LAVORO
Voucher, è l'ora di cambiare

Esplode il caso dei buoni lavoro ormai usati prevalentemente per coprire forme di precariato assoluto, in tutti i settori produttivi. E' urgente rivedere le regole e aumentare i controlli. Su Job in distribuzione tutti i numeri, le analisi, le proposte, le storie.

Si fa un gran parlare negli ultimi tempi dei voucher lavoro. Del boom degli ultimi anni e, soprattutto, dell'uso distorto che se ne sta facendo tradendo la finalità per cui sono nati nel 2003: per regolare determinate e limitate  forme di lavoro saltuario. Invece, l'aumento vertiginoso delle vendite è coinciso con l'uso distorto dei voucher stessi  tanto da richiedere un intervento urgete per riportare l'utilizzo nell'ambito previsto

"I voucher sono “un modo per coprire realta’ di precariato assoluto, che non sono conciliabili con la loro natura”. Lo ha detto anche  la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, invocando la rivisitazione delle regole e l’attivazione di “controlli molto seri rispetto al loro utilizzo improprio, cosi’ diffuso in tutti i settori, in modo particolare nell’edilizia, nell’agricoltura e nel commercio”.
“Ormai in tutti i settori – ha proseguito – e’ un dilagare di voucher e quindi i controlli sono assolutamente necessari, a tutela della dignità del lavoro e della vita. Ci vuole grande rispetto delle regole e grande prevenzione e controllo affinche’ le regole vengano rispettate”, ha concluso Furlan..

Job, proprio nel numero in questi giorni in distribuzone, ha dedicato la storia di copertina ai buoni lavoro.I dati del fonomeno, le storie, i commenti, i numeri, le proposte del sindacato. Potete trovare tutto cliccando qui o andando direttamente su www.jobnotizie.it o www.cislmilano.it. Di seguito l'articolo introduttivo di Mauro Cereda.

E’ boom dei buoni lavoro, o voucher per dirla all’inglese. Soltanto nel primo semestre del 2015, in Italia, ne sono stati venduti quasi 50 milioni, un numero destinato a superare i 69 milioni dell’intero 2014. Introdotti nel 2003 per regolare alcune forme di lavoro saltuario (in agricoltura all’inizio, successivamente con la riforma Fornero anche in altri settori), sono ormai diventati una delle forme più utilizzate dagli imprenditori per pagare i lavoratori. La verità è che questa crescita abnorme (nel 2008 ne erano stati venduti poco più di 535mila), appare come un tentativo (riuscito) di aggirare i contratti, aumentando la flessibilità e la quota di lavoro “nero”. Con i relativi risparmi sul costo del lavoro.
Cosa sono
I voucher sono buoni dal valore nominale di 10 euro emessi dall’Inps ed equivalgono al compenso di un’ora di lavoro. In realtà il lavoratore incassa 7,50 euro netti: la parte restante serve, in particolare, a coprire i costi della copertura Inail e per la contribuzione alla gestione separata dell’Inps. Di fatto, chi viene pagato in voucher è “a posto” dal punto di vista assicurativo e previdenziale (anche se la quota è irrisoria), ma non gode di alcuna tutela in termini di tredicesima (o quattordicesima), malattia, ferie, permessi, maggiorazioni per il lavoro festivo. Tutto ciò poteva andare bene secondo lo spirito iniziale del provvedimento (regolamentazione di prestazioni saltuarie e occasionali), ma non è accettabile, secondo i sindacati, per l’uso (l’abuso) che se ne fa oggi. Formalmente un lavoratore non può superare il limite di 7.000 euro netti all’anno pagati con i voucher (2.000 per ciascun committente), ma questo divieto è facilmente aggirabile con la parte di retribuzione “sommersa”. I voucher si possono acquistare in via telematica, in banca, in tabaccheria, presso le sedi Inps o negli uffici postali.
Chi li usa e in quali settori
I voucher possono essere utilizzati da vari committenti: famiglie, aziende, imprese famigliari, imprese di tutti i settori, enti senza fini di lucro, enti pubblici: praticamente da tutti. Ne possono usufruire pensionati, studenti, lavoratori part-time, inoccupati, autonomi, pubblici e privati, persone che godono di integrazioni al reddito (per loro il limite scende a 3.000 euro netti annui percepibili). Secondo un’indagine dell’Inps in Lombardia (2014) il commercio assorbe il 21,4% dei voucher, seguito dai servizi (17,4%), dal turismo (11,2%), da giardinaggio e pulizia (7,8%), dalle manifestazioni sportive e culturali (6,6%). Oltre all’ampia fetta delle attività non classificate (23,3%), in cui  ci può stare di tutto (ad esempio l’edilizia, che è uno dei comparti sotto osservazione), fa specie che l’agricoltura (cioè l’ambito per cui erano stati pensati) rappresenti solo l’1,1% del totale.
“Non è un mistero per nessuno l’uso distorto dei voucher – spiega Luigino Pezzuolo, segretario generale della Fisascat Cisl milanese -, soprattutto nel turismo, nei servizi, nell’assistenza alla persona. Molti lavoratori vengono pagati parte in nero e parte in voucher, così in caso di controlli c’è il buono pronto da esibire. I voucher sono utilizzati  anche per aggirare i contratti nazionali che, pure, nei nostri settori prevedono un’ampia gamma di flessibilità. Serve una stretta”.
Il sito “linkiesta” ha scoperto che ai voucher ricorrono anche i Comuni per prestazioni come i servizi funebri, la cura del verde, la manutenzione degli edifici scolastici, la sistemazioni degli archivi.
Quanti ne vengono venduti
Nel 2014 in Italia sono stati venduti oltre 69 milioni di voucher. In Lombardia, ben 10,7 milioni con il coinvolgimento di 144mila lavoratori (dati Arifl). Escludendo quelli impegnati nella vendemmia, quelli alle prese con qualche attività occasionale e gli studenti che danno ripetizioni, viene qualche dubbio su cosa facciano gli altri e, soprattutto, perché non siano assunti con altre modalità contrattuali. E’ il caso dei quasi 39mila addetti nel commercio, i 24mila nei servizi, gli oltre 22mila nel turismo. Restando nei confini regionali, l’area che compra più voucher è il milanese (3,2 milioni nel 2014, erano un milione nel 2012, fonte Inps), seguita da bresciano (1,7 milioni), bergamasca (quasi 1,3 milioni) e varesotto (quasi 1,1 milioni). Per quanto riguarda i canali di vendita (il numero è nazionale, relativo al 2014), il più gettonato sono le tabaccherie (37,3 milioni), che precedono  gli uffici postali (11,2 milioni) e  le sedi dell’Inps (9,2 milioni).

27/04/2016
di Mauro Cereda
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