LA SENTENZA DI SECONDO GRADO
Thyssen, diritto spietato

di Cinzia Frascheri

Nella sentenza di oggi relativa al caso Thyssen, la Corte d’assise d’appello del Tribunale di Torino ha mostrato come il diritto possa essere “freddo” e “spietato” quando si è costretti a confrontarsi con i suoi tecnicismi dovendoli necessariamente rapportare a situazioni tragiche come, nel caso specifico, la morte di lavoratori impegnati nello svolgimento delle loro quotidiane mansioni.

E’ innegabile lo sconcerto dei familiari posti di fronte alle disquisizioni in punta di diritto; non è stato omicidio volontario con dolo eventuale, ma omicidio colposo con l’aggravante della colpa cosciente. Di fronte alla morte, alla morte violenza, alla morte ingiustificata (e ingiustificabile) non si può accettare alcuna disamina, ma i giudici l’hanno dovuta fare e quel quid pluris che separa l’istituto del dolo eventuale dalla colpa cosciente, non lo hanno ravvisato.

Secondo il loro parere, difatti, se la rappresentazione dell’evento nei riguardi del quale la previsione della concreta possibilità che si potesse verificare la condizione lesiva è evidente, e connaturata nel quadro dei fatti accaduti, a fare la differenza (di cui 6 anni in meno di condanna per l’amministratore delegato) è stata la mancanza di una prova certa dell’accettazione del danno, sia pure in forma eventuale, conseguente al perseguire un determinato risultato. Se l’agire nonostante la previsione dell’evento, è il punto di partenza comune della responsabilità individuata in entrambi gli istituti, nella colpa cosciente non si ravvisa la consapevolezza del prezzo da pagare per ottenere il risultato perseguito quale causa dell’evento lesivo, ritenendo di poterlo scongiurare mediante propri interventi di contenimento degli effetti. La sentenza emessa, in questo senso, non è ingiusta o crudele, lo è l’arrivare a tale punto finale per poter affermare un diritto inalienabile e primario, quale il diritto alla tutela della propria salute e sicurezza sul lavoro, al di là di ogni logica organizzativa, economica e produttiva.

Anche se non ci fosse stata tale riduzione di pena, al centro della questione non può che esserci il tema della vita che in nessuna caso deve essere sacrificabile al fine del perseguire logiche di mercato. Dal punto di vista del pm Guariniello, la sentenza Thyssen, anche se ridimensionata nella sua gravità di condanna, va a costituire «una sentenza storica» per il nostro Paese. Ma la prevenzione in ambito lavorativo non si fa con le sentenze e non la si può affidare solo ai giudici, perché il diritto giusto è sempre distante da un giusto rispetto del diritto.

28/02/2013
Cinzia Frascheri - responsabile dipartimento salute e sicurezza Cisl nazionale
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