GLI ERRORI DELLA SANITA'
Quando il medico sbaglia, ci rimette il paziente

Nel corso di questi tredici anni vi sono state 27.073 richieste di risarcimento, 16.304 denunce cautelative e 1.356 procedimenti penali.

In occasione della giornata nazionale di approfondimento sul tema medico-legale, i cui lavori si sono svolti il 24 settembre presso la Corte d'Appello di Milano, sono stati resi noti i dati relativi al contenzioso medico-legale in Lombardia nel periodo 1999-2011. Nel corso di questi tredici anni vi sono state 27.073 richieste di risarcimento, 16.304 denunce cautelative e 1.356 procedimenti penali. Su un totale di 43.660 sinistri denunciati, il 94% circa si è verificato in ambito ospedaliero ed il restante 6% nelle 15 Asl lombarde. In riferimento al solo rischio clinico, nel periodo considerato vi sono state 8,9 richieste di risarcimento ogni 10.000 ricoveri (comprensivi del day hospital). Nell'ambito del Pronto Soccorso gli eventi più frequenti sono stati gli errori diagnostici (58,8% del totale), gli errori terapeutici (13,2%), gli errori chirurgici (5%) e gli smarrimenti (4,5%). In Ortopedia e Traumatologia, in Chirurgia generale e in Ostetricia e Ginecologia prevalgono gli errori chirurgici (rispettivamente 53,6 e 49,1 e 40,5%), mentre in Medicina Generale il caso più frequente è costituito dagli smarrimenti (22%). Leggendo questi dati un interrogativo viene irresistibilmente alla mente: quanti di questi casi rivelano dei veri e propri casi di malasanità e quanti invece, dopo un attento esame dei fatti, risultano riconducibili alla normalità della pratica clinica, che comporta sempre una percentuale di rischio non eliminabile? Una prima risposta viene dall'esito dei procedimenti penali, che si concludono, nell'80% circa dei casi con l'assoluzione del medico incriminato (fonte: Amami, Associazione medici accusati di malpractise ingiustamente).

AUMENTANO LE RICHIESTE DI RISARCIMENTO

Per le richieste di risarcimento, quel che salta subito all'occhio è l'aumento vertiginoso dei casi che si è verificato negli ultimi anni (+316% nel periodo 1994-2007, dati Ania). Ancora di più sono aumentati (dal 3,4% del 1994 al 91,9% del 2007) i cosiddetti “sinistri riservati” il cui risarcimento è in sospeso in attesa di accertamento definitivo delle responsabilità, segno evidente sia dell'aumento del contenzioso civile che del conseguente intasamento della macchina giudiziaria. Anche se siamo ancora arrivati al punto di avere, come negli Stati Uniti, gli studi legali posizionati nelle vicinanze del Pronto Soccorso, in modo da meglio intercettare i potenziali clienti, ci stiamo sicuramente avviando su questa strada.
Se a questi dati aggiungiamo il fatto che medici stanno reagendo mettendo in atto una serie di comportamenti noti come “medicina difensiva”, ossia le prescrizione di esami, visite e trattamenti superflui, fatta allo scopo di prevenire possibili denunce, con le conseguenze che si possono immaginare in termini di costi a carico del Ssn, possiamo farci un'idea abbastanza chiara di come stiano andando le cose.
Va poi detto che in Italia, su questi temi, è sempre prevalso un approccio accusatorio, centrato sulla responsabilità individuale della persona. In pratica questo vuol dire che ci si limita a ricostruire la catena causale che ha portato all'incidente, fermandosi quando si crede di aver individuato un colpevole, mentre si trascura di analizzare il contesto organizzativo nel quale si sono svolti i fatti. Il risultato è che si ottengono delle analisi superficiali, che non consentono miglioramenti tali da prevenire il riaccadere di eventi simili. Inoltre, così facendo si creano anche delle ulteriori distorsioni all'interno delle organizzazioni sanitarie: senso di paura generalizzato, tendenza a nascondere gli errori, sfiducia nei propri superiori.
Se però questo è stato finora il modo in cui le strutture complesse, non solo sanitarie, hanno affrontato il problema degli eventi sfavorevoli, dei motivi ci devono pur essere. Il primo e più grande è che in questo modo si evita di mettere in discussione l'assetto organizzativo, e quindi i vertici che hanno fatto le scelte strategiche, con ovvi risvolti economici e legali. Un altro, meno gretto, ma potenzialmente assai più pericoloso è che così facendo si soddisfa il senso di giustizia delle persone coinvolte o anche semplicemente informate dei fatti. Trovare un colpevole appaga emotivamente, ed è per questo motivo che di solito lo si trova, qualche volta prescindendo dal fatto che lo sia davvero.

01/10/2012
Giovanni Provasi - info@jobedi.it
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