GOVERNO
Le novita' (non tutte positive) del 'fare'

In queste pagine analizziamo cosa cambia in materia di immigrazione (Maurizio Bove) e salute e sicurezza (Roberta Vaia Cisl Milano Metropoli e Cinzia Frascheri Cisl nazionale) con il decreto legge  "Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione"  del 28 giugno scorso. 

IMMIGRAZIONE - dopo essere stato approvato il 26 giugno dal Consiglio dei Ministri, venerdì scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge 76/2013, “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione”, nel quale si prevedono alcune importanti novità anche in materia di immigrazione , che riassumiamo di seguito:

- per quanto riguarda i prossimi decreti flussi , d'ora in poi le famiglie o le imprese che intenderanno presentare la richiesta nominativa per far venire in Italia un lavoratore o una lavoratrice straniera dovranno prima dimostrare al Centro per l'Impiego di aver cercato manodopera tra i disoccupati italiani o immigrati regolarmente soggiornanti nel nostro Paese.

- quanto all' emersione dal lavoro irregolare del 2012, avranno diritto ad un permesso di soggiorno per attesa occupazione tutti quei lavoratori che rischiavano di rimanere esclusi a causa dei datori di lavoro che si sono rivelati privi dei requisiti (ad esempio relativamente al reddito) o che hanno rinunciato a perfezionare la domanda prima della convocazione in Prefettura. Se la domanda è stata infatti respinta “per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro”, ma sono stati pagati i mille euro di contributo forfettario e sono stati rispettati gli adempimenti fiscali e contributivi, al lavoratore sarà rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione della durata di un anno, purchè ovviamente possa provare la sua presenza in Italia al 31 dicembre 2011. Il decreto interviene anche nei casi in cui il rapporto di lavoro finisce, con un licenziamento o con le dimissioni, prima che sia completata la procedura di regolarizzazione. Sempre purchè ci sia la prova di presenza in Italia dal 2011, il lavoratore potrà avere un permesso di soggiorno per attesa occupazione o, se c’è la richiesta di assunzione da parte di un nuovo datore, direttamente un permesso per lavoro. Il datore che aveva presentato la domanda di regolarizzazione sarà comunque tenuto a pagare tasse e contributi fino alla data di cessazione del rapporto.

- quanto alla programmazione degli ingressi per chi viene in Italia per frequentare corsi di formazione professionale o per svolgere tirocini, il tetto massimo verrà fissato ogni tre anni, entro la fine di giugno, con un decreto del ministero del Lavoro, d’accordo con Viminale e Farnesina. Finchè non uscirà per la prima volta il decreto, i consolati potranno comunque rilasciare visti d’ingresso a chi ha i requisiti, senza limiti numerici.

- nuove risorse, infine, per il “Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati” , perché il decreto del governo vi fa confluire i soldi non utilizzati che erano stati destinati all’emergenza Nord Africa.

(a cura di Maurizio Bove - responsabile Dipartimento immigrazione Cisl Milano Metropoli)

SALUTE E SICUREZZA - Con l’emanazione del Decreto legge n.69, il 21 giugno u.s., è iniziato il conto alla rovescia del tempo previsto di vigenza di tale atto normativo che, vista la sua natura di intervento utilizzato nei casi di necessità ed urgenza (come disposto dal livello costituzionale, art.77), è definita in un massimo di sessanta giorni. Convertendo, o meno, le disposizioni previste nel decreto, passandole a definitive mediante approvazione di un preciso atto legislativo, il parlamento si troverà, in data 21 agosto, a dimostrare sui diversi temi trattati nel decreto qual è concretamente la posizione che intende perseguire e, di conseguenza, quali sono le scelte delle maggioranza su alcuni aspetti di grande rilievo, tra cui quelli relativi alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Motivati gli interventi di modifica legislativa, nell’introduzione del decreto, con ragioni di alto valore, quali «la crescita economica» e «le semplificazioni del quadro amministrativo e normativo», e finalizzato il tutto a «dare impulso al sistema produttivo del Paese attraverso il sostegno alle imprese, il rilancio delle infrastrutture, operando anche un riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese», tali obiettivi, a parere di chi scrive, non sembrano essere stati puntualmente perseguiti nella redazione delle disposizioni di modifica  introdotte nel decreto in tema di prevenzione.

Seppur concentrate tutte le modifiche previste, in due soli articoli (il 32 e il 35), a colpire prioritariamente con maggior evidenza sono alcuni dei temi trattati, visto che si riferiscono ad aspetti di maggior rilevanza e di più ricorrente esposizione a rischio e incidenza infortunistica, sia per il contesto lavorativo di riferimento (vedi i cantieri, gli appalti, la valutazione dei rischi nelle piccole imprese), sia per le pratiche operative (vedi le notifiche e le comunicazioni in caso di infortunio), così come anche le tipologie contrattuali (nello specifico i lavoratori con contratti di breve durata, fino cioè a cinquanta giornate).

Puntando ad esprimere un giudizio complessivo, immediata non potrebbe che essere la considerazione rivolta al dover, ancora una volta, registrare (purtroppo) l’utilizzo della pratica che punta a mascherare, dietro apparenti interventi di semplificazione burocratica, precisi interventi di alleggerimento delle tutele in materia di prevenzione. Schematizzando, però, su tre punti, riferiti agli aspetti su richiamati, le ragioni di una ferma non condivisione degli interventi di modifica, è importante precisare che :

-      visto il lungo processo di consolidamento che gli adempimenti in materia di prevenzione richiedono, prima che si possa considerarli complessivamente entrati a far parte delle azioni strutturali dell’impresa (in particolare quelle di micro e piccola dimensione), il prevedere repentini cambiamenti tra gli adempimenti e, in particolare, tra gli obblighi procedurali, è di per sé una scelta che dimostra realisticamente una evidente scarsa conoscenza concreta del tessuto produttivo e lavorativo italiano;

-      intendendo introdurre modifiche volte all’insegna delle semplificazioni, più apprezzabile sarebbe stato il veder dimostrato, nei fatti, il coraggio da parte del legislatore nell’eliminare in modo radicale alcuni adempimenti previsti dalla normativa esistente, anziché assistere ad interventi di evidente complicazione dell’applicazione delle disposizioni, introducendo contorti meccanismi di deroga, rimando a successiva decretazione, determinando vaghezza definitoria. Non si può, difatti, pretendere che i piccoli imprenditori divengano fini giuristi (o spendano per dotarsi di svariati consulenti), al mero scopo di poter capire il modo nel quale adempiere agli obblighi legislativi posti a carico delle proprie imprese;

-      se si vuole dare «impulso al sistema produttivo del Paese», come perseguito dagli obiettivi del decreto “del fare”, pensare di intervenire senza avviare un confronto di merito con le Parti sociali - primi attori diretti sui temi della prevenzione - ancor più quando le semplificazioni mirano a ridurre forme di primario rilievo come la tutela sanitaria e la formazione, non può che far sorgere immediata la considerazione che in tanti altri campi sarebbe opportuno intervenire, non andando invece ad esporre la popolazione (a partire da quella lavorativa) ad una esponenziale condizione di rischio e debolezza, oggi ancor più insostenibili ed accettabili.

(a  cura di Cinzia Frascheri - Responsabile salute e sicurezza Cisl nazionale)

Allegati:

- il testo del decreto

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- Le note alla lettura di Roberta Vaia - Dipartimento Salute e sicurezza Cisl Milano metropoli

02/07/2013
redazione
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