VIAGGIO IN SICILIA
Immigrati: questione di tempo

Da Milano ad Agrigento (e poi a Lampedusa) una delegazione  di Fisascat e Anolf per incontrare  sindacalisti, operatori, amministratori, gente del posto. Per capire cosa succede veramente in prima linea  e come intervenire.

Circa 260.000 immigrati a Milano, 11.000 gli stranieri sui 31000 iscritti della Fisascat dell’area metropolitana, questo ci raccontano le statistiche: d'altronde, basta affacciarsi dalla sede della categoria o dallo sportello Anolf di via Benedetto Marcello per rendersi conto, anche solo visivamente, del fenomeno.

Se poi procediamo poche centinaia di metri più in là, verso la Stazione Centrale, da diversi mesi a questa parte ci accorgiamo di un nuovo flusso ininterrotto di migliaia di persone che vi transitano con destinazione o arrivo dal nord Europa.

Quali sono i problemi reali di questa particolare categoria di migranti, che sbarcano sulle coste italiane e che poi, in gran parte, ritroviamo a Milano? Per capirlo, una delegazione della Fisascat e dell’Anolf ha deciso di spingersi fino in Sicilia.

“Accompagnati da Maurizio Bove, presidente dell’Anolf milanese, siamo partiti, come segreteria, alla volta di Agrigento e Lampedusa. Una ‘visita al fronte’ – dice Luigino Pezzuolo, segretario generale della Fisascat meneghina - per renderci conto in prima persona di cosa succede e, soprattutto, di che cosa si può fare: là, direttamente, e qui da noi”.

Una serie d’incontri con i dirigenti locali della CISL, dell’Anolf e della Fisascat, con il direttore della Caritas di Agrigento e le visite a due strutture riservate, rispettivamente, alla prima e alla seconda accoglienza dei richiedenti asilo, il Cas Villa Sikania di Siculiana e il Villaggio Mosè di Agrigento, hanno permesso alla delegazione milanese di fare il punto della situazione.


“Due – è ancora Pezzuolo che parla – sono i problemi principali emersi. Il primo, tutto italiano, riguarda le gestione dell’accoglienza, relativamente alle strutture, alla formazione, e all’integrazione con la popolazione locale, soprattutto in un territorio già seriamente compromesso dalla crisi economica e dai fenomeni diffusi del sommerso e del lavoro irregolare. La gestione del tempo, però, è la priorità delle priorità. Per ottenere un colloquio con la Commissione che esamina le richieste di asilo trascorrono circa 12 mesi e si arriva a 18 o addirittura 24 mesi per l’esito definitivo. E nel frattempo, cosa fanno queste persone, soprattutto nei primi 6 mesi, quando per legge neppure possono lavorare?”.

I tempi lunghi e una gestione ancora oggi emergenziale del fenomeno, comportano sprechi a carico della collettività, con l’aggravante di  possibili intromissioni da parte del malaffare o di chi semplicemente vuole lucrare sulla disperazione, come dimostrato dalle recenti indagini su Roma Capitale.


Spostandosi a Lampedusa è emerso invece il secondo tema, ovvero il contrasto tra le criticità di una piccola realtà che vive ogni giorno l’isolamento dal continente e le problematiche e i drammi di un flusso migratorio di scala mondiale.

La delegazione milanese ha parlato con Mariella Lo Bello, vice presidente della Regione Sicilia, con il sindaco Giusi Nicolini e il suo vice Damiano Sferlazzo, con il parroco don Mimmo Zambito e padre Giorgio Casula.

“Ci siamo anche incontrati con un’associazione locale con venature leghiste e non proprio in linea con lo spirito dell’accoglienza – insiste Pezzuolo -. I problemi che emergono sono reali, ma rischiano di essere cavalcati strumentalmente: primo tra tutti, l’identificazione dell’isola con gli sbarchi e la paura degli abitanti che questo possa frenare l’arrivo dei turisti. Don Mimmo ce lo ha detto chiaramente: ci piacerebbe molto organizzare attività d’integrazione tra immigrati e locali ma è difficilissimo per problemi oggettivi da entrambe le parti: gli isolani sono per definizione, cultura e storia chiusi, per quanto sempre disposti a salvare i migranti in nome dell’ancestrale “legge del mare”; la maggior parte degli immigrati, d’altro canto,  vive la presenza sull’isola come momento di passaggio, nell’attesa di raggiungere la meta del loro viaggio”.

Eppure qualcosa bisogna fare. “Si dovrebbe innanzitutto partire da una dimensione europea – spiega Maurizio Bove - superando il regolamento di Dublino e favorendo una distribuzione dei richiedenti asilo più equilibrata, che tenga conto del reale progetto migratorio di queste persone. Nell’immediato, bisogna invece trovare strumenti per intervenire nel concreto: ad esempio introducendo forme di volontariato alternate a percorsi di  formazione e di aggiornamento professionale, per favorire il processo di integrazione nel territorio, fin dai primi mesi nei quali il richiedente asilo non può lavorare.


Abbiamo apprezzato la passione che tutti gli attori hanno espresso nel raccontarci la situazione – conclude Bove -, ringraziamo le strutture sindacali agrigentine e riteniamo che si debba meglio sfruttare anche queste occasioni per promuovere l'immagine positiva del nostro paese, perché i migranti, anche di solo transito di oggi potranno essere i turisti del domani”.

Per giugno è previsto un “evento di restituzione” presso la Cisl di Milano, durante il quale verrà data voce anche ad alcuni dei testimoni incontrati in questo viaggio.

A questo link trovi il servizio del Tg di Europa News

14/05/2015
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