PER FARE CHIAREZZA
Gli stipendi dei sindacalisti e quelli delle "Iene"

La recente trasmissione de ”Le Iene” ha cercato di rinfocolare una questione di mesi fa, attorno alle retribuzioni del gruppo dirigente sindacale, con il tentativo esplicito di creare un solco tra gli associati e lo stesso gruppo dirigente della Cisl e conseguentemente di delegittimarlo.

Più che un servizio di informazione è sembrato uno di disinformazione e, se vogliamo, di satira; un volgare e brutto accanimento informativo contro i dirigenti, le persone e l’associazione stessa. Diciamo che tale veemenza e siffatta

Supponenza nel relazionarsi con il mondo sindacale si ricordano raramente nella storia della rappresentanza dei lavoratori. E tutto su un argomento non di politica del lavoro, sulla  contrattazione, sul la previdenza o sul sociale  ma sulle retribuzioni dei dirigenti. Come se un’associazione non rendesse conto delle proprie attività ai propri organismi associativi, ma dovesse farlo ai giornalisti e ai di-rettori dei “format” televisivi. Verrebbe invece da chiedere, discutendo di retribuzioni di soggetti privati, di poterle confrontare con quelle di quei

giornalisti per verificarne le relative congruità in base al lavoro svolto e alle responsabilità che ne derivano.

Ne abbiamo discusso per mesi

Una questione questa che, oltretutto, nei mesi scorsi la Cisl ha discusso apertamente e diffusamente con gli associati nelle assemblee organizzative, assumendo decisioni in materia. E chi fa un servizio su questo argomento dovrebbe esserne informato. Altrimenti fa disinformazione e assume posizioni chiaramente schierate e diparte, e perciò ostili. Fortunatamente, o consapevolmente, il resto del  mondo dell’informazione non ha dato nei giorni successivi spazio a tale servizio televisivo e a tali argomentazioni. Per cui, se uno degli obiettivi dei responsabili del servizio televisivo era quello di attirare sulla vicenda l’attenzione generale dei media, tale obiettivo non è stato centrato. Sarebbe pertanto singolare se offrissimo disponibilità alla redazione de ”Le Iene” per fare ulteriore notizia. Saremmo noi stessi, altrimenti, ad alimentare i loro servizi.

Imparare la lezione

Tuttobene allora? Direi di no. Da questa vicenda dovremo maturare, a mio modo di vedere, a tutti i livelli diffusamente e rapidamente nuove consapevolezze.

La prima: dovremo mettere in conto che avremo a che fare per lungo tempo con una informazione con queste caratteristiche. Stiamo vivendo la realtà che già si evince dai nostri documenti: l’affermazione di una politica basata sul rapporto diretto con i cittadini, la disintermediazione dei corpi intermedi, la riduzione dei partiti a collegi elettorali. In tale scenario dobbiamo tutti insieme rafforzare e proteggere la nostra identità associativa, perché non viviamo di finanzia-menti pubblici, non siamo un ente di diritto pubblico e non possiamo al nostro interno trasferire meccanicamente le dinamiche politiche. Per cui dobbiamo far vincere la consapevolezza di un’identità associativa partecipata, in grado di coinvolgere sempre più gli associati, di determinarsi con regole interne stringenti e vincolanti, per non inseguire e cedere a culture che mettono tutto nel mucchio in nome di un nuovo populismo.

La seconda è il modo di vivere internamente tali servizi televisivi. È fisiologico che si commenti ma è sbagliato dare spazio a questo tipo di informazioni, soprattutto dopo che internamente se ne è discusso per mesi. Se ancora delle strutture od associati avessero bisogno di ulteriori approfondimenti o chiarimenti penso che non vi siano problemi a discuterne all’interno e non attraverso le “Iene”. Detto questo, bisognerebbe tutti insieme dire ’basta spendere tempo ed energie su questo argomento e de dicarci al nostro lavoro ,quello di tutti i giorni.

Chi ha idee nuove si faccia avanti

Poi, ci può essere chi all’interno ha idee, proposte di nuovi modelli organizzativi più consoni, nella sua opinione, alla modernità che stiamo vivendo. Ci può essere chi pensa a strutture più leggere rispetto al sindacalista a tempo  pieno, magari con retribuzioni parificate a tutti i li-velli con quelle di chi lavora in azienda. Ci può essere chi intende proporsi come alternativa al suo gruppo dirigente di riferimento. Bene. Penso che la nostra vita associativa abbia sempre permesso a chiunque d  cimentarsi e di misurarsi democraticamente. Ma tutto questo non ha nulla a che fare con la pratica delle denunce a mezzo stampa, delle lettere anonime, delle indignazioni o degli annunci “che bisogna cambiare”, senza mai dire come. Queste pratiche avvelenano l’acqua della nostra vita associativa.

Da qui deve crescere in tutti la consapevolezza che se sostituiamo la dialettica sindacale interna con queste pratiche avremo un futuro insicuro e breve. Difficilmente da ciò si traggono benefici personali duraturi, mentre sicuramente si mina la coesione, la fiducia tra le persone e viene meno il senso di appartenenza alla associazione. Per questo dobbiamo avere consapevolezza del periodo che viviamo e riappropriarci della nostra identità e della necessità di rappresentare le istanze con un confronto interno aperto e costruttivo. Viceversa vinceranno le “Iene” di turno e salteranno le basi che tengono insieme un’associazione sindacale.

Questo il testo dell’articolo a firma Danilo Galvagni pubblicato io 15 marzo scorso sulla prima pagina di Conquiste del lavoro’, il quotidiano online della Cisl nazionale.

18/03/2016
Danilo Galvagni - segretario generale Cisl Milano Metropoli
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