Esce il nuovo disco del rapper più cantautoriale d’Italia. Si chiama D’Io e ci parla di manifesti generazionali e contraddizioni urbane.
Quando ha deciso di intitolare una canzone del nuovo disco “Amo Milano”, Dargen D’Amico era sicuramente con un piede nella riconoscenza e un altro nell’ironia. E la canzone ne ha giovato visto che è il brano di punto del nuovo disco di inediti del cantante milanese, partito anni fa dal liceo Parini con un gruppo embrionale che sarebbe diventato i Club Dogo. “Milano è la città della contraddizione per eccellenza – ci ha spiegato presentando l’album – ed è anche il luogo dove i pregi sono difetti e viceversa. Tutti dicono: si produce troppo e tutti pensano che è un bene e un male. Non so come descriverla, ma finalmente ho partorito un testo che è un segno di ringraziamento per una città che ho sempre saputo mi potesse ispirare. Me ne sono andato in Islanda per un mese per trovare l’ispirazione per alcune cose del disco. Non ho combinato niente, quando son tornato qui in uno scantinato della Bovisa ho scritto tutto quello che mi mancava”.
Oggi D’Amico è considerato il rappresentante più eclettico della scena rap italiana, che si può permettere anche di iniziare un disco con La Mia Generazione, “un corso e ricorso, visto che non mi sento manifesto di quelli che hanno vissuto come me. Non si può fare nulla di nuovo rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto, anche Andreotti o il Papa avranno avuto gli stessi pensieri in una parte della loro vita”.
Pezzo di punta per lo stesso artista è un paradossale e controverso passaggio del disco che si chiama Modigliani: “Ho riflettutto su cosa la morte fa agli artisti, ed è un peccato che non se ne possano giovare in vita. Modigliani non era bravo a disegnare ma vedete cosa è successo dopo la sua scomparsa. Anche a me è capitato di mettere dei dischi di Mango in alcune serate dance ed erano visti come trash. L’ho rifatto qualche tempo fa e l’ascolto è stato vissuto quasi come un momento religioso”.