INCONTRO CON L'ARTISTA
Mark Ronson, il divo che piace a tutti

Vip e grande pubblico lo inseguono da anni. Il suo Uptown Funk è il brano di maggior successo del momento.

Ha di recente avuto un numero uno in Inghilterra e in America con Uptown Funk , come riesce a poche star veramente globali. Quindi, anche se non avesse vinto il Brit Awards nella famigerata notte in cui Madonna è caduta dal palco il mese scorso, Mark Ronson è ufficialmente il divo dell'anno. La sua musica spensierata e ritmata, che con l'album Uptown Special ripesca nei miti black degli anni 80, piace davvero a tutti in maniera trasversale. Lo inseguono celebrities e cantanti in cerca di rilancio. A 39 anni è il produttore discografico più in voga e, di passaggio a Milano, ci ha spiegato così le ragioni del successo che sta ottenendo: «Ci ho messo per trovare la mia nicchia che funzionasse, l'ho trovata nel funk e nel soul, che sono generi che ho sempre ascoltato ma che ora mi hanno fatto capire cosa sono capace di fare».

Ronson è il perfetto esempio di come un background da autodidatta, con grande gusto e passione per quello che si fa, possa riuscire al meglio nelle sue specialità. Ha prodotto il mitico album di Amy Winehouse Back To Black (2006) ancora da sconosciuto e già con quello si è assicurato un posto nei libri di storia della musica. «Peccato non aver avuto la possibilità di continuare a lavorare assieme – dice oggi – ma in verità molti degli artisti con cui collaboro poi prendono strade diverse per la loro sete di migliorarsi. E io non mi offendo».

Anche lui ha proseguito avvicinandosi ad artisti di tanti generi diversi. Finché non ha letto Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay , romanzo del 2000, scritto da Michael Chabon che ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa nel 2001. E ha pensato bene di contattare l'autore per farsi aiutare a scrivere i testi. «Pensavo rispondesse alle mie richieste con una lettera tipo trama, invece mi ha mandato dei veri testi per canzoni, e quindi mi sono reso conto che il disco stava prendendo una piega più profonda».

Lui, che ha iniziato a fare l’artista suonando come dj alle feste più esclusive di New York («quando c’erano modelle e spacciatori allo stesso tavolo, e si poteva fumare nei locali»), oggi passa a un’idea di musica più impegnata rimanendo sempre ancorato alla dance. Oggi è un nome che brilla da solo, tanto da essere chiamato come special guest ai party post sfilata di Armani. Anche il legame con la moda (non solo italiana) è forte. GQ lo elegge di continuo "uomo meglio vestito del mese". «Non sono Pharrell Williams – dice sereno – perché non mi sento un frontman. Abbiamo in comune la possibilità di lavorare con grandi nomi e questo credo sia il mio mestiere principale. Finché ci sarà un’intesa sui gusti musicali, sarò entusiasta di poter mettere mano ai dischi degli altri».

12/03/2015
Christian D'Antonio - c.dantonio@jobedi.it
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