E' STATO ARCIVESCOVO D MILANO DAL 1979 AL 2002
Carlo Maria Martini. L'uomo, il cardinale

Riproponiamo due interviste (Milano Sindacale 2003, Job 2011) a due giornalisti (Marco Garzonio e Aldo Maria Valli) che hanno conosciuto e scritto  del gesuita che che ha illuminato Milano e la Chiesa. La sua pastorale sociale e l'attenzione per il lavoro.


Intervista ad Aldo Maria Valli (giornalista della Rai e autore del libro "Storia di un uomo", Ancora)

Carlo Maria Martini è stato per 22 anni arcivescovo di Milano e ancora oggi resta una delle figure di riferimento della Chiesa. Aldo Maria Valli gli ha dedicato un libro ( Storia di un uomo, Ancora ). Che lo rivela nel profondo.
Perché questo libro? E perché questo titolo?
Il libro nasce dal desiderio di mettere a disposizione di un pubblico vasto, con un linguaggio semplice, un testo sulla vita e sull’insegnamento del cardinale Martini. Ci sono moltissimi libri scritti da lui, oppure libri tratti da suoi incontri ed esercizi spirituali, ma non c’erano testi aggiornati che facessero il punto su che cosa ha rappresentato Martini per la Chiesa e per la cultura, non solo in Italia.
Il titolo nasce da un confronto diretto con il cardinale. Io avevo messo in campo alcune ipotesi. Pensavo a un titolo che ruotasse attorno all’idea di fiducia in Dio e nell’uomo, così centrale nel pensiero di Martini. Pensavo anche di trasformare in titolo due espressioni martiniane che fotografano bene il suo atteggiamento. Una è “Ogni tempo è un tempo di grazia” e l’altra è “Le sorprese di Dio”. Con la prima Martini dice che anche se non viviamo più in una società permeata di valori cristiani non per questo i credenti devono essere tristi o rassegnati, perché, al contrario, essere credenti oggi implica una scelta molto più consapevole che in passato. Con la seconda il cardinale esorta a non inquadrare Dio dentro i nostri schemi, a non costruirci un Dio a nostra immagine e somiglianza, ma a lasciarci prendere da lui, ad abbandonarci nelle sue braccia. Martini però mi ha chiesto un titolo più semplice, più asciutto e più laico. Non ha voluto, parole sue, che sapesse troppo “di Chiesa”. E alla fine ha deciso lui stesso: “Storia di un uomo”. Perché lui, mi ha detto, in fondo è stato ed è soltanto questo: un uomo in mezzo agli altri. Le sue motivazioni mi sono piaciute, e quindi ho adottato il titolo. Anche se lui è e resta indubbiamente un uomo un po’ speciale.
Martini, all’interno della Chiesa, è comunemente identificato come un “progressista”. Cosa significa?
L’etichetta gli è stata appiccicata addosso da noi della stampa per alcune sue prese di posizione e per il suo stile pastorale. Martini non ha mai amato le definizioni troppo dogmatiche. E’ per una Chiesa pellegrina, che cammina in mezzo agli uomini, una Chiesa umile, poco istituzionale, che illumina, conforta e incoraggia, non una Chiesa che sentenzia e condanna, una Chiesa leggera, ben distante dalla politica e da tutti gli altri poteri. Una Chiesa che non deve aver paura di essere “piccolo gregge”, come era la Chiesa degli apostoli, quando tutto incominciò. Inoltre ha sempre avuto una grande attenzione per i più lontani, per coloro che hanno una fede diversa da quella cristiana, e per i non credenti. Di qui il suo sforzo di capire le loro ragioni, di mettersi in contatto con loro, convinto che la vera distinzione da fare non sia tra credenti e non credenti, ma fra pensanti e non pensanti. Martini crede alla Chiesa del Concilio Vaticano II, in dialogo con il mondo, non chiusa in sé e timorosa del confronto. Queste caratteristiche fanno di lui, per come la vedo io, semplicemente un vero cristiano, ma non si può nascondere che, rispetto ad altri filoni di pensiero all’interno della Chiesa, le sue posizioni possano apparire “progressiste”.
Quale Chiesa ha in testa e nel cuore Martini?

