SPENDING REVIEW
Per gli ospedali 8 miliardi in meno

C'era stata la manovra del 2011. Ora ulteriori tagli del governo Monti colpiscono farmacie e dipendenti. Gli interventi sono articolati,e divisi in tre categorie: farmaceutica, revisione della spesa per l'acquisto di beni e sevizi e revisione degli standard di posti letto per 1.000 abitanti.

Il Consiglio dei ministri ha approvato nei giorni scorsi il decreto legge sulla revisione della spesa o spending review . In questo ambito un capitolo importante è dedicato alla sanità, settore che subirà, sommando anche gli effetti della manovra del luglio del 2011, in due anni e mezzo, da qui alla fine del 2014, un taglio di risorse pari a 7,9 miliardi di euro, di cui 900 milioni quest'anno, 4,3 miliardi nel 2013 e 2,7 miliardi nel 2014.

Gli interventi sono piuttosto articolati, e possono essere sommariamente divisi in tre categorie: farmaceutica, revisione della spesa per l'acquisto di beni e sevizi e revisione degli standard di posti letto per 1.000 abitanti.

Per la farmaceutica territoriale, ossia per i medicinali acquistati nelle farmacie, è previsto che farmacisti e case produttrici pagheranno un contributo maggiore al SSN in caso di sforamento del tetto di spesa previsto. Per i farmacisti esso passa dall'1,82 al 3,65%, per le case farmaceutiche, per il solo 2012, dall'1,83 al 6,5%. Il tetto scende dall'attuale 13,3 al 13,1% della spesa sanitaria complessiva per quest'anno e all'11,5% a partire dal 2013.

Per i farmaci usati negli ospedali le aziende farmaceutiche dovranno rimborsare al SSN il 50% della spesa eccedente il tetto, contro il 35% attuale. Il tetto passa dal 3,2 al 2,4%, sempre rapportato al totale della spesa sanitaria.

La revisione della spesa per l'acquisto di beni e servizi consiste essenzialmente in due tagli lineari e in una riduzione di tetto massimo di spesa. I tagli lineari riguardano gli acquisti delle aziende sanitarie, che dovranno essere ridotti del 5%, con obbligo di recesso anche dai contratti già stipulati, nel caso vi siano scostamenti maggiori del 20% rispetto ai prezzi di riferimento e gli acquisti di prestazioni sanitarie, in pratica ricoveri ospedalieri e specialistica ambulatoriale da strutture private accreditate, che dovranno essere ridotti dello dello 0,5% quest'anno, dell'1% nel 2013 e del 2% nel 2014. Il tetto massimo di spesa per l'acquisto di dispositivi medici viene ridotto dall'attuale 5,2% al 4,9% nel 2013 e al 4,8% nel 2014.

Infine, il provvedimento prevede che le Regioni adottino provvedimenti per la riduzione dello  standard di posti letto a carico del SSN, quindi sia pubblici che privati accreditati, dall'attuale 4 per 1.000 abitanti a 3,7. Viene specificato che almeno il 40% di questa riduzione deve essere a carico delle strutture pubbliche e che essa deve essere attuata esclusivamente mediante la soppressione di unità operative complesse, ossia di reparti ospedalieri.

Questi, in estrema sintesi, i contenuti della parte del decreto riguardante la sanità. Passando ad un primo commento, diciamo subito che la parte riguardante i maggiori contributi richiesti a  case farmaceutiche e farmacisti è senz'altro condivisibile. In un momento come questo tutti devono fare la loro parte, a cominciare da chi ha finora maggiormente beneficiato del sistema.

Al fine di analizzare la restante parte del del provvedimento, ci pare possa essere utile introdurre un elemento di distinguo. Tagli lineari e riduzioni di tetti sono concettualmente diversi. Nel primo caso si colpiscono in misura uguale tutti i soggetti, Regioni e aziende sanitarie, quale che sia la situazione di partenza. Nel secondo si chiede loro di adeguarsi ad uno standard fisso e uguale per tutti, quindi chi già oggi si trova in una situazione più vicina a questo standard avrà sicuramente meno strada da percorrere. In altri termini in questo modo i sacrifici vengono ripartiti tenendo conto del lavoro di razionalizzazione già fatto. Per fare un esempio concreto, attualmente in Lombardia il livello di spesa per la farmaceutica territoriale è dell'11,7%, dunque la sua riduzione all'11,5%, a partire dal 2013, inciderà poco. Al contrario, se in un'altra regione oggi si fosse, poniamo, al 14%, vi sarà sicuramente più lavoro da fare.

POSTI PERSI - Detto questo, e pur tenendo conto che l'alternativa sarebbe stata un aumento dell'IVA, che con gli attuali livelli di pressione fiscale bisogna assolutamente evitare e che per di più andrebbe a pesare in misura proporzionalmente maggiore sui redditi più bassi, molte zone d'ombra permangono, a cominciare dal numero di posti letto che dovranno essere tagliati per adeguarsi al nuovo standard del 3,7 per mille. Ciò comporterà, a livello nazionale, perderne 18-20 mila, di cui 6-7 mila negli ospedali pubblici. In Lombardia i numeri stimati sono di 4 mila posti complessivi di cui, come detto sopra, almeno il 40% dovrà riguardare la sanità pubblica. Benché meno posti letto non significhi automaticamente peggioramento del servizio, forti dubbi e preoccupazioni sono inevitabili, soprattutto se si pensa ai riflessi occupazionali di un'operazione di questo  tipo.

Analoghi timori riguardano il taglio lineare negli acquisti di beni e servizi. Quel 5% in meno andrà ad impattare, nel concreto, sull'acquisto di generi come le siringhe, o su servizi come la lavanderia o la mensa. Il rischio di ricadute negative sulla qualità delle prestazioni è molto forte.

A questo proposito, fortunatamente il decreto prevede, fatta salva l'invarianza de saldi, la possibilità di una rimodulazione degli interventi da concordarsi fra Stato e Regioni entro il 31 luglio. Il nostro auspicio è che questa possibilità non vada sprecata.

13/07/2012
Giovanni Provasi - Ust Cisl Milano
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