ITALIA PEGGIO DELL' AFRICA
Lavoro, anche per le categorie protette siamo indietro

Zambia e Malawi fanno meglio di noi. Le imprese chiedono di aggiornare la legge. Solo il 16% dei disabili lavora nel nostro Paese.

Solo il 16% (circa 300mila individui) delle persone con disabilità tra 15 i 74 anni ha un’occupazione lavorativa, contro il 49% del totale della popolazione. Questo accade in Italia, un Paese che nonostante la crisi è ancora nella top 10 dei più avanzati del mondo. In Zambia, secondo Il World Report on Disability, sono il 45,5%, in Malawi il 42,3 per cento.

«Si tratta di una situazione ormai insostenibile -  afferma spiega Francesco Conci, Direttore esecutivo di Fiera Milano Congressi organizzatore di Reatech Italia, l’organizzazione che si occupa di attività accessibili a tutti – e da un certo punto di vista paradossale. Da una parte, infatti,  in questo periodo di crisi, i disabili e loro famiglie si vedono costantemente tagliare servizi e sussidi e si ritrovano allo stremo. Non avendo un lavoro, per altro, i disabili, restano a carico delle famiglie o dello stato, e fanno aumentare i costi dell’assistenza. Sul fronte opposto, le aziende, che potrebbero beneficiare degli sgravi fiscali ed avere manodopera a costi più vantaggiosi, spesso non sanno o non riescono ad assumere questo tipo d lavoratori. E così ciò che a volte la patologia non ha tolto ai disabili, - ovvero la possibilità di rendersi utili, di produrre, di guadagnarsi uno stipendio e di progettare una vita -  viene loro sottratto da un sistema arretrato, da una burocrazia strangolante e dalla mancanza di cultura nelle imprese».

CONVEGNO – A ottobre ci sarà a Milano la prima rassegna dedicata a persone con esigenze speciali (dal 10 al 12 alla Fiera) e in previsione del debutto, si è cercato di fare il punto sulla situazione attuale in Italia. L’obiettivo è trovare soluzioni concrete per aumentare il tasso di occupazione e trasformare un problema in  un’opportunità: un’opportunità per i disabili, per le aziende, per lo Stato.

I candidati potenziali in Italia non sono pochi. Le ultime stime parlano di oltre 750.000 persone. L’Organizzazione Internazionale per il Lavoro sostiene che, a livello globale, se si riuscisse ad inserire pienamente queste risorse si potrebbe recuperare dall’1% al 7% di Pil.

«Il primo tassello del nostro progetto – dice l’organizzatore di Reatech -  è stata la realizzazione di un convegno che mettesse attorno ad un tavolo i soggetti che possono fare concretamente la differenza: istituzioni, ma soprattutto aziende e selezionatori. Vogliamo creare un grande momento di incontro, dove domanda e offerta di lavoro possano incontrarsi fisicamente: ci siamo infatti resi conto che, per quanto assurdo possa sembrare, uno dei problemi più seri per le aziende è la mancanza di candidati. Reatech Italia, proprio perché è una manifestazione interamente dedicata a persone con disabilità o esigenze speciali, sarà il luogo più naturale dove creare connessioni tra candidati e aziende».

Non solo. A Reatech Italia sarà anche possibile, sia per le aziende che per i candidati, scoprire i molti strumenti che oggi la tecnologia mette a disposizione per rendere il lavoro accessibile: soluzioni per eliminare le barriere architettoniche, ausili per l’utilizzo degli strumenti informatici, soluzioni per permettere ai disabili di muoversi con più facilità e quindi poter raggiungere il luogo di lavoro.

Il sito di www.reatechitalia.it funzionerà poi durante tutto l’anno come uno strumento catalizzatore sia di informazioni che di opportunità: le aziende potranno infatti gratuitamente segnalare le proprie offerte di lavoro.

SCENARIO – Secondo l’indagine promossa da Reatech e G.I.D.P. (Associazione Direttori Risorse Umane), tra i disabili, le persone inattive rappresentano una quota quasi doppia rispetto a quella osservata nell’intera popolazione (l’81,2% contro il 45,4%). La percentuale, il 13,3%, di chi non è mai entrato nel mercato del lavoro e non cerca di entrarvi (250mila persone, per la quasi totalità donne) è molto più elevata tra chi ha limitazioni funzionali gravi (il 18,5% contro l’8,8% di chi ha limitazioni funzionali lievi).

Meno di una persona con Sindrome di Down su 3 lavora dopo i 24 anni e il dato scende ulteriormente tra le persone con autismo con più di 20 anni. Meno della metà delle persone con Sclerosi Multipla tra i 45 ed i 54 anni è occupata (49,5%).

Il 66,7% dei direttori rispondenti all’indagine ritiene che la normativa legislativa sull'inserimento lavorativo delle persone appartenenti a categorie protette non sia completa ed adeguata. Di questi, per il 28,2% non è aggiornata, per il 25,6% è indietro rispetto alla normativa vigente in altri paesi, per il 23,8% non è corretta, per il 10,3% non è chiara, infine per il 12,8% impone inserimenti e costi senza tenere conto delle difficoltà delle aziende, è poco flessibile e andrebbe adeguata alle reali necessità aziendali.

Lo strumento delle convenzioni per favorire l’inserimento di personale è giudicato positivamente dal 71,9% degli intervistati, ma il 52,6% ritiene che spesso i candidati disponibili a seguito delle convenzioni non rispondano appieno alle esigenze dell’azienda. Secondo il 21% del campione, il procedimento di collocamento dovrebbe essere più veloce e semplice, per il 14,4%, invece, la temporaneità delle convenzioni scoraggia il loro utilizzo. Quali sono gli elementi da considerare per una selezione e un inserimento di successo dei candidati? Per il 57,9% il punto di forza è quello di favorirne l’inserimento nei ruoli e nelle aree aziendali più adatti alle loro capacità, per il 26,3% devono ricevere un trattamento uguale agli altri colleghi non appartenenti a categorie protette, mentre per il 10,5% è necessario mantenere un atteggiamento aziendale inclusivo e prevedere incontri con i colleghi per favorirne l’integrazione.

COSA FANNO LE AZIENDE - I direttori del personale interpellati dall’indagine, si dividono esattamente a metà tra chi sostiene di fare uso dell’istituto dell’esonero dall’obbligo di assunzione (50%) e chi invece non lo utilizza (50%). Tra i dati più significativi che emergono dall'indagine, il 25,93% di chi lo usa afferma che la propria azienda preferisce pagare la sanzione prevista dalla normativa anziché attivare l’iter di assunzione di persone con disabilità.

Visto il difficile periodo economico, le medie e piccole imprese, la maggior parte del nostro paese, effettuano limitate assunzioni che ovviamente non vanno ad incrementare la computabilità per l'avviamento di disabili . Inoltre, la tendenza è quella, per ragioni economiche, di  avvalersi dell'esonero parziale, corrispondendo al Fondo Regionale l'importo di 11.184 euro all'anno per ogni invalido non assunto. «Questo atteggiamento, anche se comprensibile, invece, non si riscontra nelle 3.502 imprese sopra i 250 dipendenti che cercano di uniformarsi per quanto possono alla vigente legge», spiega Paolo Citterio, Presidente Nazionale G.I.D.P.  In queste realtà aziendali, poi, con corsi di formazione adeguati e con il coinvolgimento e l'aiuto dei colleghi più sensibili, si cerca d'inserire al meglio i lavoratori con disabilità che spesso danno il meglio di sè contribuendo al successo dell'impresa.

07/06/2013
Christian D Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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