Credo di aver già risposto. Aggiungo solo una sua frase illuminante. Una volta, parafrasando lo studioso di comunicazione Marshall McLuhan secondo il quale “il mezzo è il messaggio”, Martini disse che spesso, per quanto riguarda la Chiesa, il mezzo può uccidere il messaggio. L’istituzione può prevalere sui contenuti, la struttura può diventare più importante della parola. Questo è un rischio reale, che allontana molto persone dalla Chiesa. Inoltre Martini ha sempre dato fiducia al ruolo dei laici credenti, uomini e donne comuni, non consacrati, che testimoniano il Vangelo con la loro vita. Ha sempre temuto una Chiesa troppo centrata sul clero. A lui piace, ha detto, la Chiesa dalla carità. Non solo della carità, ma dalla: nel senso che nasce dalla carità. E la carità è il nome cristiano dell’amore.
Qualcuno lo vede in contrapposizione con Benedetto XVI: in realtà tra Martini e il papa c’è stima reciproca…
Sì, c’è una grande stima, testimoniata più volte da entrambi. Non dimentichiamo che Ratzinger, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, chiamò Martini a farne parte. Però i due sono molto diversi, e anche di questo sono consapevoli. Diverso soprattutto è il modo in cui hanno vissuto un momento cruciale per entrambi: la contestazione del 1968. Martini era uno studioso, un biblista, e non fu particolarmente toccato né spaventato da quel passaggio storico. Ratzinger invece lo visse da professore di teologia a Tubinga, in Germania, e quando vide che tutte le regole venivano sovvertite, che gli studenti salivano in cattedra e strappavano il microfono ai docenti, e soprattutto che il marxismo si stava infilando anche negli studi teologici, ne rimase quasi scioccato. Da lì i loro percorsi si sono differenziati: Ratzinger è diventato sempre di più il custode della dottrina, mentre Martini ha mantenuto la sua dimensione di apertura. I due si ritengono comunque complementari. Ed è bello quanto ha detto una volta Martini: “Dicono che io sia un anti-papa, ma in realtà sono un ante-papa, uno che prepara un po’ il terreno al papa e gli indica i problemi da affrontare”.
Quali sono stati i tratti più forti della sua missione pastorale a Milano?
Martini è sempre stato un uomo, uno studioso e un pastore profondamente legato alla Parola con la P maiuscola, quella di Dio, la Parola della Bibbia. Quando entra a Milano, nel 1980, porta con sé una sola cosa: una Bibbia. Quello è il suo programma. Negli anni milanesi quindi cerca di riproporre le Sacre Scritture a tutti, credenti e non credenti, per farle diventare terreno di verifica, di confronto e di crescita comune. Nella Bibbia c’è un deposito di saggezza che va al di là delle appartenenze e dei tempi storici: è come un pozzo dal quale attingere sempre acqua fresca. Ben consapevole delle caratteristiche di Milano e della sua apertura verso mondi diversi, Martini ha puntato sul confronto a viso aperto (pensiamo alla celebre Cattedra dei non credenti, che scandalizzò alcuni ma entusiasmò molti altri), perché era convinto che per far crescere la società fosse necessario il contributo di tutti, senza esclusioni e senza steccati. E infine occorre ricordare il suo ruolo critico nei confronti della politica, un ruolo che non nasceva dalla sfiducia ma dal desiderio di purificare la politica dalle sue degenerazioni. In questo senso, i discorsi che pronunciò, specie in occasione della festa di sant’Ambrogio, hanno un che di profetico.

Lei è anche amico del cardinale: com’è l’uomo Martini?
E’ un uomo che può apparire un po’ freddo e distante al primo contatto, ma in realtà, pur essendo molto discreto, gli piace stare in compagnia ed è anche curioso. Non per niente ha scelto di essere gesuita, e sappiamo che i gesuiti amano la conoscenza e a loro piace mettersi sul confine tra mondi diversi, con l’atteggiamento degli esploratori. Va anche detto che da ragazzo Martini pensò per qualche tempo di diventare giornalista. Non gli piacciono gli invadenti e quelli che parlano troppo di se stessi. E’ un osservatore, e nei suoi giudizi sa essere tagliente ma anche misericordioso. Ha sempre avuto una predilezione per l’umanità sofferente, per i malati, per i carcerati. E ora che lui stesso si trova nella malattia, a causa del Parkinson, si lascia aiutare.
Martini, nonostante la malattia che gli impedisce le apparizioni pubbliche, resta un punto di riferimento fondamentale per credenti e non credenti. Cosa affascina tanto di lui?
Credo che di lui si possa dire: ecco, questa è una persona credibile, è un vero testimone. Si avverte che le sue parole non sono mai di circostanza né motivate da ragioni di opportunità. E’ un uomo veramente libero e questa libertà gli deriva dal legame con la Parola di Dio.

Job (dicembre 2011)


Intervista a Marco Garzonio (editorialista del Corriere della Sera, autore del libro "Il cardinale", Mondadori)

