PER LAVORATRICI E LAVORATORI
Dispositivi di protezione (o disagio) individuale

Pubblicata una ricerca finanziata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (alla quale, tra gli esperti, hanno partecipato anche esponenti della Cisl). I risultati...

Di recente è stata pubblicata, dopo 18 mesi di lavoro, una ricerca finanziata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (alla quale, tra gli esperti, hanno partecipato anche esponenti della Cisl) che ha indagato sulle problematiche oggi esistenti nei riguardi dell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali (Dpi), coinvolgendo direttamente le lavoratrici e i lavoratori di molte realtà lavorative. Andando al cuore quella questione, e quindi, indagando direttamente raccogliendo le istanze di chi è chiamato ad utilizzare quotidianamente i Dpi, la ricerca ha mirato, non solo a far venire alla luce i disagi che l’utilizzo dei dispositivi portano, ma anche i suggerimenti di cambiamento e/o di miglioramento per poter apportare quelle modifiche necessarie a modificare al meglio le condizioni di salute degli operatori, nei tanti posti di lavoro. Dai questionari raccolti, più di un migliaio, espressione di un’ampia gamma di settori lavorativi indagati, ad emergere con più forza e ricorrenza sono stati alcuni aspetti che hanno posto l’accento, in primo luogo, su di un rilevante ritardo sul piano della tutela, ma ancor più sulle condizioni di lavoro, per quanto riguarda la considerazione delle specificità rappresentate da tipologie lavorative non rispondenti ai canoni standard dell’uomo-medio.
Se oggi si è più sensibili all’attenzione alle differenze di genere, sensibilità che comunque deve ancora concretizzarsi in gesti, analisi e soluzioni adeguate negli ambienti di lavoro, ben più lontani lo si è da qualsiasi considerazione di merito nel considerare, non più solo gli aspetti delle differenze tra uomo e donna, ma bensì di generi, intendendo in questo senso, non solo la variabile dei sessi, ma gli aspetti relativi all’età e alle differenti provenienze degli operatori.


UOMINI E DONNE DIVERSI SONO...

Parlando in specifico, difatti, di Dpi, ad emergere in modo rilevante dalla ricerca è proprio la carenza di attenzione a tutte quelle variabili che oggi l’eterogeneità della popolazione lavorativa chiede di considerare, a partire ad esempio dalle morfologie diverse delle lavoratrici e dei lavoratori, non più solo di nazionalità italiana, ma di nazionalità diverse, espressione quindi di caratteristiche, anche solo fisiche diversificate (si pensi a lavoratori di provenienza dall’est europa, paragonati a lavoratori di paesi orientali, dove la struttura fisica è considerevolmente più ridotta nelle forme). Richiamando alcuni indicazioni significative prodotte dall’indagine di ricerca, emerge che in molti casi i DPI vengono scelti nella misura unisex (pur avendo in azienda popolazioni lavorative diversificate per genere e per provenienza), sia per mancanza all’origine di una gamma di misure su cui scegliere (cioè, a partire proprio dal prodotto immesso sul mercato dai produttori), sia per mancanza di attenzione, nella scelta da parte del datore di lavoro (spesso attraverso la figura dell’RSPP), delle esigenze degli operatori/trici, minimizzando le istanze e le conseguenze di una condizione di disagio prolungato. E’ da tempo al centro degli impegni nel nostro paese, quello di favorire l’aumento dell’occupazione al femminile. Un aspetto questo, di certo, grande rilevanza e valore civile e sociale, ma l’entrata delle donne nel mondo del lavoro, non deve essere a qualsiasi prezzo. L’entrata nel mondo del lavoro, dovrà essere senza preclusioni su ruoli, compiti, carriera e mansioni, ma non meno, in parallelo, in assenza di garanzie di adeguate condizioni di lavoro e di tutela. Adeguate condizioni che dovranno riguardare non solo gli aspetti più macro, relativi alle forme di tutela tradizionali riferite alle macchine, alle attrezzature o alla sorveglianza sanitaria in presenza di esposizione ai rischi principali, ma dovranno riguardare anche aspetti ad oggi troppo a lungo trascurati perché considerati secondari, ma risultati invece centrali per abbattere una condizione di disagio (che si trasforma molto spesso e di frequente anche in forma di danno alla salute). La percentuale rilevante del 73,9% relativa a quanti dei lavoratori/trici intervistati hanno dichiarato di ricevere fastidio nell’utilizzo dei Dpi è un dato che non può passare inosservato, visto anche che l’eventuale non utilizzo dei Dpi dove previsto, comporta per i prestatori di lavoro, non solo maggiore esposizione a rischio, ma anche potenziale esposizione a richiami e sanzioni disciplinari all’interno dell’azienda. Una nota non secondaria, nel quadro delle questioni analizzate dalla ricerca sul tema dei Dpi, è quella relativa dal ritardo, da parte dei produttori di dispositivi, nel considerare le esigenze al femminile nell’ambito della progettazione. Dietro ammissione di importanti case produttrici, leader nel settore, la progettazione al femminile è complessivamente una progettazione che parte da prototipi pensati per un soggetto maschio di corporatura media, sui quali vengono poi calibrate misure più ridotte, ma che mantengono lo stesso designer. In tale senso, a partire proprio anche solo dalle scarpe antinfortunistiche, i modelli per le lavoratrici in realtà sono modelli disegnati per un piede maschile, con l’unica differenza della misura che, al posto di essere ridotta in modo adeguato e calibrato, è solo più corta, determinando in molti casi disagi rilevanti alle lavoratrici a causa di una morfologia del piede, ben diversa dal piede maschile, non solo di dimensioni più lunghe.
Come per le scarpe, anche per altri DPI, vedi gli occhiali, le mascherine, i guanti e i capi di abbigliamento protettivo, il problema di una non specifica progettazione, in ottica di genere, è risultata dalla ricerca uno degli elementi di maggior criticità che, come evidenziato, porta a condizionare anche le scelte da parte dei datori di lavoro (e/o RSPP) più sensibili e attenti, ma costretti a doversi adeguare ai limiti imposti dall’offerta (limitata) sul mercato specialistico di tipologie di Dpi. Contributo di grande valore scaturito dalla ricerca, si segnala la produzione di una Guida alla scelta dei DPI in ottica di genere che, partendo dai dati raccolti e dalle analisi elaborate, studiate da parte degli esperti impegnati nel progetto, punta ad offrire ai datori di lavoro (ma non meno agli RSPP, ed anche ai medici competenti e agli RLS/RLST) indicazioni utili e suggerimenti tecnici per poter al meglio orientarsi nell’acquisto dei dispositivi, tenendo in primario conto le esigenze degli operatori e delle operatrici, valorizzando e tutelando gli aspetti di tipicità di ciascuno, non trascurando anche i fattori trasversali importanti come le età e la provenienza da altri paesi. La Guida è disponibile in forma gratuita sui siti internet di tutti i partner del progetto di ricerca.

18/03/2013
Cinzia Frascheri - Responsabile Salute e Sicurezza Cisl Naz.le - info@jobedi.it
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