Drammatici i dati del primo semestre 2014: 644 imprese e 10 mila lavoratori coinvolti. Giuseppe Mansolillo (Fim-Cisl): "Non possiamo stare a guardare in attesa che arrivi la ripresa. Oltre a tenere le posizioni bisogna, anche a livello locali, dobbiamo creare le condizioni per poter ripartire. I patti territoriali con le istituzioni sono un primo passo"
“ 644 aziende, per un totale di 241mila addetti, di tutti i settori del comparto metalmeccanico, che hanno fatto ricorso alla cassa integrazione o ai licenziamenti. 10 mila i lavoratori coinvolti: 1200 licenziamenti e cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Non è finita, a questi numeri vanno aggiunti i contratti in deroga per 500 dipendenti dell’artigianato e delle piccole e medie aziende, quelle che non hanno nemmeno il paracadute degli ammortizzatori”. Giuseppe Mansolillo, segretario generale della Fim-Cisl di Milano, guarda la tabella dei dati relativi al primo trimestre del 2014. “Questa è la situazione, oggi, di Milano e provincia. Una situazione drammatica che si aggiunge ad anni e anni di difficoltà che hanno desertificato l’industria metalmeccanica locale. La crisi c’è ancora. Morde e fa male”.
Che fare allora? La cassa integrazione non può durare in eterno “E’ vero – prosegue Mansolillo- ma meno male che c’è altrimenti non sapremmo cosa fare. Noi dobbiamo pensare anche alla ‘pancia’ e alle necessità quotidiane dei lavoratori e delle loro famiglie. In altre parole la cassa ci serve a prendere tempo e contemporaneamente lavorare per trovare la soluzione ai casi specifici e contribuire, in generale, alla ripresa economica del nostro territorio. Lo so benissimo che non dipende solo da noi. Che il Governo, la Regione e tutte le altre istituzioni devono fare la loro parte, che senza una svolta a livello globale l’economia non riparte e non c’è nuova occupazione. Ma noi abbiamo il dovere, anche morale, di tenere le posizioni e fare in modo che una volta che ci sarà la ripresa, le aziende e i territori siano pronti a sfruttare le nuove opportunità”.
Il segretario dei meccanici Cisl, li chiama ‘patti territoriali’ “accordi tra sindacati-aziende e enti locali per la difesa e lo sviluppo dell’attività produttiva e dell’occupazione. Alla Form di Cormano, è vero che siamo passati da 500 a 160 dipendenti, ma siamo ancora lì. Abbiamo condiviso con il Comune per il mantenimento del sito produttivo: l’azienda non è totalmente convinta ma ha aderito all’iniziativa. A NOVA è in corso un’operazione simile con l’amministrazione comunale che ha modificato, da agricolo a industriale, la destinazione d’uso di un terreno. Piccoli passi e grandi segnali di speranza per i lavoratori e le comunità locali (se non c’è lavoro è difficile che riprendano anche i consumi) . Quello di cui mi rammarico un po’ è l’atteggiamento degli imprenditori che potrebbe essere più positivo. Abbiamo finora parlato dei numeri impressionanti della cassa integrazione. I contratti di solidarietà sono lo strumento per andare oltre le difficoltà del presente e guardare al futuro. Ebbene, nel milanese, nel nostro settore, ne sono stati attivati solo 10 per un totale di 320 lavoratori. Così non va proprio. Non basta lamentarsi e se ognuno non fa la sua parte è difficile uscire dal tunnel della crisi”.