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Welfare aziendale: lavoratori soddisfatti

I dati del quarto Rapporto welfare di OD&M Consulting. Oliva, Cisl: "Puntare sulla contrattazione". 

Il primo in Italia a preoccuparsi del benessere dei propri operai e impiegati fu, probabilmente, Adriano Olivetti. Nel tempo gli scenari sono cambiati, ma le imprese si stanno sempre più convincendo che è importante andare incontro alle esigenze “allargate” dei lavoratori. Insomma, oltre lo stipendio c’è di più e questo di più si chiama “welfare aziendale”. Secondo il quarto Rapporto welfare di OD&M Consulting (società della galassia Gi Group), l’84% dei lavoratori esprime soddisfazione verso questo tipo di servizi (20% in più rispetto al 2016). In particolare, risultano apprezzate l’assistenza sanitaria (75,9% di gradimento che aumenta al crescere dell’età, fino all’86,5% per chi ha 45-54 anni) e la concessione di ferie e permessi (74,7%, il panel che mostra più interesse è quello tra i 45-54 anni con l’83,8%). Seguono i servizi di gestione del tempo (72,8%, con il picco di soddisfazione all’81% per chi ha 35-45 anni), quelli di previdenza (71,5% che diventa 78,6% per chi ha 55-64 anni), la maternità (integrazione al trattamento, buono nascita, formazione per reinserimento con il 70,9% che sale all’81,5% da parte delle donne con figli) e la mobilità (70,3%, al 90,9% tra i più giovani). Le ragioni che spingono imprese e sindacati ad andare in questa direzione sono evidenti.

“Il welfare che abbiamo conosciuto finora – osserva Giuseppe Oliva, responsabile Welfare della Cisl milanese -, quello fondato sulla piena occupazione e su uno Stato centrale che garantiva un paracadute sociale a tutti, non esiste più. La crisi, le politiche di austerity, le profonde modificazioni della società, a partire dai cambiamenti demografici, hanno fatto emergere i limiti del sistema e i nuovi bisogni della società. Questo panorama, in un certo senso, ci ha costretti a rilanciare il welfare attraverso la contrattazione, cercando di coordinarci con quanto offre il territorio”.

L’ultima indagine “Il lavoro a Milano” (Assolombarda-Cgil, Cisl e Uil), ha rivelato che nel 2016, tra le realtà aderenti all’associazione imprenditoriale, quasi 3 su 10 avevano attuato iniziative di welfare aziendale, mentre altrettante (32%) stavano pensando di farlo. Un fattore di spinta è venuto dalle ultime leggi di stabilità, che hanno previsto la possibilità di convertire (parzialmente o totalmente e senza tasse) i premi di risultato in servizi di welfare (appoggiandosi anche a piattaforme di flexible benefit: negozi digitali, gestiti spesso da provider esterni all’azienda, su cui ogni lavoratore può riempire il proprio carrello della spesa, scegliendo fra le diverse proposte). Assolombarda ha monitorato 26 contratti, stipulati fra imprese associate e sindacati nel periodo aprile 2016-2017. In 2 casi su 3 è emersa l’esistenza di misure di welfare (o l’impegno ad attivarle) e in 8 su 10 la possibilità di convertire il premio. Ormai le aziende utilizzano il welfare come una strategia per trattenere e attrarre talenti e migliorare la produttività. Ma queste iniziative pesano anche in termini economici. Si stima che i principali benefit o servizi di welfare facciano aumentare lo stipendio fra il 18% e il 21% (a seconda della qualifica), divenendo una componente della busta paga.

“Il welfare aziendale – sottolinea Simonetta Cavasin, amministratrice delegata di OD&M Consulting - contribuisce a integrare le leve di Total Reward (sistemi di incentivazione) per la gestione del rapporto azienda/lavoratore; rappresenta una forma alternativa all’erogazione dei premi di produttività;  impatta positivamente sul Wellbeing (benessere) delle persone, andando a migliorare il livello di coinvolgimento e il clima sul luogo di lavoro. Si viene a creare così un circolo virtuoso”.

Nelle realtà più avanzate i piani sono a misura di dipendente e anticipati da indagini sui bisogni. Ogni lavoratore ha le sue esigenze. Valore D ha disegnato una tabella intitolata “il bisogno di welfare cambia lungo il ciclo della vita”. E’ emerso che a 20 anni si desiderano orari flessibili e la possibilità di fare acquisti in ufficio; a 30 si chiedono asili, part time e servizi di disbrigo pratiche; a 40 si apprezzano congedi parentali, banca delle ore, campus estivi per i figli, part time, prestazioni sanitarie; a 50 e oltre, si sollecitano orari flessibili, sostegni per assistenza agli anziani (a domicilio o in case di cura), servizi di disbrigo pratiche, prestazioni sanitarie. Insomma, a ognuno il suo.

14/07/2017
Mauro Cereda - mauro.cereda@cisl.it
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