10 febbraio 1980, Carlo Maria Martini fa il suo ingresso a Milano. Per 22 anni resterà alla guida della diocesi più grande del mondo, lasciando un segno indelebile nelle coscienze di tutti, credenti e non. A questi 22 anni Marco Garzonio ha dedicato un poderoso volume, da poco uscito per Mondadori: “Il Cardinale: il valore per la Chiesa e per il mondo dell’episcopato di Carlo Maria Martini”.
Garzonio, cosa c’è in questo libro?
C’è la storia di un uomo e di una città: Martini e Milano, la Milano delle grandi trasformazioni culturali, economiche e tecnologiche, di Tangentopoli e della crisi dei partiti, delle nuove emergenze sociali. Martini ha vissuto questi eventi interpretandoli in modo originale e alto, alla luce della Parola.
Cosa ha lasciato Martini a Milano?
Ha lasciato l’esercizio alla coscienza critica, il gusto della preghiera, della meditazione, del silenzio, dell’essenziale. Ha lasciato il fastidio per la banalità, per la rissa, per il rumore, per il disimpegno. Ha lasciato la voglia di cambiarsi e di cambiare, di incontrare la gente, gli altri. Martini ha amato profondamente Milano e se la porterà per sempre ne cuore.
I 22 anni di episcopato di Martini sono ricchi di eventi significativi. Tra questi c’è l’esperienza della “Cattedra dei non credenti”.
Un’esperienza di grande valore. Ad ispirargliela è stato l’incontro in carcere con i terroristi: alla base c’era la convinzione che i non credenti avessero qualcosa da comunicare ai credenti. Martini diceva: “Anche in me c’è un non credente”. Questo atteggiamento di “uomo in ricerca”, curioso, attento alle esperienze altrui è sempre piaciuto molto al mondo laico. All’epoca la “Cattedra” gli costò qualche critica, ma alla fine gli è valsa gli apprezzamenti del Papa. Io ho ricevuto diverse lettere di persone che mi hanno confidato di avere scoperto la Fede grazie alla “Cattedra”. E so che ne ha ricevute anche il cardinale.
Martini ha scritto lettere pastorali dal primo anno di episcopato che sono diventate dei veri best-sellers. Ce n’è una che ricorda in modo particolare?
E’ difficile rispondere a questa domanda. Sono state tutte significative, a cominciare dalla prima: “La dimensione contemplativa della vita”, in cui richiamava una città frenetica e “del fare” come Milano alla ricerca del “senso” e del valore del pragmatismo e dell’essere attivi, alla bellezza della preghiera e della meditazione. Martini ha sempre evidenziato il bisogno di  fermarsi a riflettere, di guardarsi dentro, di assaporare il silenzio.
Il Cardinale in tutti questi anni ha seguito con grande attenzione il tema del lavoro.
E’ così. Nel corso del suo episcopato è stato testimone di numerosissime crisi, da quelle che hanno coinvolto le grandi fabbriche fino alle ultime, scoppiate in un mercato del lavoro sempre più frammentato. Nei momenti difficili è sempre stato presente, ma mai con atteggiamenti di parte. La sua era una scelta di campo, il Vangelo delle Beatitudini di chi ha fame e sete di giustizia, di chi è operatore di pace. Ogni suo intervento era teso a riportare la questione al nocciolo fondamentale: la dignità dell’uomo, dei lavoratori, delle loro famiglie. Lui non si schierava mai con gli uni in opposizione agli altri, ma invitava tutti a farsi carico delle proprie responsabilità per incidere sulla realtà e modificarla in meglio. La Chiesa di Martini è ispirata al Vangelo della responsabilità.
Ricorda qualche episodio particolare?
Ce ne sono tanti: ricordo un suo intervento, molto apprezzato, davanti a 3 mila operai della Pirelli, ma anche i dibattiti sul tema del profitto con Agnelli, Romiti, De Benedetti. Lui era dell’opinione che il profitto non andasse demonizzato, ma neppure divinizzato, trasformato in un idolo in nome del quale poter fare tutto. Per gli uomini e le donne che lavorano è stato un riferimento fondamentale.
Un altro suo punto fermo è stata la sensibilità verso gli “ultimi”.
Si, gli ultimi del Vangelo: gli anziani, i disabili, i bambini, i carcerati. Nei carcerati vedeva l’idea della redenzione, la possibilità del riscatto dai propri errori. Che poi è il tema della rinascita, della rigenerazione, della Resurrezione evangelica.
Il Cardinale è stato spesso al centro del dibattito politico. Tirato di qua e di là.
Martini non è etichettabile in alcun modo, è un uomo di Dio e basta. Certo guardava con attenzione alla politica, come alle cose del mondo. Considerava la politica come l’esercizio della libertà nella costruzione di quella che Lazzati chiamava la “città dell’uomo”: un dovere per i cristiani portare nell’agorà i valori evangelici, farsene testimoni attivi, non sfruttare rendite di posizione o esercitare un potere fine a se stesso.  Non ne ha mai fatto una questione di sigle.
Adesso trascorre lunghi periodi a Gerusalemme. Quale sentimento lo lega  alla Città Santa?
Quello di un innamoramento. In questo legame c’è tutto il mistero e l’intensità dell’amore. A Gerusalemme fa una vita di studio e di preghiera. E’ la preghiera di intercessione che gli ha raccomandato il Papa. Gerusalemme è il centro delle contraddizioni di questo mondo, quando ci sarà pace lì ci sarà pace dappertutto.
In definitiva, come descriverebbe Carlo Maria Martini a chi non lo conosce?
Fondamentalmente come un uomo solo. Che in tutte le situazioni ha cercato di dire parole che andassero oltre le circostanze, che scuotessero le coscienze, che fossero intrise di valore, di significato. E chi ha questa tensione e capacità è destinato ad essere solo, guardato magari con sospetto e con invidia, perché davvero libero interiormente: è una condizione esistenziale. Martini è stato ed è tuttora un uomo di verità, come ho detto: un uomo di Dio.


Milano Sindacale (febbraio 2003)

31/08/2012
Mauro Cereda - info@jobedi.it
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