QUASI IL 40% DEGLI IMPIANTI NON A NORMA
Infortuni domestici, allarme per oltre 5 milioni di persone

Il lavoro in casa è riconosciuto dal 1999. Ma ancora poco si fa per tutelarlo. In primis non ci si preoccupa dei rischi. E anche in caso di decesso, non si hanno informazioni.

Sono tredici gli anni trascorsi dal 3 dicembre 1999, da quando in Italia, grazie alla legge 493, è stato riconosciuto per la prima volta il valore sociale ed economico al lavoro svolto in ambito domestico.

Definendolo come l’insieme delle attività svolte da uno o più soggetti nell’abitazione dove dimora il nucleo familiare, senza alcun vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, il lavoro domestico è entrato a far parte, nel 2001, delle tipologie lavorative per le quali è previsto l’obbligo di assicurazione presso l’Inail.

Le campagne informative (in corso quella del 2012), promosse in modo costante negli anni, hanno dato dei risultati soddisfacenti nell’informare la popolazione di tale novità, ma la scelta di inviare la comunicazione a casa dell’obbligo di assicurarsi per tutte le persone che svolgono lavoro domestico, ha sortito un reale significativo aumento nel numero delle iscrizioni che, comunque, rimane ancora considerevolmente basso in confronto alla platea dei soggetti a cui è destinata (stimata intorno a 5,2 milioni di persone).

L’obbligo è rivolto a tutte le persone (sia uomini che donne) che sono in un età compresa tra i 18 e i 65 anni e che svolgono, in modo non occasionale, lavoro finalizzato alle cure della propria famiglia e dell’ambiente in cui dimorano. Anche i cittadini stranieri sono soggetti a tale obbligo, purché soggiornino regolarmente in Italia, così come gli studenti che dimorano in una località diversa dalla propria città di residenza e svolgono attività in ambito domestico.

Gli infortuni domestici, sia mortali che non, rappresentano un fenomeno non conosciuto dalla cronaca, in quanto, gli accadimenti vengono ad essere registrati come eventi che ricadono a carico del servizio sanitario nazionale e, pertanto, non identificati come infortuni di natura lavorativa.

Le cause principali che determinano gli infortuni domestici sono da attribuire principalmente a cause di natura elettrica. Difatti, su di un numero di circa 4 milioni di incidenti, quasi  240mila casi sono da attribuire a tali cause.

Le nostre case, in questo senso, costituiscono i più diffusi ambienti non a norma nei quali trascorriamo il numero più ampio di ore di permanenza. In effetti, oltre al dato degli infortuni avvenuti alle persone per cause elettriche, non può essere trascurato il dato che riguarda gli incendi: uno ogni dieci problemi di natura elettrica (spesso corto circuiti) scaturiti da impianti non a norma.

DATI ALLARMANTI - Dai dati più recenti forniti dall’Istat attualmente sono circa il 37% le abitazioni ancora con l’impianto elettrico non a norma e quasi il 31% di quelle a norma, ancora prive del certificato di conformità.

Ma a preoccupare, oltre alla situazione oggettiva tecnica e l’atteggiamento che gli italiani hanno dei riguardi della sicurezza in casa. Il trascurare i controlli, il non rispetto delle scadenze, il non affidarsi a tecnici specializzati per le riparazioni, sembrano gli atteggiamenti più diffusi e, al contempo, le ragioni più frequenti alla base degli incidenti domestici.

Riconosciuto solo dal 2006 il diritto al risarcimento anche per decesso causato da infortunio domestico, ad oggi sono 70 le richieste di erogazione della rendita pervenute all’INAIL, a fronte di un numero di 14.990 richieste per infortunio.

Le ragioni di una differenza significativa tra il numero di casi di richiesta di erogazione della rendita per infortunio, pervenuta all’INAIL, e la dimensione del fenomeno degli infortuni domestici, non riflette certo le ragioni che sono alla base dell’occultamento degli infortuni accaduti in contesto lavorativo (e non domestico), ma ne riflette altre, ugualmente rilevanti.

In primo luogo l’assicurato infortunato ha diritto ad avere la rendita solo a fronte di una invalidità accertata pari almeno al 27% (condizione di invalidità piuttosto grave) che deve necessariamente avere il carattere di invalidità permanente. Inoltre, la rendita riconosciuta parte da un minimo di 166,79 euro al mese (cifra davvero irrisoria per la condizione in cui l’infortunato si trova), arrivando ad un massimo di 1158,32 euro, quando l’inabilità raggiunge il 100%.

Per espressa volontà del legislatore, il lavoro domestico non viene ricompreso tra il lavoro tutelato dalla normativa vigente che regola le disposizioni in tema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro (dlgs 81/08 s.m.). Tale chiara esclusione (prevista all’art.2, comma 1, lett. a ), con la dicitura «esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari»), ancora oggi, da parte dei non conoscitori della materia, crea sulle prime sconcerto: ma è importante conoscere che la scelta attuata, non solo è coerente con le indicazioni comunitarie sul punto, ma è sostenibile sul piano delle ragioni.

L’esclusione che viene indicata è riferita all’intero sistema di prevenzione previsto dal dlgs 81/08 s.m. secondo il quale ogni realtà lavorativa (ricompresa dalle definizioni) prima di essere tutelata (copertura che viene garantita dall’assicurazione obbligatoria e non dalle disposizioni del dlgs 81/08 s.m.) è soggetta agli obblighi previsti nell’articolato.

Pertanto, se il lavoro domestico fosse stato inserito tra le realtà lavorative soggette alle regole introdotte dal dlgs 81/08 s.m., avrebbe richiesto a ciascun soggetto titolare di lavoro domestico di doversi mettere in regola secondo le norme prevenzionali previste: a partire quindi dallo svolgimento di una valutazione del rischio degli ambienti nei quali si svolge il lavoro domestico e da una successiva coerente redazione del documento di valutazione dei rischi, con relativa nomina delle figure a questo demandate.

Evitando tutti questi oneri a carico dei soggetti, per il lavoro domestico è stata previsto (solamente) l’obbligo di assicurarsi presso l’INAIL, contando però sul rispetto delle regole di norma tecnica previste per le abitazioni.

Purtroppo, la tanto denunciata mancanza di cultura della prevenzione negli ambienti di lavoro, pervade anche in nostri ambienti di vita e questo porta, ogni anno, non solo a dover fronteggiare i tanti (troppi) infortuni sul lavoro, ma anche gli altrettanti (frequenti) infortuni domestici, che spesso coinvolgono un numero consistente di minori.

15/11/2012
Cinzia Frascheri - Responsabile nazionale CISL salute e sicurezza sul lavoro
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