LA PREVIDENZA
Non ci sono pensioni per i giovani

Dopo l’allarme lanciato dall’Inps e Censis (il 65% dei futuri pensionati avrà un assegno sotto i mille euro) si cerca di correre ai ripari.

Se non fosse intervenuta la legge di Stabilità da gennaio, i trattamenti pensionistici avrebbero subito una diminuzione perché il conguaglio sarebbe stato negativo. In un contesto sempre più preoccupante, per fortuna si è scongiurata questa ipotesi.

Il “rimando” del prelievo (al 2017) è una delle ultime novità. Ancora oggi si scontano gli effetti della famigerata riforma Fornero (dicembre 2011) ma la decisione più duratura è stata un’altra: anche se la variazione dei prezzi, utilizzata come riferimento per la rivalutazione degli assegni previdenziali è risultata negativa, le erogazioni non potranno diminuire. Salvo proroghe, il 2016 sarà anche l’ultimo anno in cui sarà applicato il contributo di solidarietà (pari al 6/12/18%) alle pensioni di importo superiore a 14 volte il trattamento minimo (91.343,98 euro).

E poi, dal mese di febbraio le pensioni torneranno ad essere accreditate al primo del mese, tranne se festivo (il 3 per ottobre 2016).

È stata cancellata la penalizzazione per chi è andato in pensione anticipata prima dei 62 anni di età (1% per ognuno dei primi due anni e 2% per ogni ulteriore anno) nel triennio 2012-2014. La riduzione era già stata eliminata per il 2015, ma non per chi era andato in pensione dal 2012 al 2014. Ora l’abbuono viene esteso a tutti, ma solo con effetto dagli assegni del 2016 e quindi senza però corrispondere gli arretrati per gli anni

precedenti.

Grazie alla pressione dei sindacati confederali si è ottenuta anche la modifica della cosiddetta “opzione donna”, cioè della possibilità, per le lavoratrici, di andare in pensione a 57 o 58 anni e 3 mesi (se dipendenti o autonome) con 35 anni di contributi, a fronte del calcolo dell’assegno con il sistema contributivo invece di quello misto. Rispetto a quanto previsto finora, le interessate dovranno maturare i requisiti, e non più la decorrenza della pensione, entro la fine del 2015. Secondo le stime saranno 32.800 le lavoratrici che sfruttando questa possibilità “opzione donna”, andranno in pensione tra il 2016 e il 2018, a cui se ne aggiungeranno altre 3.250 circa che, pur potendo smettere di lavorare già quest’anno, per loro scelta andranno in pensione successivamente.

La equiparazione, a partire dal 2016, della “non tax area” dei pensionati di età non inferiore a 75 anni e l’aumento dell’attuale soglia per i pensionati di età inferiore a 75 anni consente di dare una risposta, seppure parziale, alle aspettative di riduzione del carico fiscale dei pensionati.

DA PRECARI A POVERI

Ma il problema è anche di chi in pensione ancora non c’è. Che ne sarà della generazione “mille euro”? Il 65% dei lavoratori dipendenti di 25-34 anni andrà in pensione con meno di mille euro. In molti quindi si troveranno ad avere dalla pensione un reddito più basso di quello che avevano a inizio carriera. Lo dice una ricerca del Censis che li indica come “fortunati”, cioè 3,4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard. Poi ci sono 890.000 giovani 25-34enni autonomi o con contratti di collaborazione e quasi 2,3 milioni di Neet, che non studiano né lavorano. Se continua così, i giovani precari di oggi diventeranno gli anziani poveri di domani.

REGIME “SCOLLEGATO”

Il regime contributivo puro cozza con la reale condizione dei millennials (i giovani di 18-34 anni) in quanto il 61% di loro ha avuto finora una contribuzione pensionistica intermittente, perché sono rimasti spesso senza lavoro o perché hanno lavorato in nero. Solo il 35% degli italiani ha paura di invecchiare, la paura è la non autosufficienza (41%) che per la metà della popolazione significa entrare nella soglia di povertà.

ASSISTENZA

Pensiamo dunque alla vecchiaia, come ci chiedono gli esperti. In Italia ci sono 700mila badanti, per metà regolarmente registrate presso l’Inps e costano 9 miliardi di euro all’anno alle famiglie. Una spesa che non appare più sostenibile. Sono 120mila le persone non autosufficienti che hanno dovuto rinunciare alla badante per ragioni economiche. Infatti, 333mila famiglie hanno utilizzato tutti i risparmi per pagare l’assistenza a un anziano non autosufficiente, 190mila hanno dovuto vendere l’abitazione (spesso la nuda proprietà) per trovare le risorse necessarie, 152milasi sono indebitate per pagare l’assistenza.

I NUMERI

15,7% del Pil assorbito dalla spesa previdenziale tra il 2010 e 2015

21 milioni le pensioni pagate dall’Inps ogni mese in Italia

40% dei pensionati attuali riceve meno di mille euro

330mila le famiglie che hanno speso tutto per farsi assistere da una badante

Leggi gli allegati dell'esperto previdenziale Angelo Martinelli

12/02/2016
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
ALLEGATI
Previdenza complementare
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