di Danilo Galvagni
Ci risiamo! Ogni tanto spunta qualcuno che dice che i sindacati
non servono e che bisogna abolirli.
A parte il fatto che le organizzazioni dei lavoratori, così come
sancito dalla Costituzione repubblicana, sono uno dei cardini del
sistema democratico e partecipativo, ci sono alcuni aspetti da
tenere di conto. La storia, la lunga storia dei diritti, che forse oggi si
danno per scontati, ma che sono costati sacrifici alle generazioni
precedenti. L’attualità di milioni e milioni di persone che liberamente
aderiscono ai sindacati, in particolare a quelli confederali.
Una realtà che non si può modificare “per decreto” o perché
il qualunquista di turno si alza una mattina e decide che i
sindacati non servono più. C’è anche altro anche: quando forze
politiche con forte radicamento popolare come la Lega hanno
tentato di costituire un sindacato collaterale, questo ha avuto
scarso successo. Indipendentemente dalla scelta elettorale la
maggioranza dei lavoratori, quando ha bisogno, si fida ancora dei
sindacati storici, quelli che conosce perché l’ incontra ogni giorno
sul posto di lavoro.
Anche quelle aziende, la maggioranza, che vedono il sindacato
come ‘un fastidio’ e pensano esclusivamente ai propri bilanci, nel
momento di difficoltà si devono ricredere e il sindacato lo cercano
per risolvere i problemi causati da gestioni dissennate. Il sindacato
non è contro l’impresa per il semplice fatto che senza l’impresa
non c’è lavoro. Il sindacato è contro una concezione speculativa
dell’impresa, come corpo separato dal resto della società.
La presenza del sindacato in forma di libera associazione
autonoma dalla politica e dall’ingerenza dello Stato ma nel rispetto
delle leggi, rappresenta per i lavoratori il baluardo fondamentale
per troppe vessazioni, scarsa sicurezza, incertezza nel vedersi
riconosciuto il proprio salario, per servizi sociali e di welfare
inadeguati ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione. Non
parlo solo e necessariamente dei diritti acquisiti e della loro difesa,
ma del necessario confronto tra soggetti che esprimono il più delle
volte posizioni opposte di rappresentanza. Da qui l’articolazione
della domanda: oggi, che tipo di sindacato serve per difendere i
di diritti di chi il lavoro ce l’ha, per aiutare chi il posto lo cerca e
per una società più giusta?.
In questi ultimi anni il lavoro è profondamente mutato, la politica
è nel pallone così come la rappresentanza istituzionale è
chiaramente inadeguata, per non parlare delle ricette economiche
che dovrebbero farci uscire dalla crisi. È evidente che mentre tutto
cambia il sindacato non può stare fermo.
Quantomeno la Cisl non sta ferma. Siamo nel pieno di una stagione
congressuale di svolta: abbiamo intrapreso una strada di profonda
revisione della nostra organizzazione.
L’obiettivo non è solo quello di razionalizzare le risorse e risparmiare
ma di costruire un sindacato più snello, più legato alla gente e al
territorio, in linea con le aspettative delle nuove generazione, in
grado di rappresentare l’ampio spettro di bisogni che la crisi ha
messo in evidenza.