VERSO EXPO
Tra scettici, il lavoro che ancora non c'è e i cantieri che avanzano

C'è anche qualcuno che canta fuori dal coro. E' il caso di Luca Beltrami Gadola che è decisamente pessimista sull'esito dell'evento e avverte il sindaco Pisapia. Intanto la costruzione delle opere, in qualche modo, procede mentre sul versante lavoro si va ancora vanti in ordine sparso. 

A Milano, almeno fra gli addetti ai lavori,  tiene banco  il dibattito Expo 2015. Manca più di un anno all'Esposizione universale  e si sprecano le occasioni per decantare i pregi e le aspettative nei confronti dell'evento. Tutti puntano  su Expo: per la costruzione dei padiglioni e delle infrastrutture, per l'afflusso dei turisti-visitatori, per le opportunità di lavoro durante l'esposizione  e, magari, anche dopo, soprattutto per la ripresa dell'economia locale e nazionale. In gioco c'è l'immagine dell'Italia nel mondo e sopratutto di  Milano che è tutt'uno con la manifestazione. Che non si chiama Expo Italia e nemmeno Expo Lombardia ma Expo Milano. Ed è proprio uno dei principali sponsor dell'attuale sindaco di Milano Giuliano Pisapia ad esprimere dubbi sull'opportunità e su rischi d'insuccesso di Expo 2015. Luca Beltrami Gadola nell'intervista a Mauro Cereda  (pubblicata sul prossimo numero di Job, da settimana prossima in distribuzione e in versione pdf gà disponibile su questo sito)  che proponiamo di seguito,  sostiene che Pisapia avrebbe fatto volentiari a meno di Expo  e, in ogni caso, se questo farà flop, le colpe maggiori ricadranno su Milano. Expo comunque va avanti: grazie al contributo di Francesco Bianchi , segretario della Filca (edili) della Cisl di Milano, job ha fatto il punto sullo sato di vanzamento delle opere, le imprese e i lavoratori attualmente occupati, la sicurezza dei cantieri. Sempre nella stessa pagina Renato Zambelli , della segreteria di Cisl Milano metropoli, fa il punto su una delle aspettative principali di Expo: l'occupazione. Ancora non c'è un tavolo di regia unico delle iniziative  e si va avanti in ordine sparso. Di tempo invertire la rotta non ne rimane molto.

“Questa Expo non s’ha da fare”: anzi non “s’aveva”, perché ormai è troppo tardi per tornare indietro. È questo, in sostanza, il pensiero di Luca Beltrami Gadola, imprenditore, docente, giornalista (è direttore della rivista on-line arcipelagomilano.org, collabora con Repubblica), sostenitore nella corsa a sindaco di Giuliano Pisapia. Uno dei suoi ultimi articoli si intitola “Il lascito di Expo: una sconfitta milanese”.

Cominciamo da qui: perché parla di sconfitta?

Perché alla fine Expo potrebbe trasformarsi in un boomerang. Le opere sono in ritardo; il tema “Nutrire il pianeta” non verrà rispettato fino in fondo; non c’è chiarezza sul futuro delle aree che ospiteranno l’evento, questo sarà un problema enorme da gestire: l’unica cosa che si sa è che ci sono aspettative immobiliari notevolissime. E aggiungo, non c’è chiarezza nemmeno sul futuro dei lavoratori che verranno impiegati. Come e dove saranno ricollocati? Temo che quella che dovrebbe essere la vetrina di Milano sul mondo non sarà così scintillante.

Non c’è troppa attesa per questo evento?

C’è molta attesa tra chi lo sta organizzando. Tra gli addetti ai lavori. È diventato uno specie di tormentone. Qualcuno pensa che sarà la panacea di tutti i mali, ma si illude. C’è invece poca attesa nel sentire collettivo. È questo è colpa anche della pessima informazione e dello scarso coinvolgimento della cittadinanza. L’uomo della strada si immagina che sarà una via di mezzo tra una fiera campionaria e Gardaland. Tolti gli informati, quelli che sono attenti ai problemi dello sviluppo sostenibile, il resto della gente non capisce. Anche il tema: “Nutrire il pianeta, energia per la vita” è difficile da comprendere. Ricorda uno slogan da meeting di Cl, troppo ermetico.

