DIBATTITO
Stabilità, meglio un patto regionale

Sbagliato nella concezione, devastante nell'applicazione. Il professor Fabrizio Pezzani, docente di economia aziendale alla Bocconi, analizza  il meccanismo che mette in crisi i bilanci comunali e offre un'alternativa.

“Nel 2001 il debito pubblico dell’Italia era di 1350 miliardi e oggi  siamo a quota 2040 nonostante i bassi tassi di interesse sul debito ; con tassi figurativi medi degli ultimi 20 anni il debito si è in sostanza raddoppiato ; questo in presenza di un controllore esterno come la Ue .  I fatti dimostrano l’inadeguatezza di un patto di stabilità pensato con una logica di uniformità in un paese , invece , profondamente diverso nei suoi territori per storie e modelli culturali”. Fabrizio  Pezzani è docente di Economia aziendale  all’Università Bocconi evidenzia la necessità di ripensare al modello ed evitare di avvitarsi in errori che continuano a peggiorare la situazione .

“ Il progressivo distacco delle amministrazioni centrali da quelle periferiche ha mandato in corto circuito il sistema perché le prime sono sempre più lontane dalla realtà; le seconde alle prese con un  “ sudoku “ giuridico si affannano ad interpretare norme continuamente variabili in un orizzonte temporale di breve o brevissimo termine. Chi vive  in Lombardia,  al centro-nord ,di fatto, per storia, cultura, condizioni economiche e sociali è diverso da coloro  che vivono in altri territori ad esempio  al sud dove la diversità è più marcata  . Così  al centro nord i mezzadri di più di un secolo fa sono diventati gli impresari del terziario mantenendo la stessa radice culturale: lavorare per investire e produrre nuova ricchezza e sviluppando un sistema di solidarietà sociale . Al sud, invece, è prevalsa l’impostazione del latifondo (che nel dopoguerra  da agricolo diventa ‘politico’ con le tristemente famose “cattedrali nel deserto “) e del bracciantato che si incardina nella rendita  che non  crea ricchezza ma la brucia, ne aumenta la concentrazione  e incrementa i  disagi sociali.

E’ per questo che patto non funziona?

Anche. In generale abbiamo a che fare con un meccanismo ingessato mortalmente  che si muove in un contesto  paradossale, con un sistema di vincoli e deroghe che genera risultati opposti .  Un esempio evidente di come l’inadeguatezza del patto e delle regole spingano ad elusioni dello stesso sono i derivati e le partecipate . Il vincolo sull’indebitamento mal posto ha spinto alla formazione di società partecipate per scaricare su di esse al di fuori del bilancio comunale i debiti  o problemi . Stesso discorso per i derivati che fino al 2007 era consentito fare senza iscriverli in bilancio come debito , si è steso un tappeto di velluto rosso per l’elusione ; adesso stanno emergendo problemi evidenti da anni . Basterebbero interventi di semplificazione per ridurre la spesa e recuperare risorse intervenendo su un sistema contabile fatto di norme complicate , bizantine e  finalizzato a reiterare se stesso e gli interessi che ne sono legati .Ad esempio per qualsiasi voce di spesa si deve procedere alla tracciatura contabile anche per valori irrisori: se si deve acquistare  una  bottiglietta di acqua del valore  di 0,70 centesimi le procedure prevedono  prima di tutto la verifica della diponibilità in bilancio – l’impegno di spesa -     poi si va al  bar  e si prende lo scontrino poi redige la relazione dove giustifica il perché dell’acquisto, la verificata disponibilità di spesa e tutto il resto. Alla fine i 70 centesimi di spesa  diventano 100 euro in termini di costo di rilevazione. Quando queste rilevazioni di valore irrisorio  diventano il 70% del totale si bruciano risorse in termini di ore di lavoro che potrebbero essere destinate ad altre priorità . Recentemente un consigliere regionale ha chiesto il rimborso di 0,50 centesimi ; quanto è costata l’operazione che gli ha permesso do tornare in possesso dei suoi 0,50 centesimi ? Qual è l’esempio che appare da questi comportamenti ?

Questa la diagnosi. E la cura?.

Per prima cosa va ripensato il patto di stabilità cominciando e rivedere e semplificare tutte le norme di contabilità che hanno un costo superiore al beneficio.  Poi bisogna ridurre  veramente la spesa corrente  riducendo contestualmente  i costi e non,  ricorrendo sempre ad operazioni straordinarie come è successo negli scorsi anni al comune di Milano o aumentando le tasse se le spese non sono veramente sotto controllo .

La spending rewiev  fissa i tetti di spesa ma non basta ed è ancora una manovra inadeguata  ,è come se un’azienda per ridurre i costi decidesse di non comperare più materie prime senza intervenire sugli assetti organizzativi. Ci vuole il tempo per modificare gli assetti organizzativi: un orizzonte di almeno 3 anni e non, come avviene ora, una legge che ogni anno cambia le regole anche in corso d’anno ;se si approva il bilancio preventivo per l’anno in corso ad agosto (o addirittura a novembre)  come si fa a parlare di programmazione .

E’ necessario, poi,  andare a un patto regionale e su risultati di sintesi per favorire il controllo e  la ricostruzione di un sistema di condivisione territoriale dei risultati come avviene in altri paesi: Austria , Germania , Spagna.

L'intervista al professor Pezzani è pubblicata su Job d dicembre disponibile anche su www.jobnotizie.it

09/12/2013
redazione
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