Danilo Galvagni (Cisl) interviene nel dibattito sulla spesa sociale della Giunta Pisapia. " Ci vuole una valutazione attenta dell'utilizzo e dell'utilità dei servizi e indirizzare le risorse alle vere mergenze sociali".
Welfare non è la parolina magica che può qualsiasi spesa . E non è nemmeno detto che non si debba scegliere: capire quali sono le priorità del momento e lì indirizzare gli sforzi maggiori. Ha fatto scandalo l’uscita dell’assessore (al Commercio) Francesco D’Alfonso che nei giorni scorsi ha posto il problema di come il Comune di Milano spende i 300 milioni di euro previsti in bilancio per i servizi sociali. Non solo il suo collega di giunta Pierfrancesco Majorino titolare delle politiche sociali che gestisce direttamente quei fondi, si è inalberato. E’ subito sceso in campo anche il segretario del Pd Milanese Pietro Bussolati che in pratica ha intimato a D’Alfonso di stare al suo posto e occuparsi di ciò che gli compete. In ogni caso , come si dice, il ‘dato è tratto’, il problema è reale e nella discussione per il prossimo bilancio non si può far finta di niente.
Danilo Galvagni, segretario di Cisl Milano metropoli, è intervenuto nel dibattito con una lunga dichiarazione a Il Giornale del 14 scorso, partendo dal presupposto che non esistono tabù , nemmeno per i fondi destinati al sociale e che, in quanto tali, non sono intoccabili. Questo non significa ridurli ma spenderli meglio. “Rivedere i criteri e le scelte della spesa sociale, non vuol dire tagliare ad anziani e bisognosi, al contrario. Se i test – argomenta Galvagni- rilevano che un servizio è poco utilizzato meglio dirottare la spesa sulle emergenze vere. L’anno scorso avevamo chiesto alla Giunta d entrare nel merito dei singoli capitoli di spesa, vagliare il Bilancio voce su voce, ma non se ne è fatto niente. D’Alfonso ha posto un problema reale: non basta l’etichetta welfare per giustificare ogni tipo di spesa”.
“Ad esempio – prosegue il segretario della Cisl milanese- vorremmo sapere dal Comune a quali risultati ha portato l’assegnazione a enti e cooperative dei fondi europei per l’integrazione. L’impressione è che i costi di gestione sia superiori a quello che viene effettivamente erogato a chi ha bisogno. Per il bilancio 2013 il coinvolgimento dei sindacati è stato più di facciata che di sostanza. Ora si apre la partita 2014 e speriamo che qualcosa cambi”: