LAVORO E SICUREZZA
Semplificare o prevenire?

Confermando una prassi in uso nella politica italiana, l’avvento di ogni nuovo governo porta, non solo novità legislative, del tutto legittime e spesso necessarie, ma anche (in questo caso purtroppo) proposte e interventi di modifica, se non abrogazione, di quanto disposto sotto la precedente gestione. Tipico della storia, di cui attuale evidenza, anche solo nell’arte, la si può riscontrare nella  sovrapposizione di affreschi, nell’abbattimento di edifici, nella distruzione di opere d’arte, oggi tale immodificata tendenza si concentra sulla produzione normativa e regolativa, determinando una condizione permanente di incertezza del disposto legislativo, favorevole ad un aumento costante del  mancato rispetto degli adempimenti previsti. Naufragata, infatti, l’ipotesi di varare interventi volti alle semplificazioni in merito ai controlli sule imprese in materia di prevenzione, avviata in un primo momento con il disegno di legge n.5 del 9 febbraio 2012, dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni e di sviluppo”, riemersa nell’ottobre del 2012, con alcune modifiche al testo, poi definitivamente affossata, grazie agli innumerevoli interventi di contrasto giunti agli estensori (tra cui una posizione di netta contrarietà espressa congiuntamente da Cgil, Cisl e Uil), in questi giorni si è tornati sul tema. A soli circa due mesi dall’insediamento del nuovo Governo, e con esso del nuovo ministro e dei relativi sottosegretari, l’impegno a voler modificare il testo del dlgs 81/08 s.m., sotto l’insegna degli interventi volti alle semplificazioni, è divenuto concreto, assumendo il carattere di un vero e proprio decreto legge. Rifuggendo un immobilismo sterile che resiste al cambiamento per paura del nuovo, è quanto mai di contro importante analizzare profondamente le ragioni a sostegno di un intervento di modifica dei testi legislativi vigenti, specie in una materia, quale la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, della quale se ne conosce le rilevanti difficoltà nell’essere pienamente ed adeguatamente applicata nei diversi ambiti lavorativi, spesso anche per una lentezza nel radicarsi degli obblighi sul piano culturale, dovuta alla ridotta dimensione e scarsa managerialità delle aziende italiane.

Perseguendo una linea già ampiamente criticata nei riguardi delle proposte avanzate durante il precedente governo, l’obiettivo di semplificazione che ispira gli interventi di modifica oggi previsti ed introdotti sotto l’insegna del “fare” (come lo conferma il nome del decreto stesso), sembrano tradursi in un’operazione di mera riduzione degli adempimenti a carico delle aziende, confondendo ancora una volta il venire incontro alle imprese con l’eliminare sic et simpliciter gli obblighi di tutela, determinando l’aumento di esposizione a rischio da parte dei lavoratori, nello svolgimento delle diverse mansioni. Invalsa ormai da tempo in Italia la sovrapposizione concettuale tra adempimenti di natura documentale e l’eccessiva burocratizzazione, che ancora permane, nei riguardi molti procedimenti di natura amministrativa, nell’ambito degli adempimenti in tema di prevenzionale tale distorta concezione ha determinato negli anni, non solo il permanere di un braccio di forza tra le parti sociali, ma ha spinto al considerare, uno per tutti, l’obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi un mero adempimento di natura formale, anziché di natura sostanziale. Una condizione che ha prodotto nel tempo il consolidarsi di uno stato di irregolarità diffusa nelle piccole imprese, così come nella pubblica amministrazione, dove per ragioni di mancanza di risorse economiche, nel primo caso, e di bassa sensibilità al concetto di rischio, nel secondo, hanno ritenuto l’adempimento del documento di valutazione dei rischi, un obbligo formale, e non sostanziale, tale da poter posticipare, se non anche, in alcuni casi del tutto non adempiere.

In attesa della pubblicazione del testo del decreto legge, diviene quanto mai urgente ed importante agire nei confronti delle commissioni parlamentari che, entro i prossimi sessanta giorni, saranno chiamate ad intervenire sul testo, al fine di giungere (o meno) al votarlo, trasformandolo in legge.

24/06/2013
di Cinzia Frascheri
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