LA CLASSIFICA DELLE REGIONI
Sanita' lombarda, brutti voti in pagella

In testa la Toscana con 214 punti su 225 che scavalca l'Emila (204). La Lombardia crolla dal secondo al sesto posto parimerito con la Liguria (187 punti). Perchè questo arretramento? il mitico modello lombardo si è definitivamente sgretolato? E soprattutto, cosa si può fare per rimettere in equilibrio il sistema?

In queste settimane abbiamo appreso  come si sono comportati i sistemi sanitari di alcune regioni nel 2013. Dalle cure agli anziani ai tassi di vaccinazione, dai ricoveri ospedalieri appropriati a quelli non appropriati, dagli esami come la risonanza magnetica ai controlli sulla sicurezza del lavoro, dallo screening al seno alla prevenzione dei tumori colon retto. In tutto sono stati scelti 31 livelli essenziali di assistenza (Lea), cioè le prestazioni che tutte le regioni dovrebbero garantire ai loro cittadini, e un tavolo ministeriale, a cui partecipano le regioni e la loro agenzia nazionale Agenas,. ha verificato il modo in cui questi Lea sono stati erogati
Il punteggio massimo più alto ottenibile è 225 . La Toscana con un scatto significativo ha toccato 214 e in un anno ha scavalcato l'Emilia (204), diventando la prima in classifica. La lista delle regioni è quasi completa anche se mancano all’appello Bolzano, Trento, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e Sardegna, che sono a statuto speciale. Dopo la Toscana incontriamo alcune sorprese. La prima riguarda la Lombardia. Almeno secondo gli indicatori in questione, non è più tra le realtà migliori della sanità italiana. In due anni, dal 2011 al 2013, è passata dal secondo al sesto posto a pari merito con la Liguria (scesa da 195 a 187 punti). Salgono invece dal nono al quarto posto le Marche e sorprende anche la crescita del Piemonte, terzo in solitudine malgrado sia una regione sottoposta al piano di rientro. Anche il Veneto si trova stabilmente nella parte alta della classifica. L'Umbria invece arranca con fatica. Nelle ultime posizioni ci sono le realtà del Sud, con la Campania che pur avendo un punteggio in crescita non riesce a lasciare l'ultima posizione. Ormai è rimasta l'unica sotto la soglia dei 130 punti, quella fatidica sotto alla quale si è considerati inadempienti. Fino a 160 un si con riserva e sopra si è adempienti. Non si può fare a meno di notare che le regioni messe peggio in questa graduatoria sono anche quelle con i bilanci più disastrati e allo stesso tempo con una spesa maggiore per il personale.
In merito a questa classifica pubblicata da alcuni organi di informazione il Ministero della sanità ha tenuto a precisare che “i dati diffusi oggi sono provvisori e la verifica ancora in corso”, e in particolare “tutte le rilevazioni relative alle regioni in piano di rientro sono da considerare provvisorie in quanto le stesse regioni hanno tempo fino al 10 marzo per presentare integrazioni documentali”. Non si tratta ancora di una vera e propria classifica definitiva ma ci offre uno spaccato della qualità dei nostri servizi sanitari in Italia.
Non dimentichiamo mai che la sanità italiana resta ancora tra le migliori al mondo , nonostante ci si debba confrontare con una situazione economica difficile. E questo arretramento della Lombardia non mi ha sorpreso più di tanto. Da mesi vado ripetendo che non si possono fare le nozze coi fichi secchi. Le regioni dove la sanità funziona meglio non possono continuare a perseguire (e accettare) la strada dei tagli lineari. Oggi è concreto il rischio che a pagare siano solo le fasce più deboli della popolazione che già soffrono per tagli di servizi e prestazioni, a fronte di un aumento esponenziale delle tasse di riferimento. Il tutto mentre continuano a proliferare sprechi, sperperi, inefficienze e corruzioni. Gli ultimi tagli lineari di  oltre due miliardi di euro al fondo sanitario nazionale rischiano di dare un duro colpo al nostro sistema socio sanitario.
Solo pochi mesi fa  la Corte dei Conti aveva lanciato un allarme, nella relazione sulla gestione finanziaria per il 2013, sul rischio che nel medio periodo, senza investimenti, molte regioni possano non essere più in grado di assicurare l'assistenza minima. Stiamo arrivando al punto di non ritorno. La sanità ha già dato, non è più possibile continuare con i soliti tagli lineari e indiscriminati. Basta con la balla che in Italia si spende troppo. L’Italia ha i conti sotto controllo, e spende il 2% in meno degli altri Paesi europei, per non parlare degli Usa dove si spende il doppio per la sanità. In questi anni la sanità ha già dato molto, troppo in termini di riduzione di budget e non è più possibile tagliare ancora senza rischiare di far saltare un sistema sanitario che molti nel mondo ci invidiano.
Ho sempre sostenuto e continuo a sostenere che la sanità non è solo bilancio , ragioneria e costo come si è pensato negli ultimi dieci anni, ma è una grande opportunità di investimento, ricerca e lavoro: un bene di tutto il Paese.
Da qui occorre ripartire se vogliamo garantire la sostenibilità sociale del nostro pianeta “welfare” di tipo universalistico. Le priorità sono altre. La prima che si può definire "da qui non esce uno spillo": con la lotta senza quartiere a corruzione e ruberie, con l’applicazione “non pilotata” dei costi standard per abbattere i veri sprechi delle regioni, e ogni euro risparmiato in sanità deve restare in sanità.
Altra priorità non rimandabile è quella della digitalizzazione del sistema, a partire dal fascicolo sanitario elettronico che richiede una rivoluzione informatica dal basso, a partire cioè dai medici di base fino alle regioni e ai ministeri, sia chiaro con sistemi di interoperabilità che siano in grado di comunicare tra di loro e in Europa.
La medicina transfrontaliera arriverà tra pochissimo e vorrei capire come la affronteremo senza l'aggiornamento dei Lea, senza l'innovazione tecnologica, senza la diffusione sistemica del digitale, senza il riordino delle professioni sanitarie, senza una legislazione sulla responsabilità medica e sanitaria che sono il vero banco di prova della modernizzazione del sistema.
Sono tutti elementi che possono produrre risparmio e risorse al tempo stesso, poiché metteranno un freno definitivo alla medicina difensiva dei medici, contribuiranno al nuovo rapporto fra ospedale e territorio, alla definizione di profili professionali moderni, e infine immetteranno innovazione tecnologica in un sistema di già riconosciuta qualità ma incredibilmente arretrato su telemedicina, raccolta di dati, utilizzo delle informazioni sanitarie in rete.
La terza priorità riguarda il rapporto stato e regioni , perché non si può andare avanti con 21 sistemi regionali difformi che rischiano di mettere in discussione l'uguaglianza delle prestazioni e le pari opportunità dei cittadini nel rispetto del diritto alla salute. Per brevità sintetizzo: occorre un rapporto più stretto fra stato e regioni e una nuova capacità di comunicazione e azione comune fra le stesse regioni. Pertanto, nel percorso istituzionale sulle riforme non può quindi mancare il capitolo sanità. Urge definire alcune  priorità a partire da quella, indispensabile, del Titolo Quinto della Costituzione.
Lo so che queste sono tutte punti non semplici da portare avanti cui occorre una relativa prudenza, ma il Paese non può più aspettare i lunghi tempi della “politica del non fare”, bisogna  agire adesso e in fretta. Di mezzo non c'è solo la salute delle persone ma anche la credibilità del nostro Servizio sanitario nazionale, universalistico, solidale ed equo, come recita ancora la nostra cara, vecchia, incredibilmente giovane legge 833/78 di riforma del sistema sanitario. Insomma anch’io ho un sogno nel cassetto: vorrei che il cittadino, paziente, o meglio persona, si sentisse più al sicuro e meno solo nel suo percorso di salute
10/03/2015
Di Emilio Didone'
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