ESCE THE RISE OF THE UGEBRIAN TIME LORDS
Sananda Maitreya: la musica per ritrovare un sistema che funzioni

L’ex superstar che rispondeva al nome di Terence Trent D’Arby si è trasferito a Milano e ha un nuovo progetto musicale che ha battezzato Post Millennium Rock.

Si è inventato un genere, il Post Millennium Rock, si è ridato un nome, Sananda Maitreya e si è fondamentalmente rifatto una vita. Chi si ricorda dell’acclamato Terence Trend D’Arby in Italia, si ricorda sicuramente quel pop black soul che sul finire degli anni 80 mostrò uno spessore che nelle canzoni da radio si era perso. Una valanga di successi che, inevitabilmente, hanno finito per travolgere l’artista newyorkese. “Avevo bisogno di obbedire alla mia vita più che alla fama”, dice oggi, presentando il suo doppio cd “The Rise of the Zugerbrian Time Lords”, una visionaria opera di commistione tra musica e teatro che lo vede impegnato a raccontare l’universo come lo vede lui oggi. Padre di due figli, trapiantato a Milano per volontà (“e per suggerimento di Miles Davis”), oggi dice che la vera tragedia dell’umanità è il controllo delle coscienze: “Queste canzoni che ho scritto sono il frutto della mia presa di coscienza che bisogna unirsi in una intelligenza collettiva e sovvertire il sistema a cui siamo abituati a obbedire. Non va bene il mondo così com’è e solo se si sogna di cambiarlo si possono combattere questi Lord del tempo di cui parlo, che sono le forze che ostacolano il cambiamento. C’è una volontà di non farci percepire il passato e questo ci danneggia. Se ci mettessimo assieme a capire cosa abbiamo fatto, sarebbe semplice costruire un futuro”. Un po’ macchinoso come concetto, ma Sananda rivendica la verità da artista: “L’artista deve far pensare e sognare, la realtà non può essere solo una, bisogna che si vada oltre l’ordine prestabilito delle cose”. Il risveglio delle coscienze può avvenire anche ascoltando questa musica? “Quello che dico viene dritto dal cuore e ci metto dentro tutta la conoscenza e gli studi che ho fatto negli anni, non solo musicali”.

Basta credergli, credere alla sua buona volontà e ci si inchina al piccolo genio che un tempo doveva diventare il nuovo Prince, ma che poi si è ribellato e si è fermato. “Quando stai lontano diventi un mito per molti – dice con leggerezza – ma nessuno ti insegna a fare i conti con quello che rappresenti. Io mi rendo conto che se si avvicinano delle persone con i vecchi miei dischi non sanno nemmeno che quella persona che ricordano non esiste più. Per fortuna oggi sono libero di fare la musica che voglio”.

Le costrizioni e le oppressioni sembrano essere una costante della narrazione di questo artista rinato proprio a casa nostra. Perché Milano? “Perché quando ho deciso di rinascere non potevo farlo in Inghilterra o America, dovevo dare un taglio col passato. E Milano sembrava famigliare abbastanza, ma anche molto strana da serbarmi delle sorprese”. Ora che ha famiglia da noi, parla italiano? “A casa tendiamo a usare la doppia lingua, mia moglie è italiana. È una situazione ideale per me perché non sono costretto a sentire o parlare troppo”.

E come la cultura italiana entra nel mondo di un autore che è stato alla ribalta internazionale per tanto tempo? Tra un omaggio a Giuseppe Verdi (che lui chiama "maestro" e che dimorò proprio nell'hotel che Sananda ha scelto per lanciare il disco) e la fondazione di un nuovo genere che gli si confà (il Post Millennium Rock, appunto, dove ci mette dentro dall'opera al funk), l'artista nell'ultimo disco ha inserito anche un titolo nella nostra lingua: Andiamo Tutti a Casa.  “La cultura italiana una volta che ce l’hai dentro fa fatica a uscire. Io devo creare, quindi ogni tanto devo allontanarmi da questo mondo reale che mi circonda e non dimenticarmi del mondo dei sogni. Non devo trascurarlo”.

07/10/2015
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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