I SOLDI DEI MIGRANTI
Per le rimesse la crisi non c'è

In Italia, nel 2011, sono cresciute  del 12,5%. A livello mondiale sono almeno 370 i miliardi inviati dai migranti nei propri Paesi di origine. Ma i costi delle commissioni, altti soprattutto in Africa, scoraggiano i lavoratori

La crisi non ha intaccato i risparmi dei lavoratori migranti. Le rimesse, nel 2011, hanno registrato un aumento del 12,5% rispetto all’anno precedente, un totale di 7,4 miliardi di cui più della metà, il 53%, verso l’Asia, il 23,4% verso l’Europa mentre l’11,5% ha raggiunto il continente africano che quello americano. A beneficiarne di più è stata la Cina (oltre 2,5 miliardi di euro), la Romania (895 milioni), le Filippine (oltre 601 milioni) e il Marocco (quasi 300 milioni). Circa la metà del flusso è partito dalle regioni Lazio e Lombardia, mentre oltre il 52% è stato inviato dalle provincie di Roma, Milano, Napoli, Firenze e Prato (di cui, per quest’ultima, il 91% verso la Cina). La Romania è stato il primo Paese di destinazione a Torino, mentre le Filippine per Bologna. È questa l’istantanea scattata dal XXII Dossier statistico Caritas/Migrantes relativa all’Italia, presentato a Roma il 30 ottobre.

Le rimesse assumono un ruolo strategico, sia per il singolo progetto migratorio che per la comunità di appartenenza. Se da una parte, infatti, esse consentono al lavoratore di accumulare risparmi per obiettivi futuri, dall’altro vanno a costituire una fonte di ricchezza per lo stesso Paese di origine. «A livello mondiale-, nota Migranti e banche , associazione che si occupa dell’integrazione finanziaria degli stranieri, -le rimesse superano gli aiuti internazionali allo sviluppo destinati nei Paesi poveri e gli investimenti diretti esteri e contribuiscono massicciamente alla composizione del prodotto interno lordo di molti Paesi». La Banca Mondiale ha stimato un flusso di denaro globale superiore ai 370 miliardi di dollari, più che quadruplicato negli ultimi venticinque anni. Le cifre, com’è ovvio, considerano i soli trasferimenti avvenuti tramite canali ufficiali, come banche e money transfer. «In alcune aree, come l’Est europeo o l’Asia-, – ci spiega Adriana Coletta di Migranti e Banche , – molte rimesse sono inviate dall’Italia per canali informali, ad esempio attraverso persone di fiducia che si incaricano di portarle a destinazione. Lo sviluppo di queste attività sommerse impedisce che i risparmi vengano utilizzati in maniera produttiva. Una banca può aiutare il migrante a gestire meglio i suoi soldi, o facilitarlo, nel caso, per finanziamenti successivi».

Alcune zone del mondo scontano i problemi del basso livello di “bancarizzazione”, mentre l’ostacolo, per altre, è dato dall’elevata entità delle commesse imposte dagli intermediari. «In Africa il sistema bancario è poco diffuso, tendenzialmente di elite, e i migranti africani tendono ad utilizzarlo in maniera inferiore. Per quanto riguarda la riduzione dei costi, invece, l’attenzione della Banca Mondiale negli ultimi anni è crescente. Il tutto è partito dal G8 de L’Aquila del 2009, in cui una serie di Paesi, tra cui il nostro, si sono impegnati in questa direzione. L’Italia, in particolare, ha pronosticato una riduzione del 5×1000 delle commissioni entro il 2014». Gli impegni, trascorsi tre anni dal vertice, sono rimasti al momento solo parole. Di concreto si registrano alcune iniziative, come quella realizzata da Abi (Associazione Bancaria Italiana) e il Cespi (Centro Studi di Politica Internazionale): un sito internet che permette di comparare i costi delle rimesse o i conti correnti legati alle varie realtà bancarie dei Paesi di origine.

Secondo i calcoli della Banca Mondiale , i “corridoi” più esosi per le rimesse dei migranti sono proprio in Africa. L’invio di 200 dollari, ad esempio, dal Sud Africa allo Zambia costa ad un lavoratore 45,87 dollari. Di poco inferiori i trasferimenti Ghana-Nigeria (44,56 dollari), Sud Africa-Malawi (43,17 dollari), Sud Africa-Botswana (42,14 dollari) e Tanzania-Ruanda (42,14 dollari). Per contro, le tratte più economiche sono in Asia: per l’invio della stessa somma, dagli Emirati Arabi Uniti al Pakistan la commissione scende a 4,92 dollari. Un abisso tra le due aree e imputabile, secondo Think Africa Express , al quasi monopolio esercitato nel continente nero da Western Union. Essa «stabilisce accordi a lungo termine con agenti e corrispondenti a cui impone clausole restrittive di esclusiva, che impedisce loro di lavorare con società considerate da Western Union come concorrenti». Senza questi ultimi, la società statunitense «può impostare commissioni a livelli eccessivamente alti rispetto a quelle che si potrebbero incontrare in un ambiente più competitivo».

Prezzi elevati per il trasferimento di denaro distraggono quindi somme importanti allo sviluppo delle aree povere del mondo. «Un buon 80-90% dei migranti concepisce il proprio progetto migratorio come limitato nel tempo- continua Coletta. – E i soldi risparmiati, oltre che per il sostentamento dei propri famigliari, vengono utilizzati per investimenti nei Paesi di origine». Anche per questo, «i costi di invio sostenuti dal migrante per inviare il denaro devono essere diminuiti».

Luigi Riccio - Corriere dell'Immigrazione

05/11/2012
Twitter Facebook