L'ALTRA MILANO/1
Via Padova: tutto e il contrario di tutto

Un serpentone lungo 5 chilometri di nuovo al centro dell'attenzione per il degrado e il disagio sociali. I problemi ci sono e sono evidenti, ma chi ci abita testimonia che le attività di solidarietà e per la riqualificazione della zona si fanno sentire.

Via Padova è diventata davvero un Far West, come in molti vogliono far credere, oppure le problematiche di natura sociale e d’integrazione ci sono sempre state? La domanda è lecita. Soprattutto dopo i recenti fatti di cronaca come l’omicidio di un immigrato sudamericano all’inizio della via, quasi all’angolo con piazzale Loreto. Una realtà che, però, per chi conosce questa zona non è una novità. L’arrivo dell’esercito è un refrain rispetto ad una situazione già vissuta sei/sette anni fa . Ma per l’assessora alla Sicurezza del Comune di Milano Carmela Rozza è un problema prima di tutto di percezione: “La presenza dell’Esercito piuttosto che dei mezzi della Polizia Locale ha questo significato – dice -.  Serve a fare venire meno possibili tensioni sociali o superare paure che sono legate più a motivazioni di ordine psicologico che reale”. Beninteso, non è che i problemi su via Padova manchino. Anche se le statistiche dicono che nel complesso su Milano i reati in genere siano in calo nell’ultimo anno (-8,14%).

“Esiste comunque questione di criminalità organizzata – rimarcaRozza – spesso la delinquenza italiana ha la ‘regia’ e gli stranieri fungono da manovalanza. Qui in via Padova, in effetti, abbiamo un problema pusher extracomunitari ma con il mercato che è condotto dagli italiani”.

Ma le problematiche sono più di natura strutturale e, per certi versi, di lungo corso. Come osserva Leo Spinelli segretario del Sicet Cisl (il sindacato degli inquilini): “In via Padova c’è una “questione sociale” legata a forme di proletariato che subiscono lo sfruttamento dei privati qui il tema almeno in ambito abitativo non riguarda le occupazioni abusive. Il problema piuttosto sono le tante case che i privati hanno dato in affitto creando veri e propri ghetti”.  In altre parole, c’è un tema di ordine culturale, che non è  facile da affrontare. “Anche perché – conclude Spinelli – almeno per via Padova, è improprio parlare di periferie. Ci riferiamo, infatti, ad una zona della città non distante dal suo centro almeno nella sua parte iniziale”.

Cristian Gambarelli in via Padova ci vive da quattro anni. E ribadisce con orgoglio che lui quella scelta la rifarebbe “più che mai oggi”.  “Abito nella zona più tranquilla, probabilmente, quella di Cimiano. Francamente, non vedo tutta questa situazione di degrado. Senza dubbio ci sono casi di povertà diffusa, spesso dovuti anche a forme di sfruttamento da parte di noi italiani. Ma non c’è altro”. E anche sul tema sicurezza aggiunge: “Prendo tutti i giorni la 56 per andare al lavoro e non mi è mai capitato nulla. Certo è innegabile che la presenza degli extracomunitari sia massiccia. Forse, se fossi una ragazza la penserei diversamente. Ma se guardo alla mia esperienza personale non posso essere negativo”. Un giudizio che diventa ancor più positivo, se si guarda al tessuto sociale e alle numerose realtà che operano nella sfera del volontariato. “Io frequento settimanalmente la mia parrocchia a Cimiamo – conferma Gambarelli – fin dagli inizi sono rimasto positivamente sorpreso da questo spaccato”. E’ per questo che non vede di buon occhio l’arrivo dell’Esercito. “Vedere le camionette non fa una bella impressione. Anzi, se devo dirla tutta, mi inquieta. Se fa quest’effetto al sottoscritto, figuriamoci ad un nord africano. Meglio sarebbe impiegare in modo più proficuo la Polizia Locale, istituendo dei servizi di prossimità, magari con un vigile di quartiere. Una figura più discreta ma che darebbe maggior tranquillità ai residenti”.

La testimonianza di Gambarelli si sposa appieno con quella di quei commercianti e del mondo associativo che su Facebook hanno dato vita alla pagina Via Padova Viva – Rigenerare Via Padova con l’obiettivo, appunto, di porre in rilievo le iniziative positive sul territorio.  La “Politica della paura” ai fautori di questa pagina non piace. Anche se, nessuno può nascondere, la presenza di ‘sacche’ di degrado come il ponte della Ferrovia o il parchetto vicino al Trotter.  “Certo – concorda Gambarelli – qui c’è un problema di frequentazioni, ma anche di bisogno di cura e rinnovamento del territorio.  Riqualificare questi spazi, fare in modo che la gente torni a viverli, sarebbe la soluzione migliore”.

Ma la convivenza non è sempre serena. Come riferisce Luigi Sozzi della segreteria FNP CISL Milano Metropoli e responsabile di zona ricordando il ‘fattaccio’ di cronaca capitato su una navetta della 56 ai primi di ottobre. “Al di là dello spiacevole fatto accaduto in quella circostanza ad una signora anziana, presa a male parole da un extracomunitario solo perché chiedeva di sedersi, la realtà è che la 56 è  diventata una specie di zona “franca” dove la maggiore parte dei passeggeri non paga. Chi oblitera il biglietto è ormai considerato un fesso, una mosca bianca. Se si continua a fare finta di niente senza intervenire per ristabilire “una condizione di vivere civile”, la gratuità dei servizi diventerà diritto, prepotenze e soprusi normale convivenza e l’illegalità di casa".

Il tema di fondo secondo Valter Cherubini, portavoce della Consulta Periferie Milano , è l’approccio sbagliato. “Mi sembra di rivivere la situazione del 2010, quando, in via Padova venne ucciso un egiziano. Premesso che stiamo parlando di una strada lunga cinque chilometri dove si concentra tutto e il contrario di tutto, noi allora formulammo al Comune una proposta concreta che, evidentemente, non fu presa in considerazione”. L’Amministrazione, all’epoca era in carica la Giunta Moratti, si impegnò ad attivare entro il 31 maggio una sorta di “gruppo di lavoro interdisciplinare” che coinvolgeva i diversi Assessorati e Dipartimenti del Comune. L’idea era, appunto, una progettualità complessa per via Padova. “Come Consulta – ricorda Cherubini – proponemmo un’operazione del genere con strutture analoghe in tutte le zone di Milano. Alla fine non se ne fece nulla, i Municipi,  peraltro, non assolvono certo a questa funzione. Con il risultato che ancora oggi, vedi i recenti episodi, ci troviamo costantemente a rincorrere l’emergenza e mai a prevenirla”.

13/12/2016
di Fabrizio Valenti
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