INCHIESTA
Non è smart se non include

Il Governo punta su Milano come capitale italiana dell’innovazione. La tecnologia da sola però non basta. Il rischio è che si creino due categorie di cittadini: quelli avvantaggiati dal progresso e gli altri, svantaggiati e esclusi. A che punto siamo, cosa fa il Comune.

I l Governo ha deciso d’investire su Milano. Perché “è la città di riferimento dell’Italia nel mondo”, perché è la più innovativa, perché è la più smart (intelligente). Lo detto chiaramente il presidente del Consiglio Matteo Renzi quando, ai primi di settembre, è salito nel capoluogo lombardo per firmare con il sindaco Beppe Sala “Patto di Milano”, un programma quinquennale ambizioso che dovrebbe rendere la città ancora più bella, efficiente, europea. I principali interventi del Patto (1,5 miliardi di investimenti) sono destinati al prolungamento metropolitano a Monza (linea 1 e 5), un piano sul turismo su modello pubblico-privato e la no-tax area sul sito Expo per attrarre gli investitori stranieri dopo la Brexit.

Per il welfare, Milano si candida a diventare modello per piani contro le povertà e ospitare il Consiglio nazionale del Terzo settore (l’autorità del volontariato, in pratica). Il tutto condito da una massiccia dose di tecnologia che la rende la smart city più all’avanguardia d’Italia: più inclusione sociale, più qualità della vita, più risparmio energetico, servizi più efficienti. Sarà veramente così? Al di là delle buone intenzioni, vediamo come stanno veramente le cose. C osa è stato fatto finora (di smart city si parla da tempo). Da dove si parte, ad iniziare dalla questione centrale dei soldi. Soprattutto quali gli effetti sui cittadini (servizi) e sui lavoratori (primi fra tutti quelli del Comune che con oltre 15mila dipendenti è sicuramente la prima azienda della grande Milano).

FINANZIAMENTI - Con Anci (l’associazione dei comuni italiani) Milano ha promosso l’Osservatorio delle smart city per mettere in comune le diverse esperienze. Mario Savini, dell’Osservatorio, dice che L’obiettivo principale “è far rete tra comuni per fa sì che ci siano scambi di buone pratiche dal più grande al più piccolo” Osserva Mario Savini che si occupa d’innovazione per l’Anci.

“Tutti hanno attivato progetti con modalità diverse, seguendo le linee guida per i comuni che sono anche visibili su www.italiansmartcities.it”. Questo anche per agevolare le amministrazioni locali che hanno scarse competenze in materia di finanziamenti. Dal 2011 fino ad oggi, le principali opportunità intercettate dalle città sono state i bandi promossi dalla Commissione europea, i bandi Smart Cities and Communities lanciati dal Miur nel 2013 e le linee di finanziamento regionali. Metà delle città italiane (fra queste Milano) ha scelto di costituire un dipartimento all’ interno al Comune mentre, ad esempio Torino, ha optato la Fondazione. COSA HA FATTO MILANO - A Milano (come Ferrara e Padova) è stato creato un servizio di trasporti merci in bicicletta (Triciclò), il cestino dei rifiuti intelligente, che ti avverte se è pieno o danneggiato, il sistema Smart Ip, che permette una facile gestione di 130mila punti luce con un risparmio stimato del 15%, fino ad arrivare alla card museale intercittadina lanciata assieme a Torino.

I RISCHI ESCLUSIONE - Uno dei pericoli dell’avanzamento tecnologico è l’esclusione di chi resta indietro nel cosiddetto digital divide. In campo scolastico, è partito il progetto GeoSchool, per trovare l’asilo nido più comodo con una app. Per quanto riguarda il crowdfunding civico, Milano può contare su un finanziamento doppio (90%) rispetto a quello medio italiano (45%). Inoltre sono partiti 5 progetti scelti direttamente in Rete e con un contributo di 100mila euro da parte dei cittadini con Palazzo Marino che si è impegnato a mettere il resto dei soldi per farli partire. Si tratta di So Lunch (mette in contatto chi vuole pranzare in compagnia mo questa estate non ha mai sentito parlare di sharing economy, che è uno degli aspetti cardine della smart city. “C’è molta reticenza - dice Paolo Martinello, della Fondazione Altroconsumo - perché la fiducia è una base su cui si fondano i modelli di economia collaborativa, che secondo noi porta nuovi posti di lavoro”. Tesi suffragata dai dati danesi (la prima economia smart d’Europa) che vedono in 10 anni in aumento del 60% degli occupati nelle aziende attive nel mercato smart cities (20mila impiegati). Eppure da noi la metà degli utenti ha paura di mettere la carta di credito online per usufruire dei servizi smart, il 21% dei cittadini dice che il settore è troppo giovane e senza regole e uno su 4 sta alla larga da sistemi digitali “troppo complicati”. Questione di fiducia anche per chi si tiene lontano dal co-working: le barriere al suo utilizzo riguardano il timore sulla sicurezza dei dati aziendali (secondo il 58% dei manager). Per questo il comune di Milano (con Airbnb e Altroconsumo) ha pensato a iniziative e corsi per over 50 affinché tutti colgano le opportunità delle nuove tecnologie.

I corsi si terranno al FabriQ, il primo punto di innovazione sociale del Comune (Via Val Trompia 45/A, tel: 023558345). Ora che il Comune ha anche un assessore alla Trasformazione digitale e ai Servizi civici Roberta Cocco, l’obiettivo è “banda larga e wi-fi dappertutto e rinnovamento del grande sito web comunale da cui si potrà pagare le multe e scaricare certificati”. A ottobre si parte con la carta d’identità elettronica per tutti.

ISOLE DIGITALI E LAVORO – Veniamo ai successi certi e ai punti controversi. Per molti la smart city è già un’evidenza grazie alle Isole digitali a Milano. Partite nel 2013 in diverse zone della città, sono 28 postazioni con wi-fi gratuito e veloce, panchine in legno dotate di colonnine per la ricarica dei dispositivi elettronici (pc, smartphone, tablet), un totem touch-screen di ultima generazione dall’utilizzo intuitivo con supporto multilingue (italiano e inglese) e barre di ricarica per veicoli elettrici. Molte fungono anche da ritiro e riconsegna delle equomobili di ShareN’Go, il servizio di car sharing elettrico attivo a Milano. Per una innovazione acclamata, ce n’è un’altra che fa discutere. Lo smart working, lavorare fuori dal proprio ufficio per ristabilire equilibrio fra vita privata e ruolo pubblico, ha ancora potenzialità inespresse. Gli spazi di coworking accreditati dal Comune a Milano sono in crescita (40 al momento), la giornata del lavoro agile di febbraio ha visto 10mila lavoratori scegliersi il posto più comodo, ma al Comune di Milano, prima azienda cittadina, sono ancora esperimenti sporadici.

La Fp Cisl Milano ha fatto clamore chiedendo che lo smart working fosse un’opportunità aperta a tutti, con massima flessibilità di orario e modalità operative a parità di risultato delle prestazioni e dello stipendio. Il sindacato si è opposto alla sperimentazione nei soli settori dell’Avvocatura e della direzione Sport e Benessere, all’ orario standard di lavoro vincolato (dalle 9 alle 17) con copertura assicurativa limitata a quelle ore.

No anche alla ridotta possibilità di fruire i tre giorni concessi in un solo mese senza alcun accumulo. In altre parole l’Amministrazione comunale organizza convegni, promuove le giornate del “Lavoro agile” ma poi quando si tratta di applicarlo alla sua organizzazione del lavoro arrivano i problemi. Eppure, come sostiene Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart working del Politecnico di Milano da “una piena adozione in potrebbe far risparmiare complessivamente 37 miliardi di euro al Sistema Paese, grazie a maggiore produttività e qualità del lavoro, minori costi di gestione, migliorando nel contempo la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti. Inoltre, l’introduzione del lavoro da casa e la conseguente riduzione degli spostamenti potrebbero produrre risparmi economici per i cittadini pari a circa 4 miliardi di euro e a una riduzione di emissioni di CO2 pari a circa 1,5 milioni di tonnellate l’anno”.

Per consultare la storia di copertina completa, con dati e interviste a esperti e politici, leggete il numero di JOB http://jobnotizie.it/dettagli_riviste/34/Job-IlMagazine-ottobre-2016

06/10/2016
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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