METALMECCANICI
"Questo contratto ce lo meritiamo proprio"

Tra i delegati che hanno partecipato all'attivo di Fim, Fiom e Uilm  della Lombardia : "In fondo noi facciamo ancora oggi gran parte dell’economia italiana. E spesso siamo lasciati per ultimi. Per questo lottiamo".

L’occasione era particolarmente attesa. Per la prima volta dopo mesi di battaglie separate, i tre segretari generali nazionali Marco Bentivogli (Fim Cisl), Maurizio Landini (Fiom Cgil) e Rocco Palombella (Uilm Uil) hanno ricompattato il fronte dei metalmeccanici italiani. Al teatro Carcano di Milano, grande folla, delegati e operai arrivati da tutta la Lombardia per l'attivo unitario regionale a sostegno del rinnovo del contratto.


Bentivogli ha subito detto che non si tratta di una lotta singola: “Con noi per la prima volta ci sono anche i lavoratori del pubblico impiego che aspettano un rinnovo da 7 anni. E poi c’è il tremendo ostruzionismo di Federmeccanica. Nel momento del rinnovo più critico della nostra categoria, abbiamo trovato un blocco”.

Un pensiero condiviso da molti degli operai che abbiamo sentito a margine del dibattito.

I GIOVANI DI MONZA BRIANZA

Matteo è arrivato da Monza con una delegazioni di giovani. Sono tutti uniti nelle loro idee al momento. Chissà se sanno che le cose non sono state sempre così in passato. Però rivelano un grande senso di appartenenza alla categoria e un grande orgoglio di essere in un settore produttivo che reclama dignità. “Sono attivista ma sono appena stato eletto e non ho molta esperienza. A noi che siamo più giovani sembra che il percorso si sia arrestato. Dal 2008 per quanto io ho visto si era cercato di marciare assieme. Adesso è dura sia per le idee da abbracciare unitariamente sia per l’imprenditoria che è molto ferma nelle sue posizioni. La forza unitaria che stiamo esprimendo oggi stando qui ci deve far ben sperare. Essendo io in un’azienda che ha un’età media di lavoratori molto avanzata mi son voluto far carico a 29 anni di questa responsabilità. E mi è piaciuto”.

LUCA, RABBIA MITE

Luca ne ha viste tante durante la sua vita da operaio. Arriva dal Sud, si è trasferito in Lombardia per cercare fortuna. Pensava che la paga da operaio gli potesse assicurare una vita dignitosa. Lo è stato fino a un certo punto.Oggi ci parla con rabbia mitigata solo dalla rassegnazione di chi pensa di aver superato cose anche peggiori. "Speriamo che dopo questo incontro le cose cambino. Siamo bloccati per la posizione della Federmeccanica spero che ci sia la volontà unitaria di procedere con la forza di tutti. Vedo che c’è un’unità ora aspettiamo il cambiamento. Sono nel direttivo di un’azienda che è stata illustre nella metalmeccanica a Como. Il nocciolo del rinnovo per noi è salariale, davvero, perché non si può accettare di non avere il massimo che ci meritiamo. Il fatto di non presentarsi unitariamente ci ha penalizzato e negli anni ha dato un vantaggio alle controparti per non ottenere niente. L’Italia non è solo terziario. Ci si dimentica degli operai: in fondo noi facciamo ancora oggi gran parte dell’economia italiana. E spesso siamo lasciati per ultimi, per questo lottiamo".

HASSAN IL COMBATTIVO

A 32 anni Hassan e da 6 anni fa il delegato. È davvero un personaggio interessante, lotta, si è fatto una posizione dignitosa, ma ha visto molti dei suoi conterranei abbandonare il campo. La metalmeccanica in questi anni ha messo fuori parecchi operai immigrati che erano stati assunti durante il boom. “Sono delegato in questa azienda dove facciamo motori elettrici per molti clienti. Eravamo un migliaio quando sono arrivato nel 2004, oggi siamo 300. Io sono della Costa d’Avorio e mi hanno subito individuato come portavoce, mi sono sentito di far parte della Rsu perché quando sono arrivato c’erano molti extra-comunitari, anche se io preciso di voler rappresentare tutti. Non siamo sempre uniti sullo stesso obiettivo. Nella mia azienda ci sono 4 organizzazioni e tutti la pensano diversamente su alcune questioni. Noi abbiamo attraversato una rivoluzione, oggi il delegato ha un ruolo molto impegnativo. Il lavoro non c’è e bisogna cercare di mantenere quello che c’è e inventare qualcosa, proporre. Non è come nella rivoluzione industriale. Siamo indietro come riconoscimento salariale, aspettiamo finalmente che firmino tutti dopo un paio d’anni di grandi separazioni. Ci sono anche dei cambiamenti da parte dello Stato che non ci piacciono. I  cambiamenti sui diritti dei lavoratori. Noi che lavoriamo sulla catena di montaggio non ci divertiamo mica, sai. Toccare le pensioni, gli infortuni e i rischi del mestiere, come gli viene in mente? Io mi vedo a 60 anni in queste condizioni? Devo capire come sarò, come sarà il lavoro e bisogna prendere in considerazione queste prospettive. Il governo deve prendere in considerazione le nostre richieste. Il forno, la catena, sono cose pesanti. Lo statuto dei lavoratori serve a questo, alla tutela. Gli stipendi fermi e la vita che aumenta complicano la situazione”.

LA SFIDA GLOBALE

Gabriele, 47 anni, si è fatto la levataccia per arrivare in tempo al Carcano. Lo stavano lasciando fuori perché la capienza era oltre il limite. Lo abbiamo visto lottare anche per entrare a sentire i propri delegati spiegare la loro posizione. È un operaio, Gabriele, che si dichiara appassionato di economia. E ha una visione molto critica della globalizzazione: “La nostra azienda in anni di ammortizzatori sociali ha utilizzato 20 milioni di budget. Non mi dire che non si sarebbero potuti impiegare per migliorare le condizioni di chi c’era e crearne altre per assumere. In questo caso lo Stato italiano ha legalizzato la fuga. Perché ha incentivato gli imprenditori ad andarsene in Cina o all’Est dell’Europa e non si è fatto nulla per trattenerli. Pensa che nella mia fabbrica hanno perso il posto moglie e marito, sono delle situazioni tragiche. E le promesse che sentiamo in tv non servono a niente”.

07/04/2016
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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