Perché è così sfiduciato?

Perché quelli che hanno i capelli bianchi come me sanno come vanno certe cose in Italia. Questi progetti che richiedono un grosso investimento economico e in termini di occupazione, finito l’evento lasciano un buco, un vuoto. Il problema è l’eredità, si è studiato poco sull’eredità. E questo può avere contraccolpi serissimi, perché non c’è niente di peggio delle attese frustrate. È come quando finisce una festa. È andato tutto bene, si è assonnati, ma poi c’è il risveglio alla mattina… Sento dire che ci saranno diverse migliaia di nuovi posti di lavoro: ma di cosa si sta parlando? Come vengono fatti questi conti? Si faranno tanti contratti a termine, ma non so quanti ne verranno rinnovati. È tutto un insieme fragile e delicato e non sono stati fatti modelli di simulazione credibili sulle conseguenze.

Cioè?

Le cito solo un esempio, molto concreto. Se, come si dice, arriveranno 300mila visitatori al giorno, le fognature di Milano non reggeranno l’impatto. Sarà il caos. Per non parlare della mobilità. La città è bloccata oggi dal traffico, figuriamoci durante l’Expo… Se l’afflusso di pubblico sarà quello atteso, ci saranno momenti di collasso. Il paradosso è che se verranno tante persone andrà in tilt la città, se ne verranno poche andrà in tilt l’evento. Comunque la si veda, sarà un problema.

Cosa dice dei lavori?

Il nostro Paese è sempre un po’ pressapochista in queste cose. Il sospetto che ci saranno ritardi è forte. Vorrei essere smentito, ma temo di avere ragione. Il progetto originario è stato un po’ tradito e adesso si sta correndo, anzi rincorrendo.

Lei dice: non ci sono i soldi per fare tutto. Rischiamo un effetto Italia ’90, con opere non finite?

Il rischio c’è di sicuro. E terminata l’Expo, quando ci sarà da smontare i padiglioni, ci domanderemo se i soldi serviti per costruirli sono stati spesi bene. Questi baracconi, fatti per durare 6 mesi in un momento in cui il mondo annaspa, sono un po’ uno schiaffo alla miseria. Sono strutture in gran parte destinate alle discariche.

Qualcuno teme gli interessi della  criminalità.

Guardi il rischio di infiltrazioni c’è ovunque. Dove ci sono soldi, il malaffare arriva. E a Milano siamo messi male. Il malaffare è più potente di chi dovrebbe contrastarlo. Non siamo più al capobastone, questa è gente che arruola intelligenze a suon di quattrini,  che si infiltra dappertutto nella burocrazia. Bisogna stare attenti.

Lei ha dubbi anche sul tema scelto.

Il tema è l’alimentazione sostenibile, un concetto che comporta un radicale cambiamento dei nostri consumi e delle nostre abitudini alimentari.  Ma di questo si parla poco. Ad esempio come ci si pone di fronte agli Stati Uniti che investono molto sugli  Ogm?  O alla Cina che sta facendo culture  intensive in Africa? O alla stessa Svizzera che con le sue imprese alimentari e farmaceutiche non attua certo politiche rispettose delle necessità locali, ma solo dei propri interessi commerciali? Il rischio è di spostare l’attenzione dall’alimentazione sostenibile alla gastronomia…

Lei conosce molto bene il sindaco. Expo è un’eredità della precedente amministrazione comunale. A suo giudizio Pisapia ne avrebbe fatto a meno?

Pisapia non può certo dire che avrebbe preferito se l’evento se lo fosse aggiudicato Smirne, invece di Milano. Non voglio presumere di entrare nella testa di nessuno, ma si è trovato in una situazione difficilissima. Se fossi al suo posto direi: maledizione, guarda che grana mi è capitata, con tutti i problemi che abbiamo…

Ma è proprio così pessimista sulla riuscita dell’evento?

Si, sono molto pessimista.

20/02/2014
di Mauro Cereda
Twitter Facebook