Uno dei registi, Gabriele del Grande, racconta come, quasi per caso, è nata l'idea del documentario che racconta la storia di un giovane profugo palestinese che, sbarcato a Lampedusa, vuole raggiungere Stoccolma.
La settimana prima di Natale è stato presentato alla Cisl di via Tadino a Milano il documentario ‘Io sto con la sposa’ un viaggio fra paesi e culture, accompagnando i protagonisti a conquistare il diritto di viaggiare, confine dopo confine fino ad arrivare in Svezia, lì dove la libertà di cambiare paese, diventa diritto a restare.
Presentato al festival di Venezia e già visto da 75 mila spettatori, ‘Io sto con la sposa’ è una storia realmente accaduta che si srotola su tremila chilometri nell’arco di quattro giorni, ma racconta molto di più, racconta di vite intere, di solidarietà, di frontiere, di leggi e coscienza, racconta dell’Europa e di quello che c’è dall’altra parte, oltre il Mediterraneo.
Il giornalista Gabriele del Grande - uno dei registi del documentario – in occasione della proiezione a cui ha preso parte, ha raccontato come tutto sia nato in maniera fortuita il 20 ottobre 2013 quando insieme ai due amici poeti Khaled Soliman al Nassiry e Tareq al Jabr viene avvicinato in un bar della Stazione Garibaldi di Milano da Abdallah Sallam, un ragazzo palestinese in cerca di un treno per Stoccolma. I tre scoprono che il giovane è uno dei sopravvissuti al naufragio di Lampedusa dell’11 ottobre e decidono di aiutarlo, portando di contrabbando lui e altri quattro palestinesi siriani fino in Svezia. Per evitare di essere fermati e arrestati mettono in scena un finto matrimonio grazie all’aiuto di un’amica attivista palestinese che si traveste da sposa e altri dieci amici italiani e siriani nel ruolo degli invitati. Il documentario racconta il viaggio da Milano a Stoccolma tra il 14 e il 18 novembre 2013.
“Io sto con la sposa è tante cose insieme, è un film, un’azione politica, disobbedienza civile, azione collettiva di finanziamento e distribuzione dal basso di un’opera cinematografica” così del Grande ha definito la pellicola.
Il successo di pubblico infatti è arrivato ancora prima della presentazione di ‘Io sto con la sposa’ al Festival di Venezia, resa possibile grazie al più grande crowdfunding finora avvenuto in Italia che ha visto la partecipazione di 2.617 donatori raggiungendo un totale di 100 mila euro.
L’empatia con la storia è immediata, in parte in virtù dell’autenticità rispettata dal messaggio, dal linguaggio e dalla modalità delle riprese.
Girata in presa diretta infatti, non ha dialoghi, personaggi o situazioni costruite, è una storia che parla da sola, attraverso le emozioni dei personaggi, lasciate libere di arrivare naturali e grezze ai cuori e alle coscienze degli spettatori. La fedeltà all’esperienza diretta è stata preservata anche attraverso la scelta di mantenere la lingua originale araba con sottotitoli.
“Quelle voci, quelle emozioni ci sembravano fondamentali per trasmettere il senso del film, anche perché questa è un’opera che vogliamo possa parlare non soltanto a tutta l’Italia, ma a tutta l’Europa e anche a tutto il Mediterraneo. La lingua originale ci permette di mantenere le emozioni originali”.
Raccontata con un linguaggio il più universale, umano e poetico possibile, ‘Io sto con la sposa’ è una storia di una umanità così profonda che crea una linea diretta con gli spettatori. Nata dall’urgenza di agire e reagire di fronte alla situazione dei rifugiati, continua a reiterare al pubblico il suo interrogativo, come esplicitato da del Grande durante la proiezione: “pur essendo un gesto nobile e umano quello di aiutare persone che cercano di mettersi in salvo scappando dalla guerra, per le nostre leggi è un reato e su questa storia si costruisce la campagna di disobbedienza civile che abbiamo fatto e invitiamo tutti gli spettatori a interrogarsi su questo conflitto”.
Fortress Europe, il blog di del Grande che racconta e cataloga tutte le morti e i naufragi dei profughi nel Mediterraneo, riporta un quadro agghiacciante: dal 1988 sono morte 21.439 persone tentando di raggiungere l’Europa.
Morti come quelle raccontati nel documentario, morti per un sogno di libertà.
Ecco il forte messaggio di ‘Io sto con la sposa’: la libera circolazione. Se io sono libero, sei libero anche tu.