METROPOLI DEL FUTURO
Milano vuole essere smart. Ce la fara'?

Boyd Cohen, uno studioso che si definisce “stratega del clima” ha stilato una classifica di città smart in cui svetta Vienna, ma ci sono anche Parigi, New York, Berlino, Barcellona...

Smart in inglese non vuole dire solo “intelligente”. Si tratta di un’accezione più sottile del termine, che si riferisce a un’intelligenza ragionata, non casuale, messa a frutto bene. Boyd Cohen, uno studioso che si definisce “stratega del clima” ha stilato una classifica di città smart in cui svetta Vienna, ma ci sono anche Parigi, New York, Berlino, Barcellona. Segno che, anche su città già abitate e con problemi legati alla dimensione, si può intervenire. Per definire una città smart si prendono in considerazione sei parametri essenziali:   economia, mobilità, ambiente, persone, modo di vivere e amministrazione. Tutti i requisiti devono obbedire all’eco-compatibilità, alla mobilità sostenibile, al risparmio energetico. Songdo, costruita su un’isola artificiale di fronte alla Cina, sarà la prima città completamente smart, concepita e costruita con metodi intelligenti, dal wireless e automatizzata totale. Alcuni analisti avvertono: la tecnologia è troppo neutrale per regolare il sistema dei rapporti umani.
Ma a Milano, che è la prima città di Italia a candidarsi “smart” in vista dell’Expo 2015, non si corre questo rischio.
Ci sono buoni esempi, come il bike-sharing e luoghi di culto energeticamente “sostenibili” (il tempio valdese di via Sforza), che socializzano la tecnologia. L’assessore  comunale Cristina Tajani, che ha in carica la delega alle attività della smart city dice: «Stiamo pensando alla costituzione di una ‘agenzia’ che coinvolga  amministrazione e il sistema della università e delle imprese, che possa fare da perno rispetto ai vari progetti per la smart city, come hanno già fatto Genova e Torino». Sì, perchè anche in ambito smart bisogna vigilare. «L’innovazione e la tecnologia  - come spiega il professore Carlo Maria Medaglia della Sapienza di Roma - devono essere non il fine ma lo strumento attraverso il quale sviluppare conoscenza e competitività. Bisogna soprattutto battere sul coinvolgimento e la partecipazione attiva dei cittadini».
Anche Assolombarda si è fatta sentire. Con un documento prima della fine dell’anno ha aderito formalmente all’idea di smart city chiedendo che fosse improntata ai bisogni reali dell’economia dell’area metropolitana e non soltanto un mero display di tecnologia all’avanguardia. Questo perchè, secondo i modelli che si sono sviluppati anche all’estero, la tecnologia non deve soppiantare i rapporti umani e il vivere naturale.


I SOLDI CI SONO
Abb-Ambrosetti ha calcolato che per diventare più smart il nostro paese dovrebbe investire 3 punti di Pil ogni anno da qui al 2030 (50 miliardi di euro). Milano impegnerà 1 milione e mezzo di euro nei prossimi anni per un maggiore risparmio energetico per cittadini e Comune e per diffondere uno sviluppo economico sostenibile. Molti di questi soldi provengono da finanziamenti europei, altri distribuiti dal Miur che ha un paniere apposito di fondi per le città che ne fanno richiesta.


PRIMATO INASPETTATO
Già oggi Milano è la città più smart d’Italia in tema di mobilità secondo la ricerca ‘I City Rate’ presentata al Forum Pubblica Amministrazione.
Per l’assessore Tajani è «un investimento strategico cui puntiamo anche in risposta alla crisi», lasciando intendere che se si spinge sui progetti innovativi, si crea occupazione. Uno studio Ue dimostra che ogni 1000 nuovi utenti della banda larga si creano 80 nuovi posti di lavoro, perchè le informazioni che corrono più velocemente e mettono in rete i cittadini creano consapevolezza e voglia di fare.
Non si capisce, quindi, perchè nella prima smart city italiana il wireless libero sia ancora un tabù. La città del futuro, infatti, si fonda sullo scambio di dati e sulla loro elaborazione. Se tutti fossimo connessi in questo momento, risparmieremo tempo e denaro scegliendoci il percorso giusto, il negoziante più economico, lo svago più attrattivo per noi. Carlo Ratti, cervello italiano in fuga al Mit di Boston, si è adoperato addirittura per mappare una metropoli italiana in base agli spostamenti dei cellulari, unico strumento realmente smart per ora alla portata di tutti: «I telefonini permettono di localizzare persone ma utilizzano anche i dati di carattere più generale sulla situazione del traffico, degli acquisti di beni e servizi, del consumo di energia, dei prelievo di denaro dalla rete Bancomat e del movimento dei mezzi pubblici». Privacy addio, ma a fin di bene.

05/02/2013
Christian D Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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