di libertà e di giustizia, quando poi tutto questo ti si ritorce contro e rende tuo figlio un estraneo, che vive così intensamente le tue stesse idee da lasciare tutto e tutti e giocarsi la vita? Vuol dire alzare un muro contro il passato e la ferita di quella perdita insanabile. Ma Pepo ha lasciato un figlio e sarà per questo nipote – clown e acrobata in un piccolo circo – che non ha mai conosciuto suo padre e vuole sapere che il muro crollerà e diventerà racconto.

Tutto questo realizzato davanti agli occhi degli spettatori è esaltante. I due attori – Cristina Crippa e Alessandro Bruni Ocaña – si calano nei loro personaggi: madre lei, figlio e nipote lui nello stesso spettacolo. Ne abbiamo parlato col regista e con l’attrice.

Elio De Capitani, il fulcro della storia qual è?

ELIO: Abbiamo a metà spettacolo anche dei video montati da telegiornali dell’epoca. Augusto Pinochet, capo di stato maggiore dell’esercito cileno, l’11 settembre 1973 tradì il suo presidente Salvator Allende e prese il potere con la violenza. Pepo, nome di battaglia comandante Ernesto, organizzò e diresse nel 1986, a soli vent’otto anni, il fallito attentato contro il dittatore. Pinochet si vendicò con furore: una catena di torture e delazioni, portò i membri del commando alla cattura ma mai a un processo: nella Matanza del Corpus Christi dodici di loro furono assassinati con un colpo alla nuca e poi fu inscenato un “enfrentamiento”, un conflitto a fuoco, ad uso dei mass media.

Come ha scelto gli attori?

ELIO: Un’idea che devo a Cristina, perché aveva già lavorato con l’autrice. E l’attore Alessandro è venuto poi in mente a lei. È un ragazzo che ha anche origini latine, ha già lavorato in questo teatro. Richiedevo in uno spettacolo complesso tante tecniche diverse, perché dobbiamo raccontare tre vite, con salti temporali. Le vicende personali dentro la storia necessitano di attori che dimentichino la recitazione. Devono essere presenti al pubblico ma con intensità, devono prepararsi alla scena successiva. È teatro etico e psicologico allo stesso tempo.

Come è la resa scenica?

ELIO: Tutti e due gli attori sono molto coinvolti e il pubblico è da coinvolgere nel racconto, con il passato e presente che si mischiano. La grande forza del teatro è essere immediato e contraddire il mediato. Sa riprodurre il contatto fisico che ci manca in questi tempi. L’attore vero lo vedi a teatro, ed è lì che vedi quando una persona fa sua il materiale che rappresenta.

Cristina Crippa, lei è la madre. Come controlla l’emozione?

CRISTINA: L’emozione è qualcosa di riabilitato ultimamente, su certi processi è fondamentale ed è una forma cognitiva ormai accettata e indispensabile. Vai dentro al limite, ti rimane un frammento di mente che devi usare per andare avanti nello spettacolo. Una volta che il regista ce lo ha consegnato, dobbiamo essere noi in scena ad avere una strategia per andare dopo, ma avere tempo e anima per vivere il momento. Gli attori sono cannibali su se stessi, utilizzano tutto quello che hanno nella vita per consegnarlo al pubblico.

In sala ci si appassiona, si freme, si impara. Che spettacolo è?

ELIO: È per tutti, per i giovani che non sanno, per chi sa e si è dimenticato e vuole approfondire. E il Cile non è un paese a caso. Questa vicenda ha cambiato la politica italiana, il terrore per Berlinguer in quegli anni ha fatto nascere il compromesso storico nella nostra Repubblica. Abbiamo avuto una catena di avvenimenti che sono stati influenzati da questa vicenda.

Un collegamento con l’attualità c’è, vero?

ELIO: Molti, perché questa è la storia di una madre che ha trasmesso dei valori al figlio che sono gli stessi valori che lo porteranno alla morte. C’è il rispetto e la fatica degli ideali.

CRISTINA: La libertà porta sempre un sacrificio, la madre dice: “vorrei un figlio comune, con i suoi ideali ma vivo”. La trama ha quattro generazioni raccontate, ha la storia che insegna, si attraversa un secolo e più tra l’Europa e sud America.

ELIO: In più è una disamina dei legami famigliari con cui confrontarsi, siamo di nuovo in un clima dove il mondo ci inquieta, per quanto queste situazioni analoghe siano ancora più vicine a noi. Il protagonista dice: “Io non sono un eroe, vivo un’altra vita”. Vive di un lavoro che è il clown ma deve fare anche l’acrobata perché c’è crisi. E questo lo vediamo anche oggi. Non è uno spettacolo diretto al pubblico che necessariamente frequenta il teatro. Perché metà del lavoro lo fa il pubblico e il teatro arriva con la sua magia dove altri media non arrivano.

La speranza finale come la si può sintetizzare?

ELIO: È una consegna: la madre rompe il silenzio e inizia a raccontare, e questa è una vittoria, perché spesso le verità scomode si allontanano. È una storia di conoscenza e ha la speranza per un Cile democratico di quando si sarà completata la transizione politica. Potrebbe essere l’Egitto di oggi, in poche parole. La madre di Giulio Regeni oggi infatti dice: mio figlio è morto come un egiziano. Sono storie diverse ma sono entrambe storie di madri, con una speranza.

BIGLIETTI RIDOTTI A 13,50 euro cad. (anzichè 32,50 euro)

fino ad esaurimento dei posti disponibili

Prenotazioni: scrivere una mail a biglietteria@elfo.org indicando cognome,

nome, numero di telefono, titolo spettacolo, data e numero di posti e

specificando nell'oggetto PROMO CISL. Per info: www.elfo.org

18/12/2017
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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