Faccia a Faccia
Se un contratto tira l'altro

Intervista con Angelo Colombini, segretario generale della Femca (i chimici della Cisl). Loro l'accordo per il rinnovo contrattuale l'hanno trovato da mesi: ora tocca alle altre categorie chiudere le trattative.

“Il nostro contratto ha fatto da apripista, è stato propedeutico all’accordo di Cgil, Cisl, Uil  sulla riforma del sistema contrattuale”. Angelo Colombini, magentino, da pochi mesi è segretario generale nazionale della Femca, il sindacato dei chimici della Cisl. Il nuovo contratto di lavoro nazionale, siglato con Federchimica e Federfarma,   risale all’autunno scorso, riguarda 170mila lavoratori che con un’adesione altissima , 85%, hanno approvato la proposta dei  sindacati. Le novità pratiche per gli interessati sono tante e importanti ma, prima di passarle in rassegna, Colombini insiste sul “significato politico” del rinnovo: “Noi, d’intesa con le rispettive confederazioni, saremo andati avanti lo stesso,  anche perché il l’accordo, lo abbiamo di fatto costruito anno dopo anno  insieme alla controparte. L’intesa Cgil, Cisl, Uil  conferma e rafforza la nostra impostazione in quanto non è, come qualcuno sostiene, la somma delle posizioni delle tre confederazioni  ma il risultato di una buona mediazione  politica che ha prodotto la posizione unitaria, fondamentale per confermare il ruolo del sindacato su questa materia. Ora sta a Confindustria, e al Governo, aprire il confronto.”

Veniamo ora merito del nuovo contratto dei chimici-farmaceutici: “ Per effetto della deflazione – spiega il segretario della Femca- avremmo dovuto ridare indietro 70euro: la compensazione ci sarà con la rinuncia al pagamento della festività per Pasqua.  Altra novità importante è l’istituzione del ‘delegato alla formazione’ che avrà il compito di definire, azienda per azienda,  programmi condivisi.  Nelle aziende  con più di 50 dipendenti  sarà costituito un Osservatori per monitorare le relazioni sindacali. Aumenta poi la quota di partecipazione delle aziende a Fonchim (il fondo previdenziale di categoria a cui aderisce l’85 degli aventi  diritto)  e aumenta anche il gettone di presenza  per i turni notturni.  Infine:  il premio di produzione se si superano le 220 ore, passa dal livello nazionale a quello aziendale per poter usufruire dei vantaggi della decontribuzione (un’aliquota del 10% invece che del 27);  l’aumento dei minimi salariali (circa 90 euro nel triennio di durata del contratto), a partire dal 2017, sarà sottoposto  a verifiche annuali”

Per concludere la chiaccherata con Colombini non può mancare una battuta sul caso Eni che sembra intenzionato a dismettere le attività industriali in Italia “per dare un giudizio definitivo aspettiamo il piano industriale che dovrebbe essere presentato a  breve.  Nella sostanza  Eni sostiene che con il passaggio del costo del barile da 100 a 50 dollari non è più in grado di confermare gli investimenti concordati e che intendere vendere le proprie quote a un Fondo d’investimento americano. Siamo seriamente preoccupati perché solitamente  questo operazioni hanno finalità esclusivamente finanziare e limitate nel tempo. Il rischio principale è lo “spezzatino” delle attività industriali che attualmente fanno capo a Eni e che rappresentano il perno della politica energetica del Paese.  Le nostre proposte sono:  intervento della Cassa depositi e prestiti, cioè lo Stato, in caso di disimpegno del Fondo americano; coinvolgimento nell’operazione di alcuni imprenditori del settore italiani. Che  ci sono e sono disponibili.”

21/03/2016
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