WE WORLD INDEX 2017
Due miliardi di persone a rischio esclusione economica e sociale

Tra il 2016 e il 2017 sono aumentate di 22 milioni i soggetti (perlopiù donne e bambini) in disagio. L’Italia si conferma al 21 posto e non fa progressi nelle politiche all’inclusione dei più deboli.

Sono circa 2 miliardi  (uno su tre) le persone che vivono in paesi con un grave o gravissimo livello di esclusione, con una qualità della  vita compromessa a livello economico e  sociale.

Ce lo dice l’indagine che We World conduce da tre anni con una metodologia originale che considera l’ “ inclusione ” – ed esclusione per contrasto – attraverso indicatori riferiti all’Agenda di Sviluppo Sostenibile 2030 che riguardano oltre alla sfera economica, anche tutte le dimensioni del sociale : sanitaria, educativa, lavorativa, culturale, politica, informativa, di sicurezza, ambientale.

Tra il 2016 e il 2017 sono aumentate di 22 milioni  i soggetti in disagio (pari a mezzo punto percentuale). Al contrario, solo il 5% delle donne e della popolazione under 18 vive in Paesi dove la loro inclusione è considerata buona. L’Italia si conferma al 21 posto, non fa progresso e manifesta scarsità di politiche mirate all’inclusione dei soggetti deboli.

I dati sono stati presentati a Roma il 3 maggio e al Festival dei Diritti a Milano il 7 maggio da We World, un’ Organizzazione non Governativa che si occupa di difendere i diritti di bambini, bambine e donne a rischio in Italia e nel Sud del Mondo.

170 i Paesi in classifica, 34 indicatori, 21 esperti coinvolti per valutare come il progresso di un paese è riuscito ad incidere non solo attraverso indicatori economici, ma migliorando le condizioni di vita dei soggetti più a rischio di esclusione come bambine/i e donne .

Sono 102  i Paesi in cui bambini, bambine, adolescenti e donne soffrono di esclusione grave o gravissima. Una media sconsolante che si traduce in un dato ancora più impressionante: i l 38% dei bambini e delle donne del mondo - circa 2 miliardi di persone - vive in paesi in cui vi sono forme gravi o gravissime di esclusione: 1 donna (o bambino/a) su 3.

Se non si interviene subito, entro il 2030 con il ritmo attuale le donne e la popolazione under 18 che vivono in Paesi in cui vi sono forme gravi o gravissime di esclusione aumenterà di  ben 286 milioni (sul miliardo e 800 mila attuale), un numero pari alla popolazione dell’intera Europa occidentale .

I risultati del Il WeWorld Index 2017 vedono la Norvegia (e in generale Paesi del Nord Europa) dominare la classifica ancora una volta, mentre la Repubblica Centrafricana si conferma fanalino di coda. Preoccupante diventa il dato che attesta la Danimarca in regressione, paese invece solitamente considerato tra i migliori  con politiche di welfare in Europa.

L’Italia, al 21 posto in classifica, registra una performance sufficiente a livello globale, ma si attesa, tra i Paesi fondatori dell’Unione Europea, come il meno inclusivo per donne e bambini/e . Il nostro Paese dovrebbe fare uno sforzo quasi doppio rispetto alla Norvegia per conseguire il Valore Target (Paese ideale primo in tutti e 34 gli indicatori). E al nostro paese toccano sforzi ancora più rilevanti che in Europa per l’inclusione soprattutto se si considera  la mancanza di sistema di welfare orientato verso i più giovani e le donne (autoctone e non).

“Anche nei Paesi più sviluppati dove , a differenza di Paesi come L’Africa Sub-Sahariana e l’Asia Meridionale, sono garantiti i diritti fondamentali in ambito educativo sociale, politico e sanitario, una effettiva parità tra uomini e donne è ancora lontana”. Commenta Marco Chiesara a Roma –“ In Questi Paesi, tra cui l’Italia, sono necessari interventi puntuali sul piano della parità salariale, della prevenzione e del contrasto alla violenza maschile sulle donne, per l’accesso delle donne alla vita politica . In Europa occidentale, ma ancor più in quella orientale e meridionale (Spagna, Italia, Grecia), per la prima volta dal dopoguerra, il destino di bambini e donne sembra intrecciato: 23 milioni di bambini/e sono in povertà nel vecchio continente; solo il 55% delle donne con tre o più figli ha un lavoro .

Se quindi l’Europa per il WeWorld Index è il luogo migliore in cui un bambino o una bambina potrebbero crescere e le pari opportunità sono meglio affermate, non sono però cancellati alcuni problemi. Il rischio di povertà dei bambini è aumentato nel 2017 e il ritardo con cui il fenomeno è stato riconosciuto, in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, ha già creato milioni di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano, ponendo forse una pesante ipoteca sul loro futuro.

E questi disagi non vedono futuri migliori, soprattutto pensando all’esplosione  che negli ultimi anni hanno avuto i flussi migratori verso l’Europa e l’incremento che essi avranno nei prossimi anni con le guerre ancora in corso. La situazione si aggrava se si considerano anche la mancanza di adeguate politiche di governo del fenomeno a livello europeo e locale, gli “scarica barile” tra una frontiera e l’altra e l’assenza di solidarietà tra gli Stati dell’Unione. A questo si aggiunge l’incapacità di contrastare la crescente “paura per l’invasione dello  straniero” vista come concorrente nel mercato del lavoro e minaccia per la sicurezza. In assenza di interventi appropriati inclusivi il rischio che ci troveremo di fronte è quello di “un progressivo impoverimento ampio e diffuso non solo tra i migranti ma anche tra la popolazione autoctona più debole”, come ci ricorda Stefano Piziali presentando l’indice We World a Milano.

Qui il testo completo del Rapporto

https://www.weworld.it/pubblicazioni/2017/index2017/files/assets/basic-html/page-1.html#

Nadia Bertin

19/05/2017
Nadia Bertin
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