NOSTRA INDAGINE SULL’APPEAL DELLA CITTÀ
Milano, si può fare di più

Secondo le classifiche internazionali, causa anche la crisi, la metropoli lombarda ha perso qualche posizione ma rimane uno dei pochi centri italiani con una certa attrazione. I punti deboli sempre gli stessi: sicurezza, trasporti, in generale scarsa vivacità.

Da borgo a metropoli internazionale, il cammino di Milano non si è del tutto completato. La trasformazione della città, che l’anno prossimo sarà per 6 mesi al centro dell’attenzione mondiale per l’Esposizione universale, si sta modellando sui nuovi standard qualitativi internazionali che hanno già decretato il successo delle metropoli americane, di Londra, Parigi e Berlino.

CONFRONTI

Tutte città, queste ultime, che da decenni sono uscite dall’incerta fase post-industriale “vendendosi” come destinazioni che attraggono business e tempo libero , esperienze immateriali e culturali. Secondo le classifiche internazionali, causa anche la crisi, la metropoli lombarda ha perso qualche posizione ma rimane uno dei pochi centri italiani con una certa attrazione. I punti deboli sempre gli stessi: sicurezza, trasporti, in generale scarsa vivacità. Tutte voci che puntano il radar su nuovi parametri, dalla sostenibilità al modello di vita che si vuole promuovere. In questo, Milano e il suo brand valgono molto, ma la crisi e l’incertezza politica italiana non aiutano.

Sentite cosa scrive il Guardian commentando il 24esimo posto di Milano nel neonato Guardian City Index : “Uno dei pochi posti in Italia che ha spinta economica, con la moda e lo shopping di classe. Ma a tenerla bloccata sono poca sicurezza, clima e mancanza di vivacità”. L’indice che però  guardano tutti è l’Anholt City Brand Index , calcolato dalla prestigiosa Gfk che nel 2013 ha posizionato Milano in discesa al 19esimo posto.

Eppure in un’altra classifica (quella del New York Times di 3 anni fa) Milano rientrava nei must turistici mondiali, visto il suo aumento di attrattiva presso i viaggiatori mondiali (+10% annuo).

Il risveglio turistico c’è. In un anno a Milano si registrano 9,92 milioni di pernottamenti (14esima in Europa, le prime sono Londra e Parigi, Roma è al quarto posto) secondo l’ECM Benchmarking , il report che misura come si evolve il turismo urbano d’Europa. Trend confermato dall’Istat che dice che dal 2001 al 2012 la percentuale tra i clienti degli hotel degli stranieri che pernottano a Milano è passata dal 53 al 64%. Secondo lo studio di Valdani Vicari Associati, l’azienda che ha curato studi di marketing per la città, “incredibilmente, in tempi di crisi, il 40% dei visitatori, turisti e lavoratori che giungono a Milano la considerano meglio delle aspettative. E un terzo delle compagnie estere sarebbe disposto ad aprire un ufficio qui”.

INTERNAZIONALE, MA QUANTO?

L’internazionalizzazione è un altro capitolo importante per capire il posizionamento di una città nell’era globale. La Lombardia riesce a rimanere all’interno del gruppo delle 10 regioni più attrattive nell’area “Western Europe”, mentre la provincia di Milano resta il cuore dell’attrazione di investimenti esteri. Entro i propri confini sono localizzate oltre 3mila imprese a partecipazione internazionale, che danno impiego a 275.000 lavoratori e sviluppano un fatturato complessivo di 173,6 miliardi di euro. La provincia di Milano rappresenta pertanto da sola circa un terzo di tutte le imprese italiane a partecipazione estera, occupando il 29,4% di tutti gli impiegati assorbiti da questo tipo di aziende e sviluppando il 34% del loro fatturato.

LE DIMENSIONI

La ricerca di sociologia del turismo dell’Università Bicocca appena pubblicata ha rivelato la duplice natura del capoluogo lombardo: può essere considerata, dicono gli esperti di urbanistica, città tradizionale se la si osserva all’interno delle mura spagnole costruite nel 1500. Con il sistema-Navigli, però, Milano è stata definita una metropoli ante-litteram, proprio perché i corsi d’acqua la connettevano facilmente all’hinterland. Eppure, confermava la ricerca, la percezione all’estero di Milano “è quella di un’insolita città europea senza fiumi”.

Un risultato che ci porta dritti al capitolo, alquanto dolente, dei trasporti locali. «Siamo nelle ultime posizioni della top ten europea delle città con miglior sistema di mobilità perché ancora non è partita la tariffa integrata tra Trenord e Atm» dice Dario Balotta di Legambiente Lombardia. Risultati positivi però ce ne sono. La tariffa per entrare in centro (dal 2008 Ecopass e dal 2012 Area C) ha fatto vincere a Milano il premio innovazione promosso dalla giuria dell’International Transport Forum dell’Ocse . A questo si aggiunge il Premio nazionale per l’innovazione assegnato il mese scorso alla città da parte del Governo italiano, proprio per le ripercussioni positive che l’esempio della “congestion charge” meneghina sta rappresentando per le decisioni delle altre amministrazioni cittadine italiane. Ma Balotta sottolinea: «La mobilità in città è ancora complessa. Gli ultimi studi dicono che la cerchia cittadina è una specie di fisarmonica che deve sopportare l’ingresso quotidiano di 900mila automobili e 400mila pendolari da hinterland o regione, senza considerare le merci. Eppure Monaco, con pochi abitanti in più, è molto meglio dotata epiù efficace sul fronte dei trasporti pubblici».

Efficienza non vuol dire necessariamente aumento delle linee. Per la nuova metropolitana “ lilla ” (linea 5 ancora da completare) si prevedevano  260mila passeggeri al giorno, mentre al momento serve solo a 40mila utenti. Per questo si sta studiando un modo per ripensare la linea 4 (quella che da San Cristoforo arriverebbe a Linate). «Tra bike sharing e car sharing le esigenze e le abitudini stanno velocemente cambiando e una riflessione ci vuole» dice a tal proposito Balotta.

SPECIFICITÀ

E se riposizionamento deve esserci, i settori che sono in pole position per favorirlo sono quelli specifici della città, cioè quelli che la connotano come unica rispetto alle altre italiane. Quando la Camera di Commercio ha diffuso dati lusinghieri sul settore della cultura a Milano, Pier Andrea Chevallard , segretario generale, ha giustamente sottolineato che questo aspetto «rappresenta un elemento decisivo per la qualità della vita di una città». Il 55,7%delle attività culturali lombarde si trova a Milano (14.238) con 77mila addetti (+9,2% dal 2011 al 2013), per un valore della produzione di quasi 24 miliardi di euro.

Stesso andamento positivo per un altro settore chiave, il non profit che in 10 anni (dal 2001 al 2011) in città è cresciuto del 27% (dato Istat) con 142mila volontari e 68mila addetti. Con teatri e volontariato New York si è ripulita l’immagine. Le attese per il 2015 da noi sono grandi: le Iniziative culturali per Expo, secondo le previsioni della società che la gestisce, dovrebbero portare 2 miliardi di produzione aggiuntiva e circa 20mila occupati per il fuori- Expo.

Per la versione completa dell'indagine con tabelle e interviste: http://www.jobnotizie.it/giornale/job-ottobre-2014/13197

15/10/2014
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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