IL GUSLAVORISTA
Il caso del postino diabetico

Malattie, diritti e tutele

di Cinzia Frascheri

E’ di pochi giorni fa la notizia, salita agli onori della cronaca e ripresa da alcune testate giornalistiche, particolarmente attente ai problemi legati all’occupazione, come JOB, riferita al rifiuto dell’assunzione di un giovane disoccupato, affetto da diabete di tipo 1, nel ruolo di postino per un contratto di pochi mesi.

In un tempo di crisi economica come il nostro Paese sta vivendo, e di fronte ad uno scenario preoccupante sul fronte della disoccupazione (pari a circa il 12%, che nei giovani arriva a toccare il 30%), una tale notizia colpisce profondamente, considerato che nella vicenda vengono a essere toccati due dei più importanti tasti della vita di una persona: la salute e il lavoro.

Ma se per giudicare una vicenda così delicata occorre conoscere a fondo le diverse variabili che, senz’altro, hanno interagito al fine di determinare una tale conclusione, il caso di cronaca ci offre l’opportunità di puntualizzare alcuni concetti importanti sul tema del rapporto tra diritti e tutele, in campo lavorativo.

A piena tutela del lavoratore, in vista dell’assunzione, è previsto che venga svolta, a scopo preventivo, una visita medica atta a constatare le eventuali controindicazioni relative allo svolgimento delle diverse mansioni a cui il soggetto deve essere destinato. L’esito della visita medica, difatti, è finalizzato alla valutazione dell’idoneità, riferita allo svolgimento della specifica mansione lavorativa a cui il soggetto dovrà essere destinato.

Tale procedura, prevista dalla normativa di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, agisce in totale coerenza con il diritto del lavoratore ad essere affidato a compiti lavorativi, a seguito della valutazione delle sue «capacità e delle sue condizioni, in rapporto al suo stato di salute e alla sua sicurezza».

In questo senso, il diritto al posto di lavoro, sacrosanto in ogni società civile degna di questo nome, non si scontra, ma si coniuga in modo adeguato e perfetto con il diritto, altrettanto fondamentale, dell’adeguatezza del posto di lavoro, inteso quale tutela primaria «dell’integrità fisica e della personalità morale».

Il datore di lavoro, difatti, secondo la normativa prevenzionale vigente, è chiamato (e per questo gravato di responsabilità penale) al rispetto concreto di quanto disposto, avvalendosi in modo vincolante del supporto professionale della figura del medico competente, previsto in modo specifico quale ruolo  garante (ma, ancor prima, fattivo) della realizzazione della tutela del lavoratore, sul piano della valutazione della complessità dei rischi a cui il soggetto sarà esposto, a partire dalla fase primaria della prevenzione, rappresentata  dal momento dell’assunzione.

La declinazione dei giudizi di idoneità (così come quella delle inidoneità) è l’anello di congiunzione tra la prevenzione, attuata dal medico competente (in avvio di attività e, comunque, durante tutto il corso della vita lavorativa), e le condizioni reali di svolgimento della mansioni, all’interno di un determinato contesto lavorativo, secondo regole e condizioni di lavoro specifiche, per le quali è prevista, sulla base dei diversi ruoli aziendali, un’azione partecipata nel promuovere interventi adeguati; un modello collegiale che, comunque, pone a centralità il ruolo decisionale del datore di lavoro, chiamato a garantire la tutela collettiva e individuale, a fronte di una propria diretta responsabilità, sintetizzabile nell’atto di firma del documento di valutazione dei rischi, quale assunzione completa di questa.

A fronte del giudizio di inidoneità alla mansione, emesso dal medico competente (esclusa la possibilità di agire avverso a tale giudizio ricorrendo al parere dell’organo di vigilanza), nel caso si dimostri che non sussistono alternative possibili, di altra occupazione o mansione (a condizioni stabilite di garanzia di trattamento equivalente), si determina un provvedimento che necessariamente porta, proprio al fine di porre la tutela della salute, al di sopra di ogni altro diritto, alla risoluzione del rapporto di lavoro o, nel caso di assunzione, al non perfezionamento di questa.

Nessuna discriminazione, in questo senso, ma tutela; così come nessuna discriminazione è consentita oggi verso gli affetti da malattia diabetica, pur potendo risultare non idonei alla mansione. Così, proprio nel pieno rispetto di quanto stabilito dalla L.115 del 1987 (normativa di riferimento per la tutela delle persone diabetiche) che all’art.8 recita che la malattia diabetica non costituisce motivo ostativo al rilascio di certificato di idoneità per l’accesso ai posti di lavoro «salvo i casi per i quali si richiedano specifici, particolari requisiti attitudinali». Requisiti che, già solo per svolgere un’attività con frequente manualità e mobilità, possono risultare particolari, così come per condurre un veicolo, per il quale l’idoneità alla giuda richiede una valutazione medica specifica e specialistica, dovendo agire nell’interesse del paziente, ma non meno delle altre persone che svolgono attività lavorativa al suo fianco; condizioni entrambe oggetto di preciso obbligo, posto a capo del lavoratore stesso, al quale la normativa prevenzionale richiede di «prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro».

Ampi diritti, inoltre, provengono dalle normative in tema di invalidità civile, nell’ambito della  quale i malati di diabete possono trovare (avviando la domanda e facendosi riconoscere il grado della propria invalidità) sbocchi occupazionali rilevanti, attraverso l’inserimento nelle liste per la collocazione obbligatoria, l’innalzamento dei limiti di età per l’accesso ai concorsi pubblici, il diritto ad ottenere mansioni compatibili con la propria condizioni invalidante, ampie garanzie di conservazione del posto di lavoro....

Attraverso l’evoluzione che il tema della tutela della salute e sicurezza sul lavoro ha avuto negli ultimi anni, se da un lato è andata crescendo l’attenzione al promuovere analisi e valutazioni del rischio sempre più declinate in funzione del soggetto lavoratore, considerando non più solo i rischi di natura tradizionale, ma i diversi fattori trasversali di rilevante incidenza (quali l’età, il genere, ma non meno, le condizioni di organizzazione del lavoro), di contro, le inidoneità alla mansione sono andate crescendo  (purtroppo non a favore della diminuzione della percentuale di malattie professionali, da anni in costante aumento), determinando il sempre più evidente fenomeno dell’allontanamento dal lavoro di lavoratori non più idonei (e non facilmente ricollocabili), specie nelle realtà lavorative di più ridotta dimensione dove limitate sono le mansioni alternative a quelle per le quali si riscontra l’inidoneità del soggetto.

Supporto importante, in questo quadro complesso e delicato, proviene senza dubbio dalla contrattazione collettiva di secondo livello che, operando in modo mirato e specifico nelle diverse realtà lavorative, va a regolare in modo adeguato le diverse esigenze, individuando spazi di intervento e creando opportunità.

E’ compito, pertanto, delle rappresentanze sindacali, di farsi sempre più carico dei problemi di coniugazione dei diritti, armonizzando le priorità, ma ponendo sempre a priorità il rispetto delle regole poste a salvaguardia delle persone, a partire dalla propria salute e sicurezza, messa oggi ancor più a rischio, a causa degli effetti devastanti della crisi che spinge a contrapporre i diritti inalienabili di ogni uomo.

26/03/2013
Cinzia Frascheri - responsabile dipartimento salute e sicurezza Cisl nazionale - info@jobedi.it
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