IL LIBRO DELL'ARCIVESCOVO
Nutrire il pianeta, nutrire la vita

Cosa nutre la vita? Expo 2015  è il titolo del volumetto, che anche alla base de discorso di Sant'Ambrogio del 6 dicembre, in cui il cardinale Angelo Scola sviluppa, dal suo punto di vista, il tema base dell'Esposizione universale. Su Job la sintesi della pubblicazione.

L’alimentazione, l’energia, il pianeta e la vita. Angelo Scola mette a fuoco i grandi temi posti da Expo 2015. E quindi il rapporto tra l’uomo e il creato. Da qui sorgono alcune questioni fondamentali: il pianeta è consegnato all’uomo per il suo «dominio»? O è intoccabile come qualcosa di «sacro»? A partire dal nesso tra bisogno e desiderio, l’autore propone un’ «ecologia dell’uomo» affermando la necessità di un «nuovo umanesimo», indispensabile ad assicurare il futuro dei nostri figli.
(…) Una risposta rinnovata alla domanda sull’uomo, come condizione decisiva per affrontare l’interrogativo cosa nutre la vita?, porta con sé la necessità di proporre adeguati stili di vita. Infatti, «le modalità con cui l'uomo tratta l'ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline all'edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano. È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti» .
Nessun cambiamento, neppure quello degli stili di vita, si verifica solo sotto il ricatto della paura, neanche di quella della morte del pianeta.
Qual è, allora, la ragione adeguata per proporre nuovi stili di vita? Ultimamente solo il fatto che questo corrisponde all’esperienza comune a tutti gli uomini e a tutte le donne, cioè che è capace di soddisfare non solo i suoi bisogni, ma il suo desiderio costitutivo .
Sono convincenti perché affascinanti, prima ancora di essere doverosi, stili di vita che, coniugando armoniosamente affezione e lavoro, consentano di vivere al meglio una vita buona. Roland Barthes in alcune lezioni tenute al Collège de France tra il 1976 il 1978, proponeva un recupero, adeguato ai nostri giorni, del tempo vibrato, proprio dell’ora et labora dell’abbazia. In questo contesto il riposo è il tempo di rigenerazione per ogni membro della famiglia e della società. Il riposo tocca il suo acme nella festa. In essa si fa, almeno in embrione, l’esperienza che la risposta al nostro desiderio più profondo, quello di essere amati per sempre per poter, a nostra volta, amare per sempre, non è illusorio. È la ragione per cui la Chiesa domanda la fedeltà alla Messa domenicale. Sine dominico non possumus… non possiamo vivere senza tutto ciò che caratterizza il giorno del Signore (Dominus) dicevano i nostri fratelli cristiani dei primi secoli, arrivando ad affermarlo con il sacrificio della vita . (…)
L’uso del plurale – stili – è d’obbligo perché la novità della nuova creatura in Gesù Cristo si esprime e si comunica passando attraverso la libertà degli uomini. Il Signore esprime la Sua gloria attraverso molteplici forme (stili), che rendono possibile a tutti gli uomini riconoscere il fascino e la bellezza della Verità-Bene. L’accettazione, in nome della libertà, di questo inevitabile plurale garantisce al cristiano di non cadere nella trappola dell’utopia, alla fine sempre esposta alla violenza, e lo rende consapevole del paziente lavoro che gli è necessario per liberarsi dall’inevitabile passaggio dall’ideologia. Per questo gli stili vanno proposti con tenacia, ma proposti alla libertà, nel pieno rispetto dell’opinione altrui. Proporre implica educare. Educare esige di autoesporsi, di testimoniare rispettando ed aspettando le scelte ed i tempi dell’altro.
I nuovi stili di vita di cui abbiamo bisogno o saranno integrali o, semplicemente, non saranno.
Per questo occorre che facciamo esplicito riferimento ad una visione integrale di tutti gli aspetti dell’umana esistenza: a partire da quelli costitutivi dell’io, anche quelli legati alla sfera degli affetti e, quindi, del matrimonio e della vita, che chiede di essere rispettata dal concepimento fino al termine naturale, per giungere, passando dal lavoro e dal riposo, alle componenti che hanno a che fare con la fragilità e il dolore, con la giustizia, con il conflitto sociale, con la pace, col sistema economico e con il rapporto col cosmo. In questo contesto sono particolarmente decisive le parole di Papa Francesco in Evangelii gaudium: «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. … Dio concede loro «la sua prima misericordia» (Giovanni Paolo II). Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci» .
Attuare nuovi stili di vita significa perseguire la vita buona nella duplice ed insuperabile dimensione personale e sociale. Per questo colui che intende vivere integralmente l’esperienza umana è chiamato a perseguire simultaneamente la verità della propria persona, dei suoi rapporti primari, del bene comune a tutta la società civile. Infatti, non si è uomini compiuti se si lavora per la sostenibilità, per il bilancio di giustizia, per le banche etiche, per il bilancio sociale delle imprese e dei comuni e non si protegge, nello stesso tempo, la vita più debole e più indifesa o non si promuovono i corpi intermedi – autentiche ricchezze della società civile – a cominciare dalla famiglia.
06/12/2013
redazione
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