SEMINARIO ALLA CISL
Sicurezza sul lavoro. La legge c'è, manca la cultura

Il coordinatore per la sicurezza negli appalti secondo il procuratore della Repubblica di Torino, Raffaele Guariniello: è una figura di grande responsabilità che va protetta. Ci vuole più solerzia da parte della magistratura e vanno accorciati i tempi dei processi.

Con i tempi che corrono, le irregolarità sull’universo-lavoro sono sempre di scottante attualità. Le morti sul lavoro sono ancora decine nel nostro Paese ogni anno e nonostante ci sia un Testo Unico sulla salute e sicurezza, rispetto al tema c’è ancora molta confusione.

Se n’è discusso oggi al seminario organizzato sul tema dalla Cisl di Milano, a cui tra gli altri è intervenuto il procuratore della Repubblica di Torino, Raffaele Guariniello, noto per le sue inchieste sulle violazioni della sicurezza nei luoghi di lavoro (ThyssenKrupp, Eternit) e sull'abuso di famaci nel calcio (Juventus). «Se facciamo paragone con 30 anni fa – ha detto al margine dell’incontro - c’è stata una maturazione sul problema da parte dell’opinione pubblica ma c’è ancora insoddisfazione perché i controlli sono carenti e gli infortuni sono gli stessi. Mi ricordo che negli anni 70 si moriva per gli stessi motivi: gli operai ancora oggi cadono dai tetti, dai ponteggi, per mancanza di sostegni o di precauzioni. E anche la legge, che c’è, deve essere supportata da magistratura più solerte. Ci sono processi in atto ma sono troppo lenti».



CASSAZIONE – Al seminario, i cui lavori sono stati coordinati dal segretario  Cisl Milano Giuseppe Saronni, il procuratore ha portato alcuni esempi di sentenze della Corte di Cassazione che in tempi recenti hanno fatto “giurisprudenza”, cioè hanno chiarito e puntualizzato alcuni aspetti della normativa vigente. Si è così esaminato come il ruolo del coordinatore della sicurezza sul posto di lavoro sia un punto cruciale di tutta la questione sicurezza. «Il coordinatore oltre ad aver obbligo di vigilanza ha anche obbligo di verifica costante che la sicurezza e la sua messa in atto sia sempre favorita in ogni fase del lavoro. Molte sentenze hanno specificato che la cadenza dei controlli, pur non essendo stabilita per legge, deve essere costante e sempre puntuale in caso di inizio della nuova fase».

A tal proposito, una sentenza recente (dello scorso ottobre) ha stabilito che quando il coordinatore designato alla sicurezza si rende conto che non è possibile garantirla o procedere, può sospendersi dalla funzione. «Anche il diritto a bloccare il lavoro da parte di tutti i partecipanti – ha detto il procuratore – è una grande conquista sulla carta. Ma chi in realtà si ferma veramente per temuti pericoli gravi? E quanti contenziosi aprirebbe un comportamento del genere?».

Anche sull’aspetto della documentazione in cantiere c’è una vasta letteratura. Guariniello dice che «spesso quando succedono infortuni si va subito a prendere verbali per chiarire chi ha stabilito cosa. Questo può indurre i responsabili a scrivere sempre meno per non incorrere in coinvolgimenti. Ma è ovvio che se non si verbalizza non si lavora».

Sulla sicurezza, quindi, ha detto il procuratore «ci sarebbe bisogno di stabilire tre fondamenti: la vigilanza a inizio di lavori, la continuità periodica della vigilanza, a seconda della pericolosità degli interventi e anche dei comportamenti delle aziende che solitamente gestiscono i sub-appalti nel settore edile. E soprattutto non bisogna dimenticare che l’obbligo di vigilanza è impositivo. Cioè la sicurezza deve essere rispettata imponendola. E tutti, compresi i sindacati e la magistratura, dovrebbero sempre ricordarsi di tutelare le Rls, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza che troppo spesso sembrano figli di nessuno».

Accanto alla figura centrale del coordinatore della sicurezza c’è anche però il ruolo dei committenti: «Nessuno può dimenticare che il testo unico in materia impone al committente l’obbligo di ottenere un piano di sicurezza dai tecnici a inizio lavori, ma anche un obbligo a tenerlo aggiornato con l’evolversi delle attività e soprattutto a vigilare che venga applicato». Come dire, nessuno può lavarsi le mani in caso di infortunio.

Una legge articolata, quindi, quella italiana, che  avrebbe però bisogno di una maggiore diffusione della cultura della sicurezza: «Credo che diffondere la valutazione dei rischi e informazione sia prioritario – conclude Guariniello - , ma anche l’applicazione reale di quello che si scrive. Non ci devono essere solo carte ma anche adeguati controlli e sanzioni».

IL VIDEO SERVIZIO DI MAURO CEREDA

http://www.youtube.com/watch?v=-xV-iRZxpjs&feature=plcp

23/11/2012
Christian D Antonio - c.dantonio@cisl.